Gao Xingjian

Gao Xingjian, per un nuovo Rinascimento

Davide D'Alessandro

Il libro del Nobel cinese è un invito alla letteratura autentica, che non si fonda sulla critica sociale, che non accetta l’ingerenza della politica e dei partiti, che non rincorre la moda, che si immerge nel reale, che indaga l’uomo, che sonda la profondità della natura umana

“Ma che goal ha fatto Tizio o Caio!”. Mentre dalla stanza accanto risuona l’ennesima meraviglia urlata del telecronista ipereccitato, mi viene di pronunciare, nel silenzio della mente, la stessa esclamazione: “Ma che libro ha scritto Gao Xingjian!”. Lo faccio senza enfasi, senza toni trionfalistici, poiché di pagine scritte si tratta, ma quanta emozione, signori miei, quanta bellezza e, sommessamente, quanta libertà in Per un nuovo Rinascimento, edito da La Nave di Teseo, con la traduzione di Simona Gallo.

Il Premio Nobel per la Letteratura 2000 è anche pregevole pittore e, all’interno del libro, si possono ammirare alcune sue opere. Una su tutte, Turbamento, sintetizza lo stato d’animo di chi ha alcuni irriducibili avversari: ideologia, ismi di ogni genere, consumismo, Realpolitik. Xingjian mira a recuperare la purezza della letteratura, dell’arte, dello scrittore, dell’artista, e a liberarla da quegli avversari che sono in grado di ridurla, da secoli, a meno di niente: “La letteratura può soltanto essere la voce individuale dello scrittore. Quando lo scrittore si fa rappresentante del popolo o portavoce di una nazione, dovrà urlare fino a perdere la sua voce, ormai ipocrita. Lo scrittore non è l’incarnazione della giustizia né della verità. Lo scrittore non ha meno difetti e fragilità dell’uomo comune, ma a differenza di quest’ultimo può purificarsi attraverso la creazione letteraria. Lo scrittore non è un giudice, non valuta ciò che è giusto o sbagliato, né fa processi alla morale. E soprattutto, lo scrittore non è un superuomo, non può sostituirsi a Dio, sebbene questa malattia dell’io ipertrofico, come pure dell’ideologia di cui si è detto, abbia segnato un’epoca. Se lo scrittore riesce ad affrancarsi da simili illusioni, se con umiltà e chiaroveggenza osserva lucidamente gli infiniti aspetti dell’universo, e se contempla con sguardo distaccato l’io caotico, l’opera generata dalla sua penna potrà allora resistere alla prova del tempo e continuerà a essere letta, ancora e ancora”.

Come quella di Dante, Shakespeare, Balzac, Dostoevskij, Kafka, Joyce, Beckett. Xingjian ha a cuore la letteratura autentica, che non si fonda sulla critica sociale, che non accetta l’ingerenza della politica e dei partiti, che non rincorre la moda, che si immerge nel reale, che “indaga l’uomo, sonda la profondità della natura umana, rivela pene e inquietudini della vita”. Solo così, aderendo non a manifesti o a culture impegnate, ma a una vocazione, a un sentirsi chiamato a creare, a invocare il bello, è possibile un nuovo Rinascimento. Scrive l’autore: “Un Rinascimento è generato dalla profonda consapevolezza di artisti e scrittori. Abilità e talento dipendono dall’individuo stesso, dalla sua volontà di liberarsi dai vantaggi derivanti dall’adesione politica, dalla sua volontà di scavalcare le tendenze del momento e di raggiungere una raffigurazione estetica straordinaria, attraverso la sua intuitività e sensibilità. Un Rinascimento permette ad artisti e scrittori di raggiungere un’ampia libertà, di collocarsi in una dimensione che potere e denaro non potranno mai raggiungere, e di elevarsi spiritualmente. Il processo creativo appaga mente e cuore, tanto che l’autore, incurante del risultato, non smette più di creare. Un Rinascimento può iniziare in questo istante, prendendo vita gradualmente, passo dopo passo, è un processo interminabile e oltremodo ambizioso”.

Ma non si…rinasce per vincere Champions o Nobel, si rinasce per sentirsi umanità, per abbracciarla senza chiedere consensi o applausi, restando sé stessi, per non fingere, per non indossare maschere, per evitare la malattia dell’onnipotenza, di voler cambiare il mondo, di voler discettare sulla verità ultima dell’uomo. Quest’ultima pratica, sostiene Xingjian, lasciamola alla filosofia: “La letteratura prende cognizione dell’uomo affacciandosi alla vita reale. Ricorrere a strumenti filosofici come il paradosso logico o la dialettica non basta per analizzare questo genere di conoscenza. Quando la metodologia filosofica, strumento di speculazione razionale, penetra nell’arte e nella letteratura spesso genera catastrofi. A causa del modello della ‘negazione della negazione’, le rivoluzioni artistiche e letterarie del XX secolo sono diventate strumento di propaganda politica e, com’è stato per la cosiddetta ‘sovversione postmoderna’, deduzioni logiche che annullano l’estetica e cancellano il significato, fino a trasformarsi in un gioco linguistico e concettuale”.

Se l’identità è il male della letteratura, poiché “è una precisa richiesta che gli stati rivolgono alle masse, è un appello della politica verso l’elettorato, e ovviamente lo scrittore non ha bisogno di seguire né di rilanciare questo appello per l’identificazione del popolo in una nazione”; l’estetica della creazione è estetica dell’artista, non del filosofo, poiché “si fonda innanzitutto sull’esperienza individuale: ecco perché, e lo dichiaro serenamente, tratterò della mia personale esperienza, collegandola poi alla mia opinione sulla creazione, per cercare infine di elaborare una formulazione teorica”.

Formulazione teorica di apertura e libertà. Di trascendimento: “La letteratura deve trascendere la politica, resistere al mercato e restare indipendente. E quando lo fa, è progressivamente e inesorabilmente spinta ai margini della vita sociale, scartata dai media e dalle masse. Ma proprio di questo dobbiamo parlare, della letteratura che non serve la politica, che non si sottomette al consumismo e che, mantenendo la propria indipendenza e la propria autonomia, si confronta con i drammi dell’esistenza umana”.

Gao Xingjian invita al risveglio dell’io: “L’io caotico è una catastrofe non solo per l’altro, poiché porta persino alla distruzione del sé. Mettendo in luce quest’io, Freud ha inaugurato la psicoanalisi e insieme ha anche offerto una grande rivelazione alla letteratura moderna”. Attraverso la conoscenza letteraria possiamo rivolgere lo sguardo al nostro interno. Conclude l’autore: “Se l’uomo è in grado di scrutare dentro di sé, di ridere di sé, di trovare la propria armonia interiore, non può forse contemplare la miriade sfaccettata di aspetti di questo mondo infinito e frastornante? E non può forse contemplare con distacco quest’io caotico e irrequieto? È necessario che lo scrittore, con intuizione e discernimento, veda chiaramente luci e ombre, e che le riveli attraverso la letteratura”.

Senza organizzare manifestazioni, cartelli, adunate di popolo. Bastano carta, penna, libertà e consapevolezza. Per un nuovo Rinascimento. Unicuique suum. Si può fare anche dal tavolino di casa. Non è minimalismo. Forse è l’unico modo per cambiare davvero il mondo. Senza pretenderlo.