Europa Ore 7

L'Ue potrebbe lasciare il Donbass a Putin

Sanzioni in arrivo anche per la Bielorussia e per Dodik in Bosnia Erzegovina. Al Consiglio Affari generali torna la procedura dell'articolo 7 per la Polonia; passi avanti sul piano di Recovery. L'Unhcr condanna le violenze contro i rifugiati alle frontiere europee, le difficoltà di Pécresse in Francia

David Carretta

Quelle annunciate ieri sera sono solo sanzioni individuali mirate, con le quali l'Unione europea congelerà le attività economiche e vieterà l'ingresso a persone fisiche o entità coinvolte nel riconoscimento delle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk

Per la seconda volta in otto anni, Vladimir Putin sta ridisegnando i confini dell'Europa con la minaccia della forza e l'Unione europea sembra pronta a farglielo fare a giudicare dalla debole reazione di fronte alla sua decisione di riconoscere l'indipendenza delle due repubbliche autoproclamate del Donbass. Dopo una giornata drammatica, che si era aperta con la prospettiva di un vertice tra Joe Biden e lo stesso Putin, ieri il presidente russo ha tenuto un lungo discorso per spiegare la sua decisione durante il quale ha anche minacciato esplicitamente l'Ucraina. La leadership dell'Ue – Charles Michel, Ursula von der Leyen, Josep Borrell e Roberta Metsola – ha reagito con un tweet fotocopia per denunciare “una palese violazione del diritto internazionale, dell'integrità territoriale dell'Ucraina e degli accordi di Minsk. L'Ue e i suoi partner reagiranno con unità, fermezza e determinazione in solidarietà con l'Ucraina”. In un comunicato congiunto uscito un'ora dopo, i presidenti del Consiglio e della Commissione hanno annunciato “sanzioni contro chi è coinvolto in questo atto illegale”. Gli ambasciatori degli stati membri si riuniranno questa mattina per varare le prime misure restrittive in tempi rapidi. Ma, per ora, sono solo sanzionette, ben lungi dal pacchetto massiccio che l'Ue aveva promesso in caso di ulteriore aggressione russa all'Ucraina.

Perché sono solo sanzioni minime? Quelle annunciate ieri sera sono solo sanzioni individuali mirate, con le quali l'Ue congelerà le attività economiche e vieterà l'ingresso a persone fisiche o entità coinvolte nel riconoscimento delle due repubbliche autoproclamate del Donbass. Misure simili erano state adottate nel 2014 contro la Russia per l'annessione della Crimea, senza che abbiano dato alcun risultato. Se Putin si fermasse alle zone ribelli pro-russi lo scenario potrebbe essere analogo a quello di allora: occupazione da parte della Russia grazie all'accordo di assistenza, finte elezioni e referendum e una possibile annessione. Alcuni dentro l'Ue scommettono su questo scenario, con il quale Putin potrebbe aver trovato una via d'uscita alla crisi, accontentandosi di una parte del Donbass. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ieri in tarda sera aveva auspicato “sanzioni europee”, salvo aggiungere l'aggettivo “mirate”. Ma il presidente russo ha smentito gli inguaribili ottimisti e i profeti delle soluzioni diplomatiche. Pochi minuti dopo il comunicato dell'Eliseo, Putin ha ordinato alle truppe russe di entrare nelle repubbliche autoproclamate del Donbass come forze di “mantenimento della pace”.

Nonostante i soldati russi stiano entrando nelle zone ribelli, formalizzando l'invasione dell'Ucraina, questa notte c'era ancora chi minimizzava dentro la leadership dell'Ue. “L'invasione di quei territori è avvenuta nel 2014”, ci ha detto una fonte dell'Ue: “il grado di gravità dell'invasione dipenderà da in quali territori, o parte di questi, (i russi) entreranno”. L'idea è sacrificare i territori del Donbass in mano ai ribelli dietro alla linea di contatto, quasi come non fosse successo nulla, incrociando le dita per un'altra Crimea. In realtà, molti analisti dubitano che, dopo il discorso di ieri nel quale ha ribadito di considerare l'Ucraina come parte della Russia, Putin sia pronto a fermarsi. La decisione di ieri mette fine agli accordi di Minsk e al quadro negoziale su cui puntavano Francia e Germania. Le oltre 180 mila truppe in assetto da combattimento vicine alla frontiera ucraina costituiscono una minaccia reale. Le intelligence degli Stati Uniti e del Regno Unito ritengono che l'ordine di attacco sia già partito e che tra gli obiettivi di Putin ci sia la conquista della capitale, Kiev. Sul Foglio Micol Flammini spiega come la Russia ha annichilito gli slanci diplomatici, ha riscritto la storia di Kiev e della Nato, e sta preparandosi a cancellare l'Ucraina dalla mappa. Come se non bastasse, dalla riunione del Consiglio di sicurezza russo alla firma dei decreti, tutto era pre registrato.

