Woods, Porte e la polvere d'Australia

Michael Woods vince la seconda tappa dell'Herald Sun Tour precedendo allo sprint Richie Porte. La rivincita dello sterrato dello stato di Victoria

Giovanni Battistuzzi

Dallo Jeeralang se si aguzza la vista si riesce a scorgere l’Oceano. Ci sono una cinquantina di chilometri che lo dividono dalle spiagge lagunari di Port Albert. Una cinquantina di chilometri che sono un labirinto di colline e piccoli avvallamenti, di piani intervallati da montarozzi tempestati di boschi e di filari di viti. Se lo bevono in tutta l’Australia il vino della Victoria. Ne apprezzano la composizione, la varietà, il gusto complesso, strutturato, figlio di un clima che è difficile trovare altrove. Qualcuno negli anni Quaranta ha provato a spacciare la regione per una Toscana australiana. La cosa ha funzionato per decenni, almeno per i turisti. Poi i turisti sono andati anche in Toscana e hanno capito che questa similitudine non è poi così palese e ci vuole un po’ di fantasia.

 

Eppure c’è ancora chi questa somiglianza la vede, la percepisce, ci crede e alla Toscana guarda. Così come facevano negli anni Cinquanta dell’Ottocento. Così come facevano negli anni Cinquanta del Novecento.

 

Era il 1854 quando lo svizzero Hubert de Castella giunse a Melbourne per trasferirsi a due passi dallo Jeeralang. Qui impiantò dieci ettari di vitigno, Sangiovese e Chardonnay, quelli che gli aveva consigliato un amico, un tale Riccoli, di Buonconvento. Crebbe bene l’uva, venne buono il vino e in poco tempo quei dieci ettari divennero centinaia. Hubert tra i vigneti ci girava prima su un biciclo Michaux, poi su di una bicicletta Peugeot che si era fatto spedire direttamente da Parigi. Lo chiamavano Hubert il folle. Fu un anticipatore d’epoche.

 

Era il 1952 quando due amici decisero che lo stato di Victoria non poteva non avere una corsa a tappe. D’altra parte era la regione con più biciclette in Australia, quella con più appassionati. D’altra parte erano appena tornati da un viaggio in Italia e a Firenze avevano incontrato il Giro d’Italia. Ne parlarono alla redazione sportiva dell’Herald Sun e questi dissero che era una buona idea, che si poteva fare: nacque l’Herald Sun Tour. Il primo lo vinse Keith Rowley, corridore discreto, eroe per qualche tempo a Melbourne e dintorni.

 

L’Herald Sun Tour, ora Jayco Herald Sun Tour, è arrivato alla sessantacinquesima edizione, è diventata una corsa di tutto rispetto: movimentata, imprevedibile, combattuta, corsa da molti dei protagonisti che affollano le grandi corse.

 

Gli organizzatori dell’Herald Sun Tour sono tra quelli che continuano a vedere la somiglianza tra lo stato di Victoria e la Toscana. Disegnano tappe dal profilo toscano, cercano di portare un pezzo di senese in Australia. L’anno scorso c’avevano provato portando lo sterrato nelle corse australi. Fu un disastro: scambiare sabbia per ghiaia e pretendere di farci passare ruote da 25 millimetri a sessanta all’ora può essere un pericolo. Fortunatamente gli errori portano consiglio. E così chi si occupa di tracciare le tappe dell’Herald Sun si è impegnato a trovare una bella strada in ghiaino, di quelle che puntano cattive al cielo, di quelle dove si può fare disastri, ma a pedali. L’ha trovata nello Jeeralang e Michael Woods l’ha trovata interessante, piacevole, buona per cercare se non proprio di far l’impresa, quantomeno di far l’assolo. Ce l’ha fatta solo per poche centinaia di metri perché in discesa Richie Porte è rientrato. Si sono parlati, si sono detti a tutta e poi si vedrà, hanno fatto comunella d’intenti, hanno raggiunto il traguardo. Ha vinto Woods e Porte ha sorriso comunque. “Tanto di cappello, è un grande atleta e oggi è stato più forte. L’ha dimostrato in salita, lo ha fatto di nuovo allo sprint. Ha meritato la vittoria”.

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