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Carriere separate per pm e giudici. Forse si può

Maurizio Stefanini

L'Unione Camere Penali lancia la raccolta di firme per presentare una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare. Il presidente Migliucci: "Il giudice deve avere una cultura diversa da chi fa le indagini"

Sul logo c’è un Giano bifronte le cui due teste vengono divise, lo slogan è “La tua firma perché tra Giudice e Pubblico Ministero le carriere siano separate”. Così sabato a Salerno l’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi) presenta la campagna per raccogliere le 50.000 sottoscrizioni necessarie a presentare in Parlamento una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, la cui partenza effettiva sarà poi il primo maggio. “Non un referendum”, spiega al Foglio il presidente dell’Ucpi Beniamino Migliucci, “perché, a parte il maggior numero delle firme da raccogliere, il meccanismo di togliere parole non è il più adatto per il tipo di riforma organica che abbiamo in mente. Una proposta organica che modifica anche alcuni articoli della Costituzione”.

 

 

Paradossalmente, secondo Migliucci, la Costituzione verrebbe cambiata nella forma per salvarne lo spirito più autentico, quale è esposto nell’articolo 111 a proposito della terzietà del giudice. “Per separare le carriere si dovranno fare concorsi differenti, in modo da garantire che il giudice sia diverso sia da chi accusa che da chi difende. Ci sarebbero dunque anche Csm separati, e con un maggior numero di membri laici rispetto a oggi. E ci dovrebbe essere un vero controllo anche per esempio su quelle questioni di carattere disciplinare si cui oggi spesso si sorvola”.

 

Migliucci assicura che “sostanzialmente sia il giudice che il pm resterebbero nell’ordinamento giudiziario. Proprio perché non si facciano speculazioni strumentali sulla possibilità che il pubblico ministero possa essere sottoposto all’esecutivo. Si tratta soltanto di magistrati che devono fare concorsi diversi, che non hanno la possibilità di scambiare la funzione e soprattutto non condividono più questa cultura della giurisdizione che li unisce escludendo gli altri. Secondo noi, il giudice deve avere una cultura diversa da chi fa le indagini. Non devono essere colleghi, non devono essere legati nello scopo di combattere questo o quel fenomeno criminale, soprattutto non deve esserci la possibilità che la carriera dell’uno dipenda dall’altro. Se il pubblico ministero è un tuo collega, se e l’idea del processo non è la verifica della pretesa punitiva dello Stato nei confronti di un cittadino come dovrebbe essere in un Paese liberale e democratico ma è il raggiungimento di uno scopo, allora anche la magistratura si trasforma da istituto di garanzia a istituto di scopo”.

 

Migliucci spiega che la proposta non segue modelli stranieri, ma “è un’elaborazione abbastanza originale, con riferimenti in proposte di legge che sono sempre appartenute all’Unione delle Camere Penali”.  Chiarisce però che “proprio per evitare strumentalizzazioni che c’erano state in altri momenti” il Comitato Promotore nasce solo dall’Unione delle Camere Penali, senza politici. “Poi naturalmente potranno aggiungersi tutti coloro che vorranno”. Accordi per la raccolta delle firme già ci sarebbero con i Radicali e con la Fondazione Einaudi.

 

Ma la contemporaneità tra questa iniziativa e il dibattito in corso in Parlamento sulla riforma del processo pensale è casuale o voluta? “Casuale; nel senso che noi non avremmo mai immaginato si arrivasse a questo obbrobrio che è stata la Fiducia, per la quale noi abbiamo già proclamato un’astensione e ci riserviamo altre  iniziative” Secondo Migliucci infatti nella riforma “ci sono alcuni temi che non soddisfano principi costituzionali. A esempio l’allungamento dei termini di prescrizione, che rende infinitamente lungo il processo invece di assicurarne la durata ragionevole”.

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