Il Giro 101 e quello che c'è da attendersi dalle wild card (anche senza Cunego)

Giovanni Battistuzzi

Androni, Bardiani, Israel cycling academy e Wilier saranno al via della corsa Rosa. Una scelta quella dell'organizzazione che premia il ciclismo italiano (con un occhio agli sponsor internazionali), nonostante le critiche

Damiano Cunego concluderà la sua carriera al Giro del Giappone che si correrà dal 20 al 27 maggio. Un modo per onorare lo sponsor che lo ha fatto correre dal 2015 a oggi (la Nippo), un ripiego dopo l'invito non arrivato alla squadra dall'organizzazione del Giro d'Italia. Peccato, perché nonostante gli anni siano ormai 36 e la data di scadenza ormai prossima, il Piccolo Principe in questi anni non ha mai fatto mancare impegno e dedizione. Non ci sarà il saluto finale, l'addio alla bicicletta al termine della manifestazione ciclistica più importante d'Italia.

 

Il suo addio alla corsa Rosa era stato dunque già scritto il 29 maggio 2016 a Torino. Era quello il Giro che celebrò l'animo guerrigliero di Nibali, che si concluse con una rimonta incredibile, un'impresa che sembrava impossibile. Cunego disputò un'edizione sempre all'attacco, generosa, alla caccia delle maglia Blu, quella riservata al miglior scalatore. Si arrese solo alla penultima tappa, stremato da giorni interi passati a farsi inseguire dal gruppo. E' stata la sua ultima recita, il suo saluto, allora inconsapevole, a quella corsa che lo aveva reso protagonista, speranza, ipotesi di dominatore.

 

Non è andata così, anche se tre Giri di Lombardia e una Amstel Gold Race sono tanta roba.

 

Forse Cunego il Giro lo guarderà da casa, forse non lo guarderà affatto, sicuramente non lo correrà.

 

Sino a sabato le speranze di vederlo al via erano tante, le possibilità un po' meno. Diciotto squadre sono invitate di diritto in quanto iscritte al World Tour, la serie A del ciclismo, ma per arrivare a ventidue (il numero massimo per regolamento), ci sono quattro inviti da recapitare, quattro possibilità ulteriori. O meglio due. Perché un posto, quello dell'Androni Giocattoli, è concesso di diritto alla formazione vincitrice della Coppa Italia di ciclismo (il circuito delle corse nazionali), o Ciclismo cup se si vuol essere internazionali come la Federazione. Un altro era stato riservato alla Israel Cycling Academy per ovvie opportunità date dalla partenza da Israele. Si poteva partire da Gerusalemme senza la formazione creata qualche anno fa per agevolare la crescita di un movimento ciclistico di grande livello in medio oriente? Impossibile. 

 

 

Ed ecco dunque la corsa a tre per soli due posti. Una corsa a tre tutta italiana: la Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini di Cunego, la Bardiani e la Wilier. L'hanno spuntata le ultime due.

 

Una scelta che, nonostante le solite polemiche che ogni anno vengono rivolte all'organizzazione del Giro, mai come quest'anno è stata presa guardando all'interesse nazionale, puntando a dare una vetrina internazionale importante a parte della meglio gioventù del ciclismo italiano.

 

Al contrario dell'ultima corsa Rosa dunque le formazioni italiane al via saranno tre (erano due nel 2017) e al loro interno ci sono diversi prospetti interessanti sia per il presente sia (e forse soprattutto) per il futuro. Quella dell'organizzazione non era una decisione scontata: non ci sono obblighi da parte degli organizzatori di invitare squadre italiane (se non la vincitrice della Coppa Italia) e il Giro non è un'azienda caritatevole con la missione di cercare di togliere il ciclismo italiano dalla periferia del mondo professionistico. Dovrebbe essere la Federazione a intervenire, a cercare, come accade in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda e Germania, di creare un progetto unitario per la creazione di una grande squadra tricolore per tentare la risalita nel World Tour. Cosa che i vertici federali si sono guardati bene dal fare.

 

Il Giro è intervenuto ancora, per sua scelta, e ha pensato di utilizzare il metodo Tour: tre squadre di interesse nazionale e un invito buono per dare una strizzatina d'occhio agli sponsor internazionali. E in questo contesto la Nippo è stata la vittima sacrificale. Una ci doveva essere e la scelta è caduta sulla compagine forse meno attrezzata per una corsa di tre settimane.

 

Al Giro comunque non mancheranno possibili protagonisti provenienti dalle formazioni ProContinental.

ANDRONI GIOCATTOLI-SIDERMEC-BOTTECCHIA

Gianni Savio è uno che dai suoi uomini pretende soprattutto due cose: impegno e testardaggine. E così il Giro è sempre stato per i suoi ragazzi una missione da interpretare all'attacco, da percorrere minuti avanti al gruppo sperando di mantenere almeno una manciata di secondi sotto lo striscione d'arrivo.

 

Da quando è in ammiraglia Savio ha guidato i suoi uomini in 17 edizioni, lo ha fatto verso innumerevoli fughe, li ha scortati in 14 vittorie. E per tre volte ha abbracciato un suo uomo con la maglia di miglior scalatore.

 

Gianni Savio vive per le fughe e di gente buona da far vivere da avanguardista ce n'è nell'Androni Giocattoli. C'è Davide Ballerini e Marco Cattaneo, c'è Francesco Gavazzi e Fausto Masnada. E se non basta c'è pure Manuel Belletti che di professione è uno che non molla mai un metro, che è veloce, anche, volendo, da piazzamento in uno sprint a ranghi compatti. Quelli che Matteo Malucelli sa vincere, ma in posti esotici e in terra straniera, il Giro è altra cosa, altra corsa, chissà.

