Matthews festeggia al Tour mentre Aru perde la maglia gialla. Ma potrebbe essere un bene

Giovanni Battistuzzi

L'australiano arriva primo in cima allo strappo di Rodez. Froome riconquista il primo posto in classifica. Ora il sardo è a sedici secondi

L'azzardo non paga. Così come la sbadataggine della solitudine. E così Thomas De Gendt se ne va per colline per un giorno, pedala tra un piccolo manipolo di avventurosi, poi quando se ne stufa, li molla lì, viaggia avanti a tutti all'inseguimento di una chimera chiamato traguardo. Ma non basta. E così Philippe Gilbert gioca d'anticipo e si fionda verso l'improbabile, il colpaccio, all-in. Un allungo a oltre cinquecento metri dallo striscione d'arrivo, proprio mentre l'asfalto si inerpica e diventa muro. Ma non basta pure quello. Non basta perché Michael Matthews fa i calcoli, gioca di cesello, poi di ascia, fa un solco tra lui e gli altri abbastanza profondo da potersi guardare indietro, sorridere e alzare le braccia al cielo.

 

L'australiano mette in fila il gruppo, il suo è uno scatto chirurgico, essenziale, cattivissimo. Dietro di lui gli specialisti di questi arrivi su pendenze cattive; dietro di lui i più lesti della classifica, Uran, Martin, Froome che ritorna a vestire di giallo. Erano sei di svantaggio, sono diciannove di vantaggio. Fabio Aru infatti ha preso il buco, si è distratto quando non avrebbe dovuto, proprio nel momento che avrebbe dovuto attaccarsi alla ruota del keniano e non lasciarla. Sbadato e solo. Perché questo è un errore veniale, ma superabile se accanto avesse avuto compagni di squadra pronti ad aiutarlo. Non un demerito della Astana, più che altro della mala sorte. Perché Cataldo e Fulgsang sarebbero stati spalle perfette, così come Lutsenko. Peccato che i primi due siano già sul letto di casa a curar fratture e il terzo sia un cerotto in bicicletta.

 

La maglia gialla cambia padrone e dispiace per Aru. Ma disperare è sciocco e forse sbagliato. Perché il paradosso è che è meglio, forse, così. Perché domani c'è una di quelle tappe che sono un punto di domande. Un su e giù infinito e senza pausa, che ci vuole pazienza a tenerlo a bada e forza di gambe altrui. Quelle che ha Froome ma non Aru. Quello che con ogni probabilità farà la Sky, ma che non avrebbe mai potuto fare l'Astana. E così Froome tornerà padrone e Aru sfidante. E così Froome tornerà a controllare, che è poi quello che sa fare meglio. E così Aru tornerà a essere libero da un peso mica da poco, quello dell'inseguimento, per ritornare a essere fuggiasco. E se sei da solo contro un plotone è, paradossalmente, la condizione migliore.

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