Foto LaPresse

Garantismi della porta accanto

Contro la gogna mediatica: il rigore tedesco nella diffusione delle notizie sui casi giudiziari, il principio inglese del buon andamento della giustizia prevalente su quello della libertà di stampa

Intercettazioni e atti giudiziari sui giornali: come si comportano gli altri paesi? Pubblichiamo di seguito ampi stralci del saggio “La divulgazione degli atti giudiziari attraverso i mass media: aspetti di diritto comparato”, dossier del Servizio studi del Senato a cura dell’Ufficio ricerche sulla legislazione comparata e per le relazioni con il Cerdp (Centre européen de recherche et de documentation parlementaires).

 


 

In Germania

Nel 1999 in Germania la giurisprudenza costituzionale ha stilato un elenco di criteri per bilanciare la libertà di stampa con i diritti della persona. E l'associazione della stampa si è dotata sin dal 1973 di un codice etico. La segretezza degli atti processuali nel corso dell'inchiesta e dell'istruttoria in Francia

L’articolo 5 della Costituzione tedesca afferma il principio della libertà di stampa e di diffusione dell’informazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa e, al tempo stesso, ne prevede la limitazione attraverso leggi ordinarie a tutela dei giovani e dell’onorabilità delle persone. Invero, nell’ordinamento tedesco non c’è una legge federale sulla stampa di carattere generale; tuttavia le leggi in materia a livello dei singoli Laender risultano abbastanza simili tra loro.

A livello federale, il riferimento normativo saliente è il codice penale (StGB), il quale contiene una disposizione che si applica a chi divulga informazioni illegalmente acquisite e, dunque, è applicabile anche (e soprattutto) ai mass-media. Si tratta dell’articolo 353-d, che punisce con la reclusione fino a un anno o con una sanzione pecuniaria chiunque faccia una comunicazione in violazione dell’imposizione giudiziaria del segreto nonché chiunque riferisca testualmente parti essenziali o addirittura il testo integrale di un atto di accusa o di altri documenti di un procedimento penale, civile o disciplinare prima che essi siano giunti in udienza pubblica o prima che la procedura sia stata conclusa.

Sono invece consentite le sintesi giornalistiche. Il codice penale tedesco non contempla ipotesi di complicità tra chi pubblica illegalmente informazioni pre-dibattimentali e chi le passa agli organi di informazione (sempre che, come spesso avviene, si tratti di figure distinte e non di documenti trafugati direttamente dai mass-media). Tuttavia, l’articolo 353-b interviene sulle fughe di notizie in materie di rilevante pubblico interesse, stabilendo che chi, nella propria veste di pubblico ufficiale, o di incaricato nell’ambito di uno speciale pubblico servizio, o di appartenente a uno staff, abbia trasgredito dolosamente ai suoi obblighi di riservatezza, sia punibile con il carcere fino a cinque anni o con una sanzione pecuniaria.

Occorre tenere presente, in ogni caso, che nel sistema tedesco i rapporti tra la stampa e l’autorità giudiziaria sono regolati in modo tale che sia quest’ultima la principale fonte di notizie sui casi giudiziari, le quali vengono diramate seguendo procedure rigorose improntate al principio gerarchico. E’ formalmente incaricato dei rapporti con la stampa e di dare a essa informazioni il capo dell’ufficio del pubblico ministero, oppure un suo rappresentante designato. Ce n’è uno presso ciascun tribunale di Land. La competenza di colui che tiene i rapporti con la stampa per conto dell’ufficio giudiziario è esclusiva; i sostituti procuratori e i titolari delle indagini non sono autorizzati a fare altrettanto. […]

Quanto alla salvaguardia dei diritti dell’accusato, per il quale vale la presunzione di innocenza, nel 1999 la giurisprudenza costituzionale tedesca ha stilato un elenco di criteri per bilanciare la libertà di stampa con i diritti della persona. […]

L’associazione della stampa tedesca, dal canto suo, si è dotata sin dal 1973 di un codice etico, che è stato ripetutamente rinnovato nel corso del tempo. La sezione 13 di tale codice etico, in particolare, stabilisce che il principio della presunzione di innocenza degli accusati valga anche nell’informazione giornalistica. Nelle relative linee guida, si aggiunge che la stampa deve distinguere chiaramente tra sospetti e prove di colpevolezza, non deve mettere nessuno alla gogna, deve informare puntualmente e con il dovuto rilievo di eventuali sviluppi giudiziari favorevoli ai condannati in forma non definitiva e, nella fase pre-dibattimentale, non deve rivelare i nomi degli accusati né quelli delle vittime, a meno che non siano personaggi già famosi, né quelli di persone che, pur comparendo nelle vicende in oggetto, non sono coinvolte nei reati.

