La Vigorelli–Ghisallo è un romanzo in bicicletta

Giovanni Battistuzzi

Domenica si corre la quarta edizione della pedalata che unisce i due luoghi simbolo del ciclismo lombardo. Una transumanza a pedali tra due promessi sposi che nonostante tutto affascinano ancora

E' racconto d'antan, romantico, un poco nostalgico, proprio per questo attualissimo. E' un passato che ritorna, ancora, ma capovolto. Il prima che diventa dopo, il finale che diventa avvio, il passaggio che diventa arrivo, in salita. E' un pellegrinaggio sui pedali. E altro non potrebbe essere se si uniscono due luoghi magici, almeno per la bicicletta. Da una parte il Vigorelli, dall'altra il Ghisallo, in mezzo una strada percorsa mille volte, molte volte al Lombardia, alcune al Giro d'Italia, ma da Bellagio a Milano, quasi mai al contrario. Ma non c'è corsa questa volta, non c'è competizione, perché competere non ha senso, o almeno non sempre. Meglio prendersi il tempo giusto per godersi lo scorrere delle ruote, l'aria autunnale, il verde della Brianza, quello un po' blu del Lario, che diventa macchia mano a mano che si sale verso la chiesetta della Vergine patrona dei ciclisti. Ognuno al suo passo, meglio se assieme, altrimenti da soli, tant'è. E se viene giù acqua dal cielo, amen, ci si copre e via a pedalare. E' la Vigorelli–Ghisallo, quarta edizione. Transiterà domenica 28 ottobre, ultima (ma forse anche no, dipende dal tempo, dalla voglia, dalla passione) transumanza a pedali dell'anno. Da Milano all'alpeggio ciclistico più vicino, quello scoperto dall'ex direttore della Gazzetta dello Sport Armando Cougnet, esplorato per primo da Costante Girardengo nel 1919, divenuto imprescindibile punto di ritrovo per cicloamatori, cicloturisti, fedeli della e alla bicicletta. Tra questi c'è Paolo Bettini. Al Ghisallo c'è una mostra in suo onore, lui la raggiungerà pedalando tra gli oltre cinquecento già iscritti, ritornerà a percorrere quei luoghi che ha visto decine di volte in gara, che portano impressi i ricordi delle vittorie al Lombardia: il tripudio di gioia del 2005, la triste felicità del 2006.

 

La Vigorelli–Ghisallo è unione. D'anniversari – domenica sarà l'84° compleanno del Velodromo, il 14 ottobre è stato invece il dodicesimo del museo –, di spazi, di storie, soprattutto d'intenti. C'hanno messo tempo, impegno, cuore il Comitato Velodromo Vigorelli, il Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo, l'Upcycle Milano Bike Café. Hanno contribuito l’azienda TITICI, che produce telai in Italia dal 1961, e Faema, che fa macchine per caffé e che il ciclismo lo conosce bene, da anni, da Charly Gaul a Eddy Merckx.

 


Biciclette fuori dal Vigorelli prima della partenza della scorsa edizione


  

E' doppio percorso. A ognuno il suo secondo le proprie possibilità. Settantatré o novanta chilometri, millecento metri e spicci o millecinquecento metri e qualcosa, Asso o Bellagio. La salita c'è sempre, non c'è scampo, ma si può sceglierne il versante. L'immagine finale è la stessa. Una stradina che mette di salire e lascia intravedere il cielo, un piazzale davanti a una chiesetta a una navata con un portichetto di tre archi. I volti bronzei di Coppi, di Bartali, di Binda. E poi biciclette, un sacco di biciclette. Fuori dal museo e altrettante dentro al museo, quello che domina il lago, che non invade il panorama, lo asseconda, sfrutta il declivio, si gusta il ramo manzoniano del Lario.

 

E come Renzo e Lucia sono il Vigo e il Ghisallo, un anello meraviglioso e una salita che lo è altrettanto. Due storie che non vogliono finire, perché non possono finire, nonostante la modernità abbia provato a etichettarli come superati. Loro resistono, perché sono fatti della stessa sostanza della bicicletta, cioè passione, amore, vita e nostalgia. Loro resistono come Renzo e Lucia, Promessi sposi, loro malgrado e per loro fortuna.