Souvenir di una crisi di governo
Scatti rubati tra gli “addetti ai lavori”. Il backstage del richiamo al fronte di un plotoncino di cronisti e tecnici, di videomaker e fotografi
Giorno della fiducia al Conte Bis, la destra protesta in piazza. C’è anche Salvini
Corona di chiavette wireless per una diretta
Alberto Sofia del Fatto quotidiano
Antonello Caporale davanti Palazzo Chigi
Carmelo Lopapa solca Piazza Montecitorio
Diego "Zoro" Bianchi come forse non lo avete mai visto
Diretta tv
E all’improvviso l’onorevole Carlo Fatuzzo del Partito dei pensionati
Fortuna che ci sono gli smartphone
Francesco D’Uva del M5S con Alessandro Taballione
Franco Bechis, direttore del Tempo e “coinquilino” di Piazza Colonna
Gianni Cuperlo arriva in Vespa al Nazareno
Giuseppe Ferrante, Alessandro Placidi, Giuliano Rosciarelli Sullo sfondo Palazzo Chigi
Il Nazareno, stage di innumerevoli dirette.
La troupe di SkyTg24 al Nazareno.
Luca Sappino di La7
Marco Billeci di Fanpage tallona la delegazione del Pd
Nicola Morra tranquillizza i militanti M5S nel giorno della sfiducia a Conte
Ore di attesa infruttuosa. Cosa potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere
Palazzo Chigi, primo consiglio dei ministri del Conte Bis
Palazzo Chigi
Piazza Montecitorio il giorno della sfiducia a Conte
San Lorenzo, Roma
Sotto il sole e sotto il vento, sotto il portico del Tempo
Via dell’Impresa, Roma
Roma. Quanto dura un’ora? Se sei un fotografo, un videomaker, un giornalista radiofonico o televisivo, un cameraman, e quell’ora la devi trascorrere davanti alla sede di un partito politico a metà agosto, un’ora può essere lunga. Figurarsi due, tre come spesso capita. La crisi di governo più pazza della storia d’Italia ha avuto come misconosciuto effetto collaterale: il richiamo al fronte di un plotoncino di cronisti e tecnici. Alcuni, c’è da scommetterci, avevano appena allungato le colonne vertebrali - dischi affaticati da mesi e mesi di zaini caricati sulle spalle, di attese in piedi di un Godot chiamato Conte Salvini Zingaretti Di Maio - sulla sabbia. E invece no, via di nuovo precettati. Per non parlare degli stagionali, quelli che dei talk show si fanno solo l’edizione estiva, avete presente?, quel chiacchiericcio fumoso ancor più fumoso del solito che la gente normale in spiaggia ascolta gracchiare in lontananza, tra gli scrosci delle onde, proveniente dalla tv lasciata accesa in qualche bar. Un mese, un mese e mezzo di lavoro pagato bene. Un’opportunità che ti fa saltare una vacanza ma che, “soprattutto di questi tempi”, sai che non puoi rifiutare.
“Addetti ai lavori”: espressione che forse nessuno di quei malcapitati ha mai usato per sé, perché suona un poco impiegatizia, finanche dispregiativa. E forse perché, nonostante tutto – nonostante le erniette da fatica, i calli, i musi lunghi della moglie o del fidanzato per l’ennesima cena saltata, la puzza di sudore propria e altrui, i pestoni nelle “tonnare” (così si chiamano le ammucchiate di telecamere e microfoni sopra e sotto il politico di turno), nonostante i bisticci e il precariato – ognuno di quei professionisti nel proprio mestiere ci mette un pizzico di passione. “Passionaccia”, titolò Enrico Mentana. Passionaccia che rende meno amaro dover sognare il palesarsi di un Dario Franceschini o di un Francesco D’Uva dal portone di Palazzo Chigi, di un Nicola Zingaretti dal Nazareno; mentre fino a poche ore prima, abbacinato dal sole e dal primo cocktail del pomeriggio, ma già turbato dal rischio di una chiamata imminente, avevi fantasticato dell’emergere di un sommergibile, di un Nettuno, di una sirena, di una Belen, di uno squalo o (che ne so) di un lagunare, dalle profondità dell’immenso mare.