 

In Francia

Il codice di procedura penale (articolo 11) prevede la segretezza degli atti processuali nel corso dell’inchiesta e dell’istruttoria processuale. Chiunque sia coinvolto nella procedura è tenuto al segreto professionale, pena l’applicazione dell’articolo 226-13 del codice penale, che prevede la detenzione fino a un anno e la sanzione pecuniaria fino a 15.000 euro.

La legge 2000-516, relativa alla presunzione di innocenza, intervenendo sul citato articolo 11, ha previsto delle “finestre” di pubblicità: il procuratore della Repubblica può, d’ufficio o a richiesta del giudice istruttore o delle parti, diffondere comunicati alla stampa, rendendo pubblici elementi oggettivi che non comportino apprezzamenti sulla fondatezza delle accuse.

Questa medesima legge ha inserito nuove disposizioni nella legge 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa:

- la diffusione, su qualsiasi supporto, dell’immagine di una persona, identificabile o meno, coinvolta in un procedimento penale, ma non ancora oggetto di condanna, ripresa con le manette o in detenzione provvisoria, è punita con 15.000 euro di ammenda;

- è vietata la realizzazione, la pubblicazione e il commento di sondaggi di opinione, o di altre consultazioni sulla colpevolezza di una persona in un procedimento penale o civile.

Inoltre, la legge stabilisce la risarcibilità del danno prodotto dagli atti suscettibili di ledere la presunzione di innocenza. Le pene detentive in materia di diffamazione e di calunnia sono soppresse.

La legge del 1881 ha subito ulteriori modificazioni nel gennaio 2010: nella legge 2010-1, relativa alla protezione del segreto delle fonti dei giornalisti, viene in primo luogo affermata in modo solenne la segretezza delle fonti del giornalista, in precedenza protette solo in modo indiretto dall’articolo 109 del codice di procedura penale. Il principio di segretezza delle fonti ha le sue eccezioni: non può infatti essere arrecato pregiudizio a tale principio se non giustificato da un imperativo di interesse pubblico, e le misure limitative adottate debbono comunque essere proporzionate al fine perseguito. Comunque le eccezioni non costituiscono obbligo per il giornalista di rivelare le proprie fonti.

La legge del 2010 interviene inoltre sul codice di procedura penale, in particolare introducendo un comma all’articolo 100-5 in base al quale sono considerate nulle le trascrizioni di ogni tipo di corrispondenza con un giornalista che permetta di individuare la fonte delle informazioni.

 

Nel Regno Unito

La normativa britannica in materia di pubblicazione di atti di procedimenti giudiziari è regolata da diverse fonti ma, pur nella sua notevole complessità, appare guidata dal criterio per cui il principio del buon andamento della giustizia è prevalente su quello della libertà di stampa: dal momento in cui ha inizio un procedimento penale, i media sono infatti sottoposti ad alcune restrizioni, fino alla sua conclusione. Prima che qualcuno sia formalmente incriminato, invece, giornali, radio e televisioni sono liberi di dire ciò che vogliono su fatti e persone, in quanto essi non costituiscono oggetto di attività giudiziaria. Tuttavia, anche in questa fase, la divulgazione di informazioni suscettibili di influenzare un successivo procedimento giudiziario può essere sanzionata. La giurisprudenza in materia è tuttavia oscillante. Diverse norme puniscono penalmente la pubblicazione di elementi che possono consentire l’individuazione di un minore (Children and Young Persons Act 1993) o la vittima di violenza sessuale (The Sexual Offences Act of 1976 and 1992), ma la legge che disciplina la fattispecie più rilevante in questa materia è quella relativa al reato di oltraggio alla corte (Contempt of court Act 1981). In realtà, nella fattispecie dell’oltraggio alla corte rientra una casistica estremamente ampia e complessa.

Per quel che riguarda la divulgazione di atti dei procedimenti giudiziari in corso, occorre in primo luogo rifarsi all’art. 1 della legge: esso stabilisce un principio di “stretta responsabilità” (strict liability rule) in forza del quale può essere considerato oltraggio qualsiasi comportamento tendente a interferire con il corso della giustizia in taluni procedimenti, indipendentemente dalla volontà di chi pone in essere tale condotta. Costituisce, ad esempio, oltraggio la divulgazione di notizie tendenti a sostenere la colpevolezza dell’imputato, prima della conclusione del processo, o a far credere che l’imputato abbia già commesso in passato il reato per il quale è processato. Con l’art. 2 si stabilisce poi che qualsiasi pubblicazione o programma comunque diffuso, rivolto a un ampio pubblico, può dare luogo a oltraggio se determina un rischio sostanziale che il corso della giustizia, nell’ambito di un procedimento in essere, sia gravemente ostacolato o pregiudicato. Il medesimo articolo chiarisce che la norma si applica per la durata del processo penale, e, laddove l’oltraggio alla corte sia accertato, le pene contemplano la detenzione fino a due anni e ammende molto elevate. Tuttavia, occorre dire che raramente si è fatto ricorso a pene detentive per giornalisti, mentre il ricorso all’ammenda non è infrequente.

