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L'onda di Marco Pantani

Giovanni Battistuzzi

Lo scalatore romagnolo oggi avrebbe compiuto cinquant'anni

Fu un onda a portare il Jolly Roger in cima alle montagne, a far sventolare la bandiera dei pirati lassù dove i corsari mai si erano azzardati ad avventurarsi. Un'onda altissima, partita chissà come e chissà perché da un litorale calmo come quello adriatico. Lungo quel mare dove nulla accade, dove la quiete estrema domina pure il regno sommerso, mai ci saremmo aspettati potesse alzarsi quel cavallone che ha inondato Alpi e Appennini, arrivando fino ai Pirenei. Eppure è successo.

 

Tutto è partito un giorno di cinquant'anni fa e per oltre venti nessuno si accorto di nulla. Poi il Passo di Monte Giovo e il Mortirolo in un giorno di tarda primavera hanno visto per primi i flutti. Sembrava imminente l'inondazione. Toccò aspettarla diversi anni, quattro. E non certo per volontà del mare. Fu la necessità degli eventi a rallentare ogni cosa.

 

Quando però l'onda si abbattè sui monti, ecco che finalmente tutto si chiarì e che il mare apparve per quello che era davvero: una montagna in negativo, dove le cime si trasformano in fosse, le dorsali in discese, i canyon sottomarini in salite. È un mondo all'incontrario quello marino, un ribaltamento di ciò che consideriamo normalità.

 

E proprio la normalità infranse quel maroso. Perché quell'onda a forma di bicicletta dal cranio pelato iniziò a emergere, ad arrembare di furia e disperazione i tornanti montani. Pochi chili di muscoli e di ossa che danzavano sui pedali, ma capaci di sovvertire la regola allora semi-nuova del ciclismo: quella che diceva che si doveva piegare il tempo del cronometro per poter conquistare l'Olimpo di una grande corsa. Non era così. Serviva la potenza dell'immaginazione per scalfire tutto ciò. L'immaginazione sofferente di Marco Pantani.

 

Quell'onda fu un attimo che sarebbe potuto durare più a lungo. Ma se si aguzza la vista si può ancora osservare il segno che lasciarono i flutti che conquistarono le vette. Non sono sfumati, non se ne sono andati. Sono rimasti gli stessi, come è rimasto lo stesso il volto di Marco Pantani, quello malinconico e trasognato, affaticato e disperato, sempre tutt'uno con la bicicletta. Non è mai invecchiato il Pirata, se ne è andato prima di poterlo fare.

 


Qui trovate il racconto della doppietta Giro-Tour di Pantani nel 1998

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