Alenka Zupanĉiĉ

Alenka Zupanĉiĉ, il sesso tra filosofia e psicoanalisi

Davide D'Alessandro

Il sesso, che ha rilevanza ontologica, è il campo dove le due discipline s’incontrano. La studiosa slovena, nel libro edito da Ponte alle Grazie, rifiuta l’idea di una loro separazione

Non so se, come sostiene Massimo Recalcati, Alenka Zupanĉiĉ abbia dato “una lettura intensa e vibrante di Lacan”. Non so se, come sostiene Slavoj Žižek, abbia scritto “un classico istantaneo…pieno di passione autenticamente filosofica”. So che la studiosa di psicoanalisi lacaniana e di filosofia continentale, docente al Filozofski Inŝtitut dell’Università di Lubiana, ha scritto un libro complesso, da maneggiare con cura, mostrando spiccate capacità d'analisi e grande abilità di movimento tra filosofia e psicoanalisi, tra filosofi e psicoanalisti. Che cosa È il sesso?, edito da Ponte alle Grazie, ha quella È maiuscola e accentata nel titolo, come nell’edizione originale (What IS Sex?) e si presenta così: “Ora non sto scopando con te, sto parlando con te. Ma posso trarne la stessa soddisfazione come se stessi scopando”.

Spiega l’autrice: “È questo l’esempio che fa Lacan per mostrare come la sublimazione possa essere un sostituto della pulsione senza che vi sia alcuna rimozione. Di solito pensiamo che la sublimazione stia al posto del piacere: invece di ‘scopare’, mi metto a parlare (o a scrivere, dipingere, pregare…) – e con questa attività posso raggiungere un soddisfacimento di tipo diverso rispetto a quello ‘mancante’. Le sublimazioni sarebbero dei sostituti del piacere sessuale. La psicoanalisi lacaniana dice però qualcosa di ben più paradossale: anche se l’attività è diversa, la soddisfazione è esattamente la stessa. Il punto non è spiegare il piacere che si prova quando parliamo con la sua ‘origine sessuale’, ma sostenere che questo piacere è esso stesso di tipo sessuale”.

Zupanĉiĉ gioca una partita a campo aperto. Il sesso è il campo dove filosofia e psicoanalisi s’incontrano, dove sesso e ontologia trovano la strada per essere concettualizzati, dove il sesso acquisisce rilevanza ontologica. Il libro nasce da una doppia convinzione: “Innanzitutto che il sesso in psicoanalisi sia un concetto e che indichi una persistente contraddizione della realtà; e poi che questa contraddizione non possa essere circoscritta o ridotta a un livello secondario (come contraddizione tra enti già costituiti), ma che – in quanto contraddizione – riguardi la struttura e l’essere stesso di questi enti”.

Se la stessa psicoanalisi lacaniana tende a rinchiudersi nel proprio recinto e i filosofi tendono a rifugiarsi nella filosofia pura, evitando contatti e contagi, Zupanĉiĉ rifiuta l’idea della separazione: “Il rapporto tra ‘Lacan e la filosofia’ viene affrontato qui nel punto dove la posta in gioco è più alta. Il sesso è la questione che normalmente viene lasciata fuori anche nelle appropriazioni più filosofiche di Lacan e dei suoi concetti; e l’ontologia è Lacan stesso a considerarla come parte del discorso del padrone, giocando con l’omonimia di maître (padrone) e m’être (da être, essere). L’ontologia implica ‘l’essere in riga’, ‘l’essere agli ordini’. Eppure è proprio per questo che ci sembra fondamentale porre la questione ‘del sesso e dell’ontologia’. È qui che si decide dell’incontro di psicoanalisi e filosofia”.

Zupanĉiĉ attraversa la celebre massima lacaniana, non c’è rapporto sessuale, indugia sul tema, la decostruisce per liberarla da letture erronee e per ricavarne la giusta interpretazione; affronta le contraddizioni che contano, il gender, la divisione tra mondo maschile e femminile, il problema ontologico della divisione sessuale; si sofferma sul libro di Quentin Meillassoux, Dopo la finitudine; chiama in causa Alain Badiou; si spinge sulla teoria lacaniana della scienza; si interroga sulla categoria filosofica di “animale umano”; convoca Heidegger con l’essere-per-la-morte; ritorna alla pulsione di morte con Freud. Insomma, mette sul tavolo tutte le carte di cui dispone, compresa quella di Deleuze che, “nonostante adoperi frequentemente i termini freudiani di ‘Eros’ (come piacere) e ‘Thanatos’ (come pulsione di morte), non li considera come due principi in competizione che stanno sullo stesso livello, ma afferma chiaramente il primato della pulsione di morte”.

Mette sul tavolo tutte le carte per dimostrare che “la sessualità (in quanto legata all’inconscio) sia il punto di un corto circuito tra l’ontologia e l’epistemologia: perché quello che manca (che è ‘caduto’) dalla struttura significante dell’essere è che l’inconscio, come forma di sapere, sia legato all’impossibilità dell’essere, implicata e ‘trasmessa’ dalla sessualità. Sostenere che vi sia un cortocircuito singolare tra dimensione ontologica ed epistemologica è, naturalmente, un’affermazione ‘filosofica’ molto forte, eppure fu Freud stesso a suggerirla nella sua analisi del legame tra sessualità e sapere: se la sessualità è un impulso verso il sapere, non lo è tanto perché siamo curiosi riguardo al sesso o perché sublimiamo la mancanza di sesso con la passione per il sapere. Perché non si tratta di una possibile mancanza del sesso, ma di una mancanza nel cuore stesso del sesso, o più precisamente, del sesso come incompletezza strutturale dell’essere”.  

Il finale dedicato ad Adamo ed Eva, al problema che gli artisti dovettero affrontare mentre li dipingevano, al problema degli ombelichi, all’escamotage di allungare la foglia di fico per coprire qualcosa che non c’era, che non poteva esserci, è, per Zupanĉiĉ, la perfetta illustrazione della sua tesi: “E cioè che per coprire ‘il sessuale’ si deve sempre anche – e forse soprattutto? – coprire qualcosa d’altro che non c’è e che tende a sollevare problemi e ambiguità profondamente metafisiche. […] La foglia di fico allungata copre non solo il sessuale, ma anche l’ombelico come segno per eccellenza della ferita lasciata dalla caduta dell’essere nella sessuazione (e nella riproduzione sessuale). Se la sessualità sembra esistere solo a livello ontico, senza una vera e propria dignità ontologica, la ragione non è che non corrisponde a nulla a livello ontologico, ma semmai che corrisponde al gap interno di questo livello ontologico”.

Adesso risultano chiare anche le affermazioni iniziali di Recalcati e Žižek. Alenka Zupanĉiĉ ci consegna un libro per “smuovere dal profondo le acque oggi stagnanti della scena filosofica”. Obiettivo raggiunto brillantemente.