 

Gianni Savio vive anche per le salite e per i suoi amati scalatori sudamericani. Gente leggera, gente strana, magnifici quando la strada sale, a volte solo quando la strada sale. L'ultima sua grande scoperta è stata Egan Bernal passato in inverno alla Sky per manifesta superiorità nell'arrampicata rispetto a quasi tutti i suoi avversari. Con ogni probabilità il costaricano Kevin Rivera e il colombiano Ivan Ramiro Sosa saranno i prossimi grandi moscerini delle montagne. Ma sono giovani, giovanissimi, 19 anni il primo, 20 il secondo e con poca esperienza europea. Uno dei due al via da Gerusalemme ci potrebbe essere, magari con Rodolfo Andres Torres a fargli da balia, a insegnar loro come si fa ad andare in salita.

ISRAEL CYCLING ACADEMY

Gerusalemme sarà il via del Giro 101 e l'invito alla squadra di casa è una formalità. Ma al di là delle opportunità commerciali e politiche, l'Israel Cycling Academy è un progetto sportivo solido e interessante, già pronto per i grandi eventi, per non sfigurare nei grandi palcoscenici ciclistici.

 

Al fianco della miglior generazione di corridori che Israele ha mai visto – i fratelli Goldstein possono puntare a vittorie internazionali nei prossimi anni –, Ron Baron ha allestito un gruppo interessante che ha tutte le carte in regola per non fare una figura barbina in Italia e che potrebbe pure strappare qualche piazzamento. Perché Kristian Sbaragli è uno sprinter furbo, perché Ben Hermans in salita va, sugli strappi non lo stacchi e ha fondo per reggere le tre settimane (più per le vittorie parziali che per la classifica generale), perché Ruben Plaza è uno che piuttosto che mollare scoppia e che sa come si centrano le fughe, anche vincenti.

 

Attenzione poi a August Jensen, norvegese, uno che non eccelle in nulla, ma che ha tigna immensa, che appena il terreno è mosso sa come stare davanti e che non ha paura neppure delle lunghe salite. "Non è un fenomeno, ma è uno che sa come vincere, perché è consapevole che può vincere ovunque e in ogni modo". Parola di Thor Hushovd, campione del mondo 2010.

WILIER TRIESTINA - SELLE ITALIA

Jakub Mareczko è l'uomo di punta e non potrebbe essere altrimenti. Perché velocisti con il suo talento in giro ce ne sono pochi. E con uno come Coledan che lo guida nelle volate finalmente potrebbe esplodere davvero.

 

Mareczko lo attendono tutti da anni, non sempre ha risposto bene, qualche guizzo interessante lo ha fatto vedere, ma per non trasformarsi in Godot deve palesarsi a maggio. Di sprint al Giro non ce ne saranno molti e alcuni di questi potrebbero essere un po' troppo duri per uno che in volata è un drago, ma che fatica quando la strada sale anche solo leggermente. Per questo la Wilier deve puntare al grande colpo subito, in Israele.

 

Kuba a parte la Wilier potrà contare ancora sul passato di Pippo Pozzato, sempre più ambasciatore del ciclismo di Scinto e sempre meno protagonista in bicicletta, ma è corridore dal talento purissimo il veneto e qualcosa lo potrà improvvisare ancora una volta. Per le fughe Matteo Busato e Eugert Zhupa sono una garanzia per presenza. E infine c'è Jacopo Mosca, uno che si difende su tutti i terreni e che ancora non ha idea dove può arrivare. Ha talento e faccia tosta il ventiquattrenne e a volte al Giro bastano queste caratteristiche.

BARDIANI - CSF

Tanti giovani in cerca di una storia e qualche deluso che una storia, e nemmeno male, la poteva tranquillamente avere. Questo in sostanza l'organico della banda dei Reverberi.

 

Ci sono i ventun anni veloci di Vincenzo Albanese, di cui dicono un gran bene ma che ancora fatica un po' troppo a stare in gruppo; ci sono le scalate di Giovanni Carboni, che sono per potenziale eccellenti ma solo al primo anno tra i professionisi; c'è la tigna infinita di Lorenzo Rota, che potrebbe essere sinonimo di fughe vincenti, ma tra qualche anno perché uno come lui ha bisogno soprattutto di capire come fare a non strafare, perché con un motore come il suo da fare ce n'è molto.

 

Buoni prospetti e qualche ex giovanissimo talento da riscoprire, da rilanciare, da ridonare al ciclismo italiano.

 

Primo tra tutti Andrea Guardini, velocista di talento (e tanto), ma rimasto ai margini del grande ciclismo negli ultimi anni a causa di scelte di squadra, di squadre a cui serviva sforzo gregario più che spunti veloci. Con lui Manuel Senni, corridore da corse a tappe e da salita, forse catapultato troppo presto in una squadra troppo grossa, la Bmc. Al romagnolo il talento non manca, gli manca forse la convinzione di averlo ancora. Con Giulio Ciccone, suo avversario ai tempi del dilettantismo, potrebbe venir fuori una coppia molto interessante nelle tappe di montagna. Chissà. Ciccone ha già vinto al Giro due anni fa, Senni no, ma forse è venuto il tempo per cambiare il passato e rendere il presente più adeguato alle speranze di un tempo. 

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