Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala (foto LaPresse)

Giuseppe Sala e il segreto istruttorio (che non c'è)

Annalisa Chirico

Il sindaco di Milano indagato dalla procura generale per “turbativa d’asta” in un appalto di Expo 2015. E ancora una volta sono i giornali a dare la notizia al diretto interessato

È civile il paese in cui il segreto istruttorio ha cessato di esistere? Come fosse un orpello inutile, sbarazziamocene pure, non si porta più. “La storia purtroppo si ripete – scrive su Facebook il sindaco di Milano Beppe Sala – Anche questa volta è un articolo di giornale a diffondere notizie di un provvedimento che mi riguarderebbe e che è ancora coperto dal segreto istruttorio. Non intendo commentare in alcun modo ogni possibile iniziativa della Procura generale. Provo solo una profonda amarezza”.

   

 

Il Corriere riporta un dettagliato resoconto di una nuova ipotesi di reato contestata al primo cittadino: turbativa d’asta in un appalto di Expo 2015 da quattro milioni di euro. Un’accusa che si aggiunge a quella di “falso materiale e ideologico” mossa all’ex commissario e amministratore delegato dell’esposizione universale nella fase due dell’inchiesta voluta dalla procura generale che ha avocato a sé il fascicolo dopo l’archiviazione, ritenuta troppo frettolosa, da parte della procura allora guidata da Edmondo Bruti Liberati. In entrambi i casi, sia per l’accusa di falso legata alla retrodatazione di tredici giorni del documento che nel maggio 2012 consentì di cambiare in corsa due dei commissari incompatibili della più importante gara di Expo senza dover rifare l’intera procedura, sia per la nuova accusa di aver turbato la regolarità della gara relativa alla famigerata “Piastra” dopo lo scorporo del segmento della fornitura del “verde”, in entrambi i casi Sala ha appreso dalla stampa notizie coperte dal segreto istruttorio.

 

Come da copione, il giornalista sa più e meglio della persona indagata, una duplice violazione che, da una parte, fa strame del diritto alla riservatezza e alla tutela della propria reputazione; dall’altra, intralcia oggettivamente le indagini della magistratura assegnando a una serie di soggetti, a partire dall’indagato, un vantaggio competitivo (Sala, in linea teorica, potrebbe adottare nelle prossime ore ‘contromisure’ atte a depistare le indagini, occultare possibili fonti di prova e allontanare da sé le accuse). È una barbarie intollerabile alla quale, al di là dei proclami, nessuno vuole davvero arginare. Chi scrive conosce personalmente il procuratore generale di Milano Roberto Alfonso, e ce ne fossero di magistrati come lui. Il dottor Alfonso è il tipico magistrato al quale financo il giornalista più insidioso non riesce a strappare mezza indiscrezione, considera l'inviolabilità del segreto un dogma irrinunciabile, e la sua specchiata carriera lo dimostra in modo inconfutabile. Perciò, poiché la fuoriuscita c’è stata ed è grave, ci aspettiamo che nel paese della obbligatorietà dell'azione penale qualcuno adesso apra un fascicolo per scovare i responsabili di questa intollerabile e plateale violazione di legge. Siamo degli illusi? Forse sì.

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