La legge contiene anche alcune attenuazioni: l’art. 3 dichiara non punibili l’editore e il distributore che, al momento della pubblicazione, avendo prestato la necessaria attenzione, non erano informati né avevano modo di ritenere che il procedimento fosse in corso; ai sensi dell’art. 4 non è punibile per oltraggio alla corte l’autore di un resoconto equo e accurato delle parti pubbliche del procedimento, salvo che il tribunale non abbia ordinato, al fine di garantire il regolare svolgimento del processo stesso, di posporre la pubblicazione di qualsiasi resoconto di esso; l’art. 5, inoltre, afferma che la divulgazione di notizie in buona fede su materie di interesse pubblico non può essere considerata oltraggio alla corte se il rischio di ostacolare o impedire il corso della giustizia risulta meramente incidentale rispetto al procedimento cui si riferisce. […]

All’applicazione della legge sulla libertà di informazione e della legge sulla protezione dei dati provvede l’Information Commissioner, un pubblico ufficiale che risponde del proprio operato direttamente al Parlamento. La legge prevede, tra l’altro, due ipotesi di esonero dall’obbligo di consentire l’accesso a informazioni detenute da uffici pubblici: la prima è l’esonero “relativo”, per la quale l’istituzione destinataria della richiesta è tenuta a valutare se la divulgazione delle informazioni richieste soddisfi un interesse pubblico in misura superiore alla riservatezza delle informazioni stesse, d in caso di giudizio negativo, è tenuta a motivare al richiedente le ragioni del rifiuto. Tra gli esoneri “relativi” si annoverano anche le informazioni riguardanti le attività investigative svolte delle autorità di pubblica sicurezza. Vi è poi l’esonero assoluto (Absolute Exemption) per il quale non è richiesta la valutazione sulla sussistenza di un interesse pubblico tale da giustificare la divulgazione delle informazioni. In questo caso la decisione finale è rimessa alla discrezionalità del destinatario della richiesta.

 

In Spagna

In Spagna tutti gli atti giudiziari penali precedenti al giudizio sono dichiarati segreti, ma si avverte il bisogno di uno specifico divieto di pubblicazione degli atti secretati, in quanto la prassi dimostra come non sia sufficiente che la legge o il giudice ne dichiarino la segretezza per garantirla a livello formale e sostanziale

La Costituzione spagnola del 1978, da un lato riconosce il diritto a un processo da svolgere con tutte le garanzie previste dall’ordinamento giuridico (art. 24.2), dall’altro stabilisce in via generale il principio di pubblicità dei processi e, più nel dettaglio, quello della pubblicità degli atti giudiziari con le sole eccezioni previste dalle leggi (art. 120.1).

Occorre però sottolineare che in Spagna tutti gli atti giudiziari penali precedenti al giudizio sono dichiarati segreti ai sensi dell’articolo 301 della Ley de Enjuiciamiento Criminal, che sancisce la generale segretezza del fascicolo degli atti di indagine fino al momento del dibattimento, con le eccezioni determinate dalla legge medesima. Peraltro la costituzionalità di tale articolo è stata riconosciuta dal Tribunale costituzionale (sentt. 13/1985 e 176/1988). Nel sistema giuridico spagnolo la segretezza del fascicolo degli atti di indagine è intesa quale garanzia per l’efficacia dell’indagine stessa e non per la tutela delle persone in essa coinvolte. Infatti per il Tribunale costituzionale la finalità che si persegue con tale segreto è quella di impedire a tutti, talora anche alle parti (art. 302.2 della Ley de Enjuiciamiento Criminal), l’accesso agli atti giudiziari nella fase istruttoria. Come ha specificato il Tribunale, il segreto non vieta di conoscere per mezzi leciti e al margine della procedura giudiziaria, ogni fatto riferito alla materia in discussione e ciò perché il segreto riguarda i soli atti costituenti il fascicolo, circostanza che – sempre a giudizio del Tribunale – non può mai significare che “uno o vari elementi della realtà sociale siano sottratti alla libertà di informazione” (Stc 13/1985).

In sostanza risultano coperte dal suddetto segreto solo le informazioni direttamente estratte dagli atti giudiziari, ma non quanto saputo in margine al procedimento e non le informazioni ottenute prima o fuori del processo. La tesi del Tribunale costituzionale è contestata da una parte della dottrina, che la ritiene discutibile in quanto essa sostiene che la realtà investigata dal giudice non si sottrae alla libertà di informazione, sempre che la conoscenza ottenuta (ed eventualmente pubblicata) non derivi direttamente dagli atti processuali. […]

Nella sostanza, si riterrebbe opportuno introdurre a livello legislativo un’adeguata distinzione tra pubblicità e pubblicabilità degli atti, prevedendo uno specifico divieto di pubblicazione di quelli secretati, in quanto la prassi dimostra come non sia sufficiente che la legge o il giudice ne dichiarino la segretezza per garantirla a livello formale e sostanziale.