Sul Foglio spieghiamo il dilemma dell'Ue sulle sanzioni: i ministri degli Esteri dei ventisette ieri non solo hanno ignorato l'appello dell'Ucraina di adottare misure prima di un attacco, ma rimangono divisi su quale evento (a Bruxelles lo chiamano “trigger”) dovrebbe far scattare le sanzioni massicce e senza precedenti contro la Russia. Dopo la firma di Putin sul riconoscimento delle repubbliche autoproclamate del Donbass, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha escluso la convocazione immediata di un vertice straordinario dei leader. Il comunicato sulle sanzioni individuali è stato pubblicato dopo un giro di consultazioni con le principali capitali. Germania, Francia e Italia sono tra i paesi che frenano di più. I paesi dell'Est sono in rivolta contro di loro. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha chiesto un vertice straordinario. La mancata reazione dell'Ue è “una vergogna”, ci ha detto un diplomatico di uno stato membro dell'Europa centrale e orientale. Saranno ancora una volta gli Stati Uniti a costringere l'Ue e tutti i suoi stati membri a fare sul serio? Oppure l'Ue lascerà a Putin quella parte del Donbass che sta dietro la linea di contatto?

 


Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 22 febbraio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


 

Sanzioni in arrivo anche per la Bielorussia - Nel Consiglio Affari esteri di ieri, i ministri dei paesi Baltici sono usciti sconfitti sulla loro richiesta di sanzioni preventive contro la Russia. Ma almeno i ministri degli Esteri di Lettonia, Lituania e Estonia sembrano aver fatto breccia sulla possibilità di sanzionare la Bielorussia, dopo che Alexander Lukashenka ha messo a disposizione di Putin il suo territorio e forse il suo esercito per minacciare l'Ucraina. “Se c'è partecipazione delle istituzioni o del territorio bielorusso (…) la Bielorussia dovrà essere sanzionata sullo stesso livello della Russia”, ha detto l'Alto rappresentante, Josep Borrell, al temine del Consiglio Affari esteri. Nel frattempo, i paesi Baltici hanno chiesto di chiudere le “falle” dell'attuale pacchetto di sanzioni contro Alexander Lukashenka che permettono alla Bielorussia di continuare a esportare potassio per i fertilizzanti e prodotti petroliferi.

Il rischio della Bielorussia russa per la sicurezza dell'Ue - Il tema della sovranità della Bielorussia e delle implicazioni per la sicurezza dell'Europa è sempre più urgente. “All'ombra del conflitto russo-ucraino, abbiamo visto più o meno un'annessione della Bielorussia, almeno militarmente, da parte della Russia. Lukashenka ha ceduto la sovranità della Bielorussia”, ha spiegato il ministro degli Esteri dell'Austria, Alexander Schallenberg. “La decisione di mantenere le truppe russe non so per quanto, ma pare per sempre, dimostra che il paese ha perso la sua sovranità”, ha detto il ministro degli Esteri dell'Estonia, Edgars Rinkēvičs. “In Bielorussia quello che vediamo è una lenta occupazione del territorio e dello stato bielorusso”, ha spiegato il suo collega della Lituania, Gabrielius Landsbergis: “Il prossimo referendum sulla costituzione che rimuove la clausola della neutralità” della Bielorussia “cambia drammaticamente la situazione nella nostra regione. I tre paesi Baltici ritengono che il rafforzamento della frontiera orientale (della Nato) sia ancor più necessario”.

Sanzioni come ultima istanza per Dodik in Bosnia Erzegovina - L'Alto rappresentante, Josep Borrell, ieri ha frenato di fronte alla possibilità di adottare delle sanzioni contro il leader nazionalista serbo della Bosnia Erzegovina, Milorad Dodik, che minaccia la secessione della Republika Srpska. Il tema era all'ordine del giorno della riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue di ieri. “Chiediamo ai leader politici di preservare la costituzione e assicurare il pieno ritorno alle istituzioni dello stato bosniaco”, ha detto Borrell: "Non c'è posto in Europa per una Bosnia Erzegovina divisa. Quelli che lavorano in questo senso privano i loro cittadini di una prospettiva e vita europea prospera". L'Ue è pronta a "usare tutti gli strumenti disponibili se la situazione lo richiede. Questo richiede assistenza finanziaria e misure restrittive. Ma (le sanzioni) saranno usate in ultima istanza. Preferiamo il dialogo tra le parti”, ha spiegato Borrell.

Al Consiglio Affari generali torna la procedura dell'articolo 7 per la Polonia - Dopo otto mesi di silenzio, complici anche la presidenza slovena dell'Ue e l'emergenza del Covid-19, la Polonia torna sul banco degli imputati al Consiglio Affari generali di oggi. I ministri degli Affari europei dibatteranno della procedura dell'articolo 7 aperta contro il governo di Varsavia per il rischio di violazione sistematica dello stato di diritto. “L'essenziale delle discussioni riguarda l'indipendenza dell'autorità giudiziaria”, ci ha detto un diplomatico dell'Ue. “Ci sono delle evoluzioni. Vediamo che ci sono delle discussioni in Polonia. Ci sono state sentenze della Corte di giustizia. E' normale fare uno stato dell'arte per vedere a che punto è la Polonia su tutte le difficoltà che abbiamo constatato sull'indipendenza del potere giudiziario”. La fase delle sanzioni previste dall'articolo 7 non può essere attivata, perché serve l'unanimità e l'Ungheria protegge la Polonia. La presidenza francese del Consiglio dell'Ue ha anche deciso di rinviare a giugno l'audizione dell'Ungheria nell'ambito della procedura dell'articolo 7 per evitare di interferire nella campagna in vista delle elezioni del 3 aprile.

Tempi lunghi per il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto - Malgrado la sentenza della Corte di giustizia dell'Ue che la scorsa settimana ha dato il via libera al meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto, dovrebbero servire altre due o tre settimane alla Commissione per completare il lavoro sulle linee guida del regolamento che da la possibilità di tagliare i fondi comunitari ai paesi che non rispettano lo stato di diritto. Solo allora la Commissione deciderà se inviare notifiche formali a Polonia e Ungheria per constatare le violazioni dello stato di diritto connesse con il bilancio comunitario. La tempistica dovrebbe permettere a Viktor Orbán di evitare l'imbarazzo di essere preso di mira dall'Ue in campagna elettorale. Il ministro francese degli Affari europei, Clément Beaune, ieri ha giustificato l'attendismo della Commissione. Inviare la notifica all'Ungheria “ora è una scelta di opportunità” perché “ci sono elezioni”. Secondo Beaune, “bisogna decidere se agire in campagna elettorale è pertinente”.

Passi avanti sul piano di Recovery della Polonia - Clément Beaune ieri ha confermato le voci che circolano a Bruxelles da alcune settimane sulla possibile svolta sul piano nazionale di ripresa e resilienza della Polonia, dopo la promessa del presidente Andrzej Duda di riformare il regime disciplinare dei giudici. “Sulla Polonia nelle ultime settimane ci sono dei segnali positivi”, ha detto il ministro francese degli Affari europei, conversando con alcuni giornalisti. “La nostra speranza è un accordo” tra la Commissione e Varsavia “perché permetterebbe di dimostrare che ci sono progressi in Polonia”, ci ha detto un diplomatico di uno stato membro. Per contro, “la Commissione non vuole più discutere nel breve periodo con l'Ungheria”, ha aggiunto Beaune. L'obiettivo della Commissione fare tutto il possibile per evitare uno scontro aperto con Orbán prima delle elezioni del 3 aprile. Sabato il premier ungherese ha annunciato che userà fondi nazionali per compensare il mancato via libera della Commissione al suo piano nazionale di Recovery e ai relativi finanziamenti. Orbán ha anche spiegato di aspettarsi che i fondi del Recovery fund arriveranno nel corso dell'anno.

Al Consiglio europeo di marzo il rinnovo del mandato a Michel - A sentire Clément Beaune, la conferma di Charles Michel come presidente del Consiglio europeo sarà una formalità, nonostante alcune voci nel campo socialista insistano nel dire che il suo posto potrebbe essere rimesso in discussione. Il mandato di Michel è di due anni e mezzo, in scadenza a giugno, con la possibilità di un solo rinnovo. “Su Michel non c'è ancora stata una discussione” tra i governi, ha spiegato ieri Beaune. “Ma se si guarda ai precedenti è una decisione al Consiglio europeo nel mese di marzo prima della scadenza”.
 

L'Unhcr condanna le violenze contro i rifugiati alle frontiere europee - L'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, guidato dall'italiano Filippo Grandi, ieri si è detto "profondamente preoccupato" per l'aumento degli "incidenti di violenza e gravi violazioni dei diritti umani contro rifugiati e migranti a varie frontiere europee, diversi dei quali sono risultati nella tragica perdita di vite umane". L'Unhcr ha denunciato "violenza, maltrattamenti e e respingimenti" sia a terra sia in mare. Nel comunicato firmato da Grandi, l'Unhcr si dice particolarmente allarmato dalla situazione in Grecia e nei paesi dell'Europa centrale e sud-meridionale. Migliaia di migranti intervistati dall'Unhcr sono stati vittime di respingimenti, minacce, intimidazioni violenze e umiliazioni. "Con poche eccezioni, gli Stati europei non hanno indagato su tali rapporti, nonostante prove crescenti e credibili. Per contro, vengono eretti muri e recinzioni" e "alcuni rifugiati potrebbero essere stati rimpatriati nel loro paese di origine, nonostante i rischi che hanno affrontato lì, che potrebbero essere in contrasto con il principio legale internazionale di non respingimento", ha detto Grandi: "Ciò che sta accadendo alle frontiere europee è legalmente e moralmente inaccettabile e deve finire".


Nessuna svolta e nessun fallimento sul Protocollo irlandese della Brexit - L'incontro di ieri tra il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic, e il ministro degli Esteri britannico, Liz Truss, per cercare di uscire dallo stallo sul Protocollo irlandese dell'accordo Brexit si è concluso con l'ennesimo nulla di fatto. I due hanno ribadito “la determinazione di entrambe le parti a garantire che le questioni in sospeso nel contesto del Protocollo siano affrontate e vengano trovate soluzioni durature a beneficio dei cittadini, delle imprese e della stabilità nell'Irlanda del nord”. L'Ue continua a chiedere controlli sulle merci in provenienza dalla Gran Bretagna perché non finiscano nella Repubblica d'Irlanda (sono stati registrati alcuni casi), mentre il Regno Unito continua a rifiutarli. Londra vuole escludere la Corte di giustizia dell'Ue, la Commissione continua a rifiutarlo. Morale: da quanto ci è stato riferito, i negoziati dovrebbero entrare in una fase silenziosa fino alle elezioni locali di maggio nel Regno Unito, quando sarà rieletta anche l'Assemblea dell'Irlanda del nord.

Le difficoltà di Pécresse in Francia - La campagna della candidata del Républicains alle presidenziali in Francia, Valérie Pécresse, sta perdendo sempre più slancio. Il problema non è solo la concorrenza di Eric Zemmour e Marine Le Pen all'estrema destra. Come spiega sul Foglio Paola Peduzzi, tra i gollisti francesi ci sono molte divisioni e Pécresse è messa continuamente in discussione. Ha iniziato l'ex presidente Nicolas Sarkozy facendo il vago sul suo sostegno alla candidata del suo partito, ma ora è il turno dell'ingombrante Eric Ciotti.

 


Accade oggi in Europa

– Consiglio Affari generali

– Presidenza francese dell'Ue: riunione informale dei ministri dei Trasporti

– Commissione: discorso del commissario Gentiloni a una conferenza sulla governance economica europea organizzata dalla Direzione generale Ecfin e dal Comitato economico e sociale

– Commissione: visita della commissaria Johansson in Polonia

– Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell presiede il forum ministeriale per la cooperazione Indo-Pacifica

– Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza

– Parlamento europeo: visite di delegazioni parlamentari in Libano, Messico, Senegal, Lussemburgo e Stati Uniti

– Corte di giustizia dell'Ue: conclusioni dell'avvocato generale nella causa Sea Watch

– Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sulle sigarette non conformi ai livelli massimi di emissione; sentenza sulla possibilità per uno stato membro di respingere una domanda di asilo a una persone a cui un altro stato membro ha già concesso protezione internazionale; sentenza sul regime delle sanzioni disciplinari dei giudici in Romania; sentenza sul mandato d'arresto europeo della Polonia

– Eurostat: dati sull'agricoltura biologica nel 2020