Girodiruota – Musica in Giro

Dai 55 minuti romantici di Carboni alla redenzione di Chaves

A San Martino di Castrozza, lo scalatore colombiano vince la 19a tappa davanti a Vendrame. Quarto il corridore della Bardiani che da solo è riuscito a entrare sugli uomini in fuga. Colonna sonora: Ask dei The Smiths

Giovanni Battistuzzi

Esteban Chaves ha vinto la diciannovesima tappa del Giro d'Italia 2019, la Treviso - San Martino di Castrozza, 151 chilometri. Il colombiano della Mitchelton-Scott, in fuga dal mattino assieme ad altri 11 uomini, ha preceduto sul penultimo arrivo in salita della corsa rosa Andrea Vendrame, staccato di 10", e Amaro Antunes, che ha concluso la frazione a 12" dal vincitore.

 


 

Una smorfia, un ghigno a lingua fuori mentre la piana del Piave si stava estinguendo per diventare montagna. Un sorriso che appare all'improvviso, dopo una curva, quando gli occhi intravedono le ammiraglie che curano le ruote degli avanguardisti. Giovanni Carboni si attacca alla borraccia come fosse un pezzo di legno nel mare in burrasca, poi si alza di sella e cuce di pedali i metri che lo separano da quella salvezza chiamata fuga.

 

Cinquantacinque minuti possono essere un attimo, possono essere un'eternità. Cinquantacinque minuti possono essere una condanna se davanti sono in undici e con te c'è solo Guillaume Boivin, che è sì corridore coriaceo e determinato, ma è solo, unico alleato. Cinquantacinque minuti possono essere un incubo di solitudine se pure il canadese ti abbandona a quasi tre minuti dal ricongiungimento. Cinquantacinque minuti è il tempo che ci ha messo Carboni per agguantare i fuggitivi, un tributo al romanticismo della seduzione, un'enormità anche se al Giro d'Italia si è partiti da Bologna "per imparare, per capire cosa posso fare". "Coyness is nice, and / coyness can stop you / from saying all the things in life you'd like to" ("la modestia è una bella cosa, e / la modestia può impedirti / di fare tutto quello che ti piacerebbe fare nella tua vita").

 

Carboni sa quanto vale, sa quanto può dare, sa che cinquantacinque minuti valgono la pena di essere impiegati per inseguire il brivido di una fuga. Il suo è un sogno alpino ancora in divenire, una ricerca di quello che non vuole e non può perdere, è un monologo in bicicletta mentre il traguardo è solo un miraggio. È un "dai, forza non mollare" ripetuto sino allo sfinimento. È un "dai che li raggiungi" come un mantra, un tentativo di auto-convincimento. Una richiesta tra sé e sé: "Quindi se c'è qualcosa che ti piacerebbe provare / chiedimelo, non dirò di no, come potrei?".

 

 

Di domande è pieno tutto il gruppo.

 

Tra i dodici esploratori di giornata, lì dove Carboni ha trovato momentanea accoglienza, tutti si chiedono quando Esteban Chaves attaccherà, in quanto tempo si sbarazzerà di loro. Tutti conoscono le sua abilità in salita, tutti sanno che se la gamba lo assiste non ce n'è per nessuno. Ma anche Chaves ha i suoi quesiti e sono interrogativi talmente pesanti da tormentarlo, da farlo sembrare ancora più piccolo. Interrogativi che a volte gli hanno spento quel sorriso che lo aveva sempre contraddistinto. Il Colibrì vede allo specchio il corridore che è, intravedendo soltanto il corridore che è stato. Troppa sfortuna, troppi infortuni lo hanno tormentato. E quando scatta una, due, cinque volte, il tempo buttato sembra appesantirlo, sfibrarlo. Oltre le vette dolomitiche, il cielo azzurro macchiato soltanto da pecorelle di nubi, si fa d'un tratto cupo, nero, spettrale. Sono cumulonembi che però solo lui vede, che spariscono quando abbassa lo sguardo, stringe i denti, scatta di nuovo. Anche il suo è un monologo, lo stesso di Carboni, il quesito di Morrissey (The Smiths) in Ask: "Se c'è qualcosa che ti piacerebbe provare / chiedimelo, non dirò di no, come potrei?". Chaves non risponde a parole, lo fa con le pedivelle. Prende metri su metri, lascia tutti sui pedali. Chaves va, gli altri scompaiono alle sue spalle. Ritrova l'avanguardia solitaria, trova la redenzione, ritrova il sorriso, forse se stesso.

 

  

"Ask me, ask me, ask me / ask me, ask me, ask me". Non domanda niente invece Andrea Vendrame, impreca. Lo fa due volte, silenziosamente. Contro la catena che cade, prima, contro il cambio che fa le bizze, poi. Contro se stesso, forse, perché la bicicletta è un mezzo su cui si pedala. Non demorde, recupera, si danna, termina secondo.

 

"Ask me, ask me, ask me / ask me, ask me, ask me". E le domande scorrono anche nel gruppo che si muove a forte velocità verso San Martino di Castrozza. Ritmo che diventa scatto. Prima Miguel Ángel Lopez, nessuno risponde. Poi tocca a Primoz Roglic e tutti gli vanno dietro. Non forza, rientra nei ranghi Ci riprova a poche centinaia di metri dal traguardo alla ricerca di quella manciata di secondi che non cambierebbero nulla in classifica, ma risponderebbero, forse, a qualche interrogativo sul suo Giro.

 

E così nulla cambia. Richard Carapaz ancora in maglia rosa. Vincenzo Nibali ancora secondo. Primoz Roglic ancora terzo.

 

Le domande di oggi, torneranno buone per domani. "Ask me, ask me, ask me / ask me, ask me, ask me / because if it's not love / then it's the bomb, the bomb, the bomb, the bomb". Oggi forse non era amore, domani saranno sicuramente bombe, le ultime che i corridori potranno lanciare in salita in questo Giro d'Italia.