La vita dei meccanici al Giro d'Italia

Antonio Tarducci e Luca Catabiani della Bardiani-Csf raccontano quanto lavoro c'è dietro alle biciclette dei ciclisti che corrono la corsa rosa

Giovanni Battistuzzi

Frascati. È vita nomade quella del Giro d'Italia. Tre settimane di su e giù per la penisola, tra pianure e montagne, lungo strade che accarezzano il mare, fendono i monti, si perdono tra le campagne per piombare ad alta velocità nelle città. Sono vite a pedali e vite per i pedali quelle che scorrono all'interno della carovana rosa. Atleti in bicicletta e uomini che alle biciclette hanno dedicato e stanno dedicando un'esistenza.

 

È un compendio di velocità errante quella del Giro d'Italia. Corse e rincorse in sella a una bici, scatti e controscatti, fughe e inseguimenti, sogni e delusioni. Ci sono ragazzi che sulle pedivelle faticano e si dannano. E poi c'è tutto il resto, un formicolare di professionisti che rendono tutto ciò possibile. Perché senza di loro, senza i meccanici, i campioni pedalerebbero parole. Quelle solite, da inizio o fine tappa, quei tutto bene, quei vedremo, quei la gamba è buona, chissà.

 

Nella carovana del Giro d'Italia non ci sono solo i migliori uomini in bicicletta, ci sono, soprattutto, i migliori conoscitori della bicicletta, chi rende possibile, materialmente, le imprese che hanno fatto la storia di questa corsa e di questo sport. Raccontava a Orio Vergani Pinella De Grandi, custode e mago delle biciclette di Fausto Coppi, che "fare il meccanico è un lavoro tosto, che prevede la necessità della perfezione, perché se il tuo uomo non riesce a vincere perché sulla strada incontra uno più forte è sport, se invece non vince per un bullone allentato o per un problema al cambio è sciatteria".

 

Antonio Tarducci e Luca Catabiani ogni giorno per tre settimane si prendono cura delle biciclette che utilizzano in corsa i corridori della Bardiani–Csf. Ogni giorno si alzano presto e vanno a letto tardi, sistemano e lustrano componenti, aggiustano e rendono perfetti ruote, freni, pignoni e quant'altro. E se non ci fossero loro Enrico Barbin, Giovanni Carboni, Luca Covilli, Mirco Maestri, Umberto Orsini, Lorenzo Rota, Manuel Senni e Paolo Simion pedalerebbero a parole.

 

Ieri, prima della quinta tappa del Giro, la Frascati-Terracina vinta da Pascal Ackermann (nella quale Enrico Barbin e Umberto Orsini sono andati in fuga e Paolo Simion ha conquistato un settimo posto), sotto una pioggia torrenziale stavano completando la revisione delle biciclette. E ci hanno spiegato un po' il loro mestiere. 

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