Europa Ore 7

Michel si prende l'Ue geopolitica

Dalla Georgia all'Ucraina, il presidente del Consiglio europeo è diventato il principale attore della politica estera europea

David Carretta

Con la pandemia di Covid-19 le priorità sono cambiate. Altre urgenze, come la creazione del Recovery fund e le polemiche sui vaccini, hanno assorbito tempo e energie della presidente della Commissione. Ma, ogni volta che sono emerse tensioni ai confini dell'Ue (dalle provocazioni della Turchia nel Mediterraneo centrale alla truppe russe ai confini dell'Ucraina), von der Leyen ha brillato per la sua assenza

Dimenticate la Commissione geopolitica di Ursula von der Leyen. E' il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che si sta profilando come il principale attore dell'azione geopolitica dell'Ue. E la ragione potrebbe apparire paradossale: von der Leyen, dove aver battezzato la sua Commissione come geopolitica e aver inaugurato il suo mandato con un viaggio in Etiopia per mostrare la sua attenzione per l'Africa, sta abdicando a qualsiasi responsabilità di politica estera. Con la pandemia di Covid-19 le priorità sono cambiate. Altre urgenze, come la creazione del Recovery fund e le polemiche sui vaccini, hanno assorbito tempo e energie della presidente della Commissione. Ma, ogni volta che sono emerse tensioni ai confini dell'Ue (dalle provocazioni della Turchia nel Mediterraneo centrale alla truppe russe ai confini dell'Ucraina), von der Leyen ha brillato per la sua assenza. L'unica occasione in cui ha brillato sulla scena internazionale è stata per colpa... di Michel con il “Sofa gate”. O meglio: del protocollo del presidente del Consiglio europeo, che non aveva avuto l'accortezza di assicurare a von der Leyen una sedia adeguata nel loro viaggio ad Ankara per incontrare Recep Tayyip Erdogan.

L'Alto rappresentante, Josep Borrell, non ha saputo essere d'aiuto a von der Leyen. Con le mani legate dalle divisioni dei 27 sui diversi temi di politica estera, Borrell passa il suo tempo a mediare più tra i governi europei che con i paesi terzi. Così il vuoto è stato riempito da Michel. Ultimo caso in ordine di tempo è il successo del presidente del Consiglio europeo in Georgia. Questa settimana Michel ha convinto i partiti di governo e di opposizione a porre fine a una crisi politica che avrebbe potuto destabilizzare ulteriormente questo paese del Caucaso, che aspira all'Europa ma rischia di essere preda della Russia.

Qualcosa di simile è accaduto ieri, quando Michel ha avuto una conversazione telefonica con il premier della Repubblica ceca, Andrej Babiš, sul conflitto che si è aperto con Mosca dopo che Praga ha espulso 18 diplomatici russi. I cechi hanno attribuito alla Russia la responsabilità dell'esplosione di un deposito di armi sul suo territorio nel 2014 che ha provocato la morte di due persone, hanno chiesto all'Ue un'azione comune con l'espulsione coordinata di diplomatici russi. Von der Leyen è rimasta silenziosa. Borrell non ha risposto. Michel almeno ha espresso a Babiš “piena solidarietà con tutti gli stati membri oggetto di attività russe che minacciano la sicurezza e gli interessi dell'Ue”.

Tra gli episodi imbarazzanti per la presidente della Commissione ce n'è uno sull'Ucraina. Il capo-gabinetto di von der Leyen ha provocato una mezza crisi diplomatica, rispondendo direttamente a un invito del presidente Volodymyr Zelensky a andare a Kiev per un summit sulla Crimea e l'anniversario dell'indipendenza del paese. Al di là del protocollo, la risposta di von der Leyen è stata un “no”, che in piena crisi tra Russia e Ucraina poteva essere letto come un messaggio politico. Michel ha preso il telefono in mano, ha chiamato Zelensky per esprimere il sostegno dell'Ue di fronte alla Russia e ha garantito che lui sarà a Kiev il 23 agosto. Il rifiuto di von der Leyen crea un problema a Zelensky, che voleva organizzare in quell'occasione anche il vertice annuale Ucraina-Ue. Ma non sarebbe la prima volta che von der Leyen è assente in un summit con Kiev. Anche il 6 ottobre scorso si era fatta rappresentare da Borrell nel vertice Ue-Ucraina, mostrando un certo disinteresse per Kiev.

