Souvenir di una crisi di governo

Scatti rubati tra gli “addetti ai lavori”. Il backstage del richiamo al fronte di un plotoncino di cronisti e tecnici, di videomaker e fotografi

Francesco Cocco

Roma. Quanto dura un’ora? Se sei un fotografo, un videomaker, un giornalista radiofonico o televisivo, un cameraman, e quell’ora la devi trascorrere davanti alla sede di un partito politico a metà agosto, un’ora può essere lunga. Figurarsi due, tre come spesso capita. La crisi di governo più pazza della storia d’Italia ha avuto come misconosciuto effetto collaterale: il richiamo al fronte di un plotoncino di cronisti e tecnici. Alcuni, c’è da scommetterci, avevano appena allungato le colonne vertebrali - dischi affaticati da mesi e mesi di zaini caricati sulle spalle, di attese in piedi di un Godot chiamato Conte Salvini Zingaretti Di Maio - sulla sabbia. E invece no, via di nuovo precettati. Per non parlare degli stagionali, quelli che dei talk show si fanno solo l’edizione estiva, avete presente?, quel chiacchiericcio fumoso ancor più fumoso del solito che la gente normale in spiaggia ascolta gracchiare in lontananza, tra gli scrosci delle onde, proveniente dalla tv lasciata accesa in qualche bar. Un mese, un mese e mezzo di lavoro pagato bene. Un’opportunità che ti fa saltare una vacanza ma che, “soprattutto di questi tempi”, sai che non puoi rifiutare.

  

“Addetti ai lavori”: espressione che forse nessuno di quei malcapitati ha mai usato per sé, perché suona un poco impiegatizia, finanche dispregiativa. E forse perché, nonostante tutto – nonostante le erniette da  fatica, i calli, i musi lunghi della moglie o del fidanzato per l’ennesima cena saltata, la puzza di sudore propria e altrui, i pestoni nelle “tonnare” (così si chiamano le ammucchiate di telecamere e microfoni sopra e sotto il politico di turno), nonostante i bisticci e il precariato – ognuno di quei professionisti nel proprio mestiere ci mette un pizzico di passione. “Passionaccia”, titolò Enrico Mentana. Passionaccia che rende meno amaro dover sognare il palesarsi di un Dario Franceschini o di un Francesco D’Uva dal portone di Palazzo Chigi, di un Nicola Zingaretti dal Nazareno; mentre fino a poche ore prima, abbacinato dal sole e dal primo cocktail del pomeriggio, ma già turbato dal rischio di una chiamata imminente, avevi fantasticato dell’emergere di un sommergibile, di un Nettuno, di una sirena, di una Belen, di uno squalo o (che ne so) di un lagunare, dalle profondità dell’immenso mare.

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