Libri e giornali, una discesa inarrestabile

Davide D'Alessandro

Anche a inizio 2019 sono pessimi i dati Ads sull’antico mondo della carta. Eppure non è come perdere il valore di un’azione. Il pensiero si attiva sulla pagina. Franco Ferrarotti: “La lettura esige fatica e bisogno di concentrazione. Senza concentrazione non c’è autoconsapevolezza, non c’è pensiero profondo”

A chi ama il giornale, a chi ha respirato fin da piccolo l’inchiostro del giornale, sporcandosi le mani e macchiandosi la faccia, a chi sul giornale ci ha anche scritto e ogni mattina si appartava per leggere il suo pezzettino, prende come un groppo in gola osservare i dati Ads di questo inizio 2019. Il Sole 24 Ore -5,7%, Il Messaggero -6%, La Stampa -12%, Il Giornale -16%. Copie in calo, percentuali in picchiata come gli indici di borsa durante un terremoto finanziario. Ma se la borsa vive di onde, sale, scende, poi risale, la caduta dei giornali è inesorabile e inarrestabile. Qualcuno ha pensato che le copie cartacee potessero essere sostituite da quelle digitali. Niente affatto. Persino il digitale vale, a gennaio 2019, 379,2 mila copie, ossia 27,5 mila in meno in confronto a inizio 2018. Chiudono i negozi e chiudono le edicole. E chiudono le librerie. Neppure i libri se la passano bene. Un mondo si è liquefatto davanti ai nostri occhi. Nessun video potrà lenire il dolore che proviamo davanti a quelle saracinesche abbassate. Penso a Gaetano Afeltra che, in Corriere primo amore, scrive: «Tutto ciò che riguardava i giornali era per me fonte di un fascino irresistibile, quasi fisico: aspettavo l’arrivo dell’autobus della posta con i pacchi dei giornali e quando il rivenditore, il vecchio Andrea Savo, andava a prenderli, il cuore mi batteva forte se sapevo che c’era qualcosa di mio stampato. Il gesto con cui, con un colpo di coltello, apriva il pacco da cui sfarfallavano fuori le copie arrotolate, fresche e nitide, come petali di fiore, resta per me indimenticabile. Ne prendevo una copia, cercavo il mio pezzettino, mi appartavo e lo leggevo a voce alta».

Afeltra è morto nel 2005 e quel dolore gli è stato in parte risparmiato. Anche Amalfi non è più la sua Amalfi, ma nel crollo della lettura dei giornali, e dei libri, vi è la dissoluzione di un Paese che, disabituandosi a leggere, si è disabituato a pensare. E a valutare. E a decidere. Per Franco Ferrarotti, «bisogna tornare a leggere, a meditare sulla pagina. Internet ti dà una miriade di informazioni, ma non ha la critica delle fonti e soprattutto ti estranea da te stesso. La lettura esige fatica e bisogno di concentrazione. Senza concentrazione non c’è autoconsapevolezza, non c’è pensiero profondo. Invece di vivere, si accetta di essere vissuti. I mezzi elettronici sono straordinari e divertenti ma ci rubano a noi stessi, ci allontanano da noi stessi».

Il pensiero si attiva sulla pagina, la tocco con le mani, vado avanti e torno indietro, scrivo sui margini, mi appunto un richiamo. E ha un odore, la carta, diverso da giornale a giornale, da libro a libro. Ha un calore, la carta, diverso da giornale a giornale, da libro a libro. Noi stiamo perdendo odore e calore. È una perdita più grave del valore di un’azione. So che queste righe le ho scritte e le state leggendo sul digitale, ma sono righe in difesa della carta, in difesa del giornale e del libro. Quando è giorno tutte le albe finiscono per sorgere, ma che alba è senza una copia fresca e nitida, come petalo di un fiore? Che alba è senza un pensiero di Montaigne, magari lo stesso che la notte ci era caduto addosso prima di chiudere gli occhi alla vita? E che giorno sarà senza una lettura che ci legga, che ci scruti, che ci dica dove siamo, che ci indichi il cammino?