L'Etiopia è un altro esempio dell'abdicazione geopolitica di von der Leyen. Nei primi giorni del dicembre 2019, appena entrata in carica, la presidente della Commissione era volata a Addis Abeba, dove ha sede l'Unione Africana. Il suo primo viaggio serviva ad annunciare una "partnership tra pari" con l'Ue. Il primo ministro etiope, Abiy Ahmed, aveva appena ricevuto il Premio Nobel per la Pace per aver posto fine alla guerra con l'Eritrea. Era un'ottima "photo opportunity" con un leader africano con forti credenziali riformatrici. Ma quando è scoppiata la guerra nel Tigray, von der Leyen ha lasciato il dossier a Borrell, che a sua volta lo ha affidato al ministro degli Esteri finlandese, Pekka Olavi Haavisto. Quanto al “Sofa gate” di Ankara, la scorsa estate von der Leyen non era quasi mai intervenuta mentre Erdogan andava avanti con le esplorazioni nel Mediterraneo orientale. A parte qualche tweet aveva lasciato a Michel il compito di negoziare con il presidente turco e elaborare l'agenda positiva per tentare di arrivare a una de-escalation. Libia o Egitto non rientrano nel radar di von der Leyen. La Cina solo quando fa notizia. Ma gli annunci della presidente della Commissione che sono finiti nei titoli dei giornali – come la minaccia di sanzioni per Hong Kong – non si sono mai concretizzati.

Nelle occasioni importanti, come il summit sul clima organizzato da Joe Biden, von der Leyen c'è sempre. Ieri ha parlato prima di Michel per dire che “l'Europa sarà il primo continente neutrale sul clima, ma non vuole essere l'unico”. Nel frattempo a Bruxelles scoppiava un altro piccolo scandalo. Diversi ambasciatori di paesi terzi presso l'Ue - compresi quelli di Canada e Giappone - non sono ancora ufficialmente accreditati. Politico.eu ha rivelato che hanno presentato le credenziali a Michel, ma non sono ancora riusciti a farlo con von der Leyen. Pur essendo arrivati a Bruxelles da mesi e avendo chiesto un appuntamento alla presidente della Commissione, von der Leyen sarebbe troppo occupata per riceverli. “La presidente della Commissione riceve gli ambasciatori designati per la presentazione delle loro lettere credenziali quando è consentito dalla sua agenda e in stretta osservanza delle misure sanitarie pubbliche applicabili e dalla situazione epidemiologica”, ci ha detto un portavoce della Commissione.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di venerdì 23 aprile, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

La Russia annuncia un ritiro - Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha annunciato il ritorno alle loro caserme di decine di migliaia di soldati inviati alla frontiera con l'Ucraina, dichiarando che le esercitazioni sono concluse, anche se le truppe rimarranno in allerta. "La riduzione delle truppe alla nostra frontiera riduce proporzionalmente la tensione", ha reagito il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, dicendosi grato con i partner per il sostegno. A proposito di Russia, sul Foglio Micol Flammini spiega le due Russie senza erede. Vladimir Putin e Alexei Navalny condividono un’unica cosa: non hanno un successore. Ecco perché si spingono ogni giorno più in là in una lotta che non è ad armi pari. La presidenza a vita e lo sciopero della fame.

La Polonia contro Nord Stream 2 - Nel frattempo, il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha chiesto alla Germania di fermare il completamento del gasdotto Nord Stream 2 usando parole particolarmente dure. “Ci sono voci tedesche che dicono che non c'è differenza tra una molecola di gas che arriva attraverso Nord Stream 1 o Nord Stream 2 in futuro e una molecola di gas che arriva attraverso l'Ucraina, la Bielorussia, la Polonia o la Turchia. C'è un'enorme differenza. Forse non c'è differenza sulla composizione chimica, ma c'è una differenza politica, una differenza sociale e una differenza per la sicurezza dell'Europa”, ha detto  Morawiecki, in una conferenza stampa con il premier sloveno, Janez Janša. “Nord Stream 2 è un progetto tedesco-russo che destabilizza l'Europa”, ha spiegato  Morawiecki: “chiediamo alla Germania di ritirarsi dal progetto”.

