Saskia Sassen

Saskia Sassen, globalizzati ed espulsi

Davide D'Alessandro

Globalizzazione ed espulsione: in due libri della sociologa ed economista statunitense le chiavi di accesso per comprendere fenomeni uniti e distanti

Rileggo Una sociologia della globalizzazione (Einaudi, 2008). Saskia Sassen affronta in tutta la sua complessità il fenomeno della globalizzazione, considerato in una prospettiva innovativa, non riconducibile esclusivamente al tema dell’interdipendenza. Non si limita a un apprezzamento delle istituzioni globali per definizione, quali le Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario Internazionale, né riserva prioritariamente l’attenzione agli stati nazione, nel ruolo di attori esclusivi operanti nel quadro del sistema delle relazioni internazionali. Utilizzando categorie analitiche aggiornate, promuove una riconfigurazione degli elementi portanti della globalizzazione, che permette di superare la contrapposizione tradizionalmente accettata, nazionale/globale e locale/globale.

Da questa angolazione particolare deriva l’originalità dello studio che, attingendo ampiamente, anche se criticamente, alle ricerche nel campo delle scienze sociali, permette all’autrice di portare avanti con successo la propria linea di interpretazione e di analizzare i processi e le formazioni, localizzati in ambiti nazionali e subnazionali, caratteristici del rapporto di interazione stabilitosi con le dinamiche globali. Ne consegue l’individuazione delle reti transnazionali e dei mezzi di collegamento, che sostengono l’articolato sistema di relazioni multidimensional venutosi a creare nei rapporti che riguardano paesi e località. Sono esempi di questa realtà e, in quanto tali, vengono esaminati in una serie di capitoli particolari: le comunità transnazionali, le migrazioni etniche, le città globali, i centri e le istituzioni finanziarie e le catene di merci globali. Soggetti che, alla luce del riposizionamento dello Stato-nazione, operano come attori di primo piano nel contesto del processo glocal affermatosi sul piano mondiale.

Contributo fondamentale al dinamismo della globalizzazione viene fornito dalla rivoluzione digitale, la cui funzione, nel promuovere informazione e comunicazione, riveste un’importanza politica e culturale, oltre che economica, di prima grandezza. Una sociologia della globalizzazione indaga sulla costante interazione sussistente tra quanto avviene nei grandi apparati e fenomeni internazionali e quanto si verifica a livello delle unità di vita locali, dei sistemi di auto-organizzazione delle microcomunità, nazionali e non. Secondo Sassen, il globale trascende gli stati nazionali ma risiede, almeno in parte, nel nazionale. La globalizzazione, dunque, pone una seria sfida alle scienze sociali per una duplice ragione: perché non fa dello Stato-nazione il contenitore del processo sociale, perché annulla la corrispondenza tra nazionale e territorio nazionale.

L’autrice, quindi, vede la globalizzazione non solo nei classici termini di interdipendenza e istituzioni globali, ma anche di nazionale. È un’interpretazione  complessa, che parte da una definizione di globalizzazione e comprende due insiemi di dinamiche: “Uno riguarda la formazione di istituzioni e processi esplicitamente globali, quali il WTO, i mercati finanziari globali, il nuovo cosmopolitismo, i tribunali internazionali dei crimini di guerra. Pratiche e forme organizzative per il cui tramite tali dinamiche costituiscono ciò che si ritiene globale per eccellenza […]. Il secondo insieme di dinamiche comprende processi la cui scala non è, necessariamente, un tale livello di globalità, ma che fanno parte della globalizzazione. Processi che avvengono all’interno di territori e domini istituzionali che sono stati ampiamente costruiti in termini nazionali in gran parte del mondo, seppure, certamente, non in tutto il mondo. Pur essendo localizzati in ambiti nazionali, e persino subnazionali, questi processi fanno parte della globalizzazione perché concernono sia reti trasnsconfinarie ed entità che connettono molteplici processi e attori locali o “nazionali”, sia la ricorrenza di particolari questioni o dinamiche in numero crescente di paesi o località”.

Gli attuali processi e formazioni globali si presentano con forme specifiche, la più importante delle quali è la preminenza della scala nazionale e dell’autorità esclusiva dello Stato sul proprio territorio. Le vecchie gerarchie di scala, tuttavia, stanno destabilizzandosi. Se lo Stato-nazionale mantiene ancora un’autorità nel proprio territorio, città globali e mercati globali si caratterizzano come componenti sopranazionali dotati di notevole importanza. Nuove scalarità si affiancano alle vecchie, in un processo che l’autrice definisce re-scaling. Scrive Sassen: “Le vecchie gerarchie di scala, costituitesi come parte dello sviluppo dello Stato-nazione, continuano a operare, ma in un campo assai meno esclusivo rispetto al recente passato. Ciò vale anche quando teniamo conto del potere egemonico di pochi stati, ossia del fatto che, come in passato, la maggior parte degli stati nazionali non è in pratica, totalmente sovrana». Inoltre, i vari processi di globalizzazione si caratterizzano per la loro multiscalarità: «più si globalizzano e si digitalizzano le operazioni di imprese e mercati, più la loro sede centrale e le funzioni di servizio specializzate diventano strategici e complessi”. Era soltanto il 2008. Tanta acqua è già passata sotto i ponti e sul termine globalizzazione in tanti hanno steso un pietoso velo, in tanti l’hanno dichiarata finita. In realtà, ha cambiato pelle ma continua a impregnare le nostre vite. Indietro non si torna, ma tutto si trasforma.

Anche Sassen, dopo aver studiato il fenomeno aprendolo alla ricaduta sulle città e sugli individui, globalizzati e scontenti, da anni si occupa di un nuovo fenomeno, sempre all’interno di un’economia complessa e brutale: l’espulsione (il Mulino, 2015): “Siamo di fronte a una serie - imponente e diversificata - di espulsioni che segnalano una più profonda trasformazione sistemica, che viene parzialmente documentata nei diversi studi specialistici, ma che non è narrata 
come una dinamica onnicomprensiva che ci sta conducendo in una nuova fase del capitalismo globale. E della distruzione globale. Potrei citare il crescente numero degli indigenti; degli sfollati nei paesi poveri ammassati nei campi profughi formali o informali; dei discriminati e perseguitati nei paesi ricchi depositati nelle prigioni; dei lavoratori i cui corpi sono distrutti dal lavoro e resi superflui a un’età troppo giovane; della popolazione attiva considerata in eccesso che vive nei ghetti e negli slum. Ma anche gli imprenditori ‘fuori mercato’ o le famiglie senza casa per un pignoramento. E potrei aggiungere le parti della biosfera espulse dal loro spazio vitale a causa delle tecniche estrattive o dell’accaparramento di terre”. Espulsione è il nuovo termine su cui riflettere. Fa rima con globalizzazione?