La Commissione pensa a portare in tribunale AstraZeneca - Alla riunione del Coreper di oggi, gli ambasciatori dei 27 stati membri dovranno decidere se portare AstraZeneca in tribunale contestando il mancato rispetto del contratto per i ritardi nelle forniture di dosi del suo vaccino. L'ipotesi è stata messa sul tavolo del Coreper mercoledì dalla Commissione. Anche se “nessuna decisione è stata presa sull'azione legale – ha detto ieri un portavoce della Commissione – stiamo guardando a tutte le opzioni disponibili”. Il portavoce ha ricordato che “queste decisioni sono prese dalla Commissione insieme agli stati membri”. Nel frattempo l'Ue ha deciso di non attivare l'opzione per l'acquisto di altri 100 milioni di dosi da AstraZeneca, oltre ai 300 milioni previsti dall'accordo di acquisto anticipato concluso ad agosto 2020. “La scadenza per esercitare l'opzione è già passata. Non sarà attivata”, ha detto il portavoce. Per Johnson&Johnson, invece, non è stata ancora presa una decisione.

Italia penultima del secondo plotone in Ue per dosi somministrate - L'Italia si colloca al penultimo posto del secondo plotone di paesi per numero di dosi somministrate, secondo un documento presentato dalla Commissione agli ambasciatori dei 27 e rivelato a Bloomberg. I due fuggitivi sono Malta e Ungheria, dove il 66,9 per cento e il 54,6 per cento degli adulti hanno ricevuto almeno una dose. Il plotone degli inseguitori è guidato da Estonia (34,9 per cento), Austria (33,8), Lituania (33,7), Spagna (33,3), Lussemburgo (33,1), Paesi Bassi (32,9), Belgio (32,8), Francia (32,6), Irlanda (32,5), Finlandia (32,4), Germania (31,6), Italia (30,5), Portogallo (30,3). Il terzo plotone è composto da Slovacchia (29,3), Svezia (28,7), Grecia (28,7), Polonia (28,6), Repubblica ceca (28,5), Cipro (28,3), e Romania (27,3). In grande ritardo sono Croazia (19,7), Lettonia (13,7) e Bulgaria (11,1).

Dall'Ue 52 milioni di dosi al Giappone - Il Giappone è il principale beneficiario davanti al Regno Unito delle esportazioni di vaccini dall'Unione europea. Secondo i raccolti dalla Commissione sulla base del meccanismo di trasparenza e controllo delle esportazioni, il Giappone ha ricevuto 52,4 milioni di dosi tra il 31 gennaio e il 19 aprile. Al secondo posto c'è il Regno Unito con 16,2 milioni, uno in più rispetto alla scorsa settimana. Nella top ten seguono Canada (12,8 milioni), Messico (8,8), Arabia Saudita (5,3), Svizzera (4,5), Turchia (3,8), Singapore (3,2), Colombia (3,1) e Hong Kong (2,6). Nel frattempo, il Guardian ha rivelato che Covax - l'iniziativa globale per la condivisione dei vaccini - ha ricevuto solo un quinto delle dosi previste. La colpa? Di AstraZeneca, che avrebbe consegnato 40,2 milioni rispetto ai 187,2 milioni di dosi promesse entro la fine di maggio.

Il Portogallo presenta il piano Recovery, Draghi finalizza la bozza - Il Portogallo è il primo paese a inviare formalmente il suo piano nazionale di ripresa e resilienza alla Commissione. "Saluto positivamente questa importante pietra miliare", ha detto Ursula von der Leyen. Il premier portoghese, Antonio Costa, ha chiesto alla Commissione di esaminare i piani nazionali in modo "rapido" per fare in modo che i primi siano approvati "all'Ecofin del 18 giugno". In Italia Mario Draghi è al lavoro per rispettare la scadenza del 30 aprile. Dalla bozza emergere la volontà di ricostruire il paese scommettendo sulla concorrenza, combattendo la corruzione, semplificando le leggi ed eliminando i colli di bottiglia che tengono in ostaggio il paese. Sul Foglio il direttore Claudio Cerasa spiega il Recovery da sogno e il vincolo esterno può salvare l'Italia.

Eurostat certifica debiti record nell'Ue - Eurostat ieri ha pubblicato la prima notifica sui conti pubblici nel 2020, confermando i livelli di debito record rispetto al Pil raggiunti in gran parte degli stati membri a causa della crisi provocata dal Covid-19. I deficit più alti sono stati registrati in Spagna (11 per cento), Malta (10,1 per cento), Italia (9,5 per cento), Belgio (9,4 per cento) e Francia (meno 0,2 per cento). Tutti gli stati membri hanno registrato deficit superiori al 3 per cento, tranne la Danimarca il cui disavanzo si è fermato al 1,1 per cento. Quanto al debito pubblico, il più alto è stato registrato in Grecia (205,6 per cento), seguita da Italia (155,8 per cento), Portogallo (133,6 per cento), Cipro (118,2 per cento) e Francia (115,7 per cento). I livelli più bassi di debito sono quelli di Estonia (18,2 per cento) e Lussemburgo (24,9 per cento). La Germania ha contenuto i danni con un deficit del 4,2 per cento e un debito del 69,8 per cento. La spesa pubblica nell'area euro è stata equivalente al 54,1 per cento del Pil con entrate pari al 46,8 per cento.

Il debito usato bene di Lagarde - Dopo il “debito buono” di Mario Draghi, il suo successore alla testa della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ieri ha parlato di “debito usato bene” per uscire dalla pandemia. Se gli stati membri dell'area euro emettono più debito per superare la crisi e adottare riforme che aumentino la produttività, “allora quello è debito usato bene”, ha detto Lagarde nella conferenza stampa al termine del consiglio dei governatori della Bce. Lagarde ha giustificato la necessità di superare il 3 per cento di deficit per tenere a galla le economie. Ma ha comunque espresso qualche dubbio per il dopo pandemia. Per il futuro “la vera domanda è che uso si fa del debito”, ha detto Lagarde. La presidente della Bce ha anche invitato gli stati membri a fare in modo che il Recovery fund “diventi operativo senza ritardo”. Infine Lagarde ha spiegato che è "prematuro" iniziare a discutere di una riduzione degli acquisti di titoli pubblici.

Occhio all'illusione sui consumi motore della ripresa - In aprile l'indice della fiducia dei consumatori è tornata sopra la sua media di lungo periodo, sia nella zona euro sia nell'Ue, secondo la stima flash della Commissione. Nella zona euro la fiducia dei consumatori ha recuperato 2,7 punti collocandosi a quota -8,1 contro un media di lungo periodo di -10,6. Nell'Ue è salita di 3,1 punti a quota -9,0 contro una media di lungo periodo di -11,1. Ma attenzione a non scommettere sui consumi per la ripresa, immaginando che i risparmi accumulati duranti i lockdown saranno utilizzati. La Commissione europea si è posta la domanda nel suo ultimo rapporto trimestrale sugli indicatori del ciclo economico: "I consumatori salveranno la ripresa dell'Ue?". La risposta sostanzialmente è “no”. Perché i dati sui risparmi mostrano un'altra realtà: crescere sono stati il gap generazionale e la disuguaglianza. In un editoriale il Foglio spiega che gli ammortizzatori del Covid-19 di cui l'Europa si vanta hanno aggravato le divergenze tra garantiti e non-garantiti. Il tema è politicamente tabù. Ma rischia di rallentare la ripresa europea e provocare un grave conflitto generazionale.

Il Parlamento europeo martedì ratifica l'accordo post Brexit - La conferenza dei presidenti del Parlamento europeo ha deciso di mettere all'ordine del giorno della plenaria della prossima settimana la ratifica dell'accordo tra Ue e Regno Unito sulle relazioni future. Il voto, previsto martedì (i risultati saranno annunciati solo mercoledì mattina per le procedure a distanza), era stato rinviato per la decisione del governo di Boris Johnson di mettere in discussione il Protocollo sull'Irlanda del nord dell'accordo Brexit. Ma c'è un precipizio da evitare: il periodo di applicazione provvisoria dell'accordo di libero scambio, che evita i dazi e le quote della Wto, scade il 30 aprile. L'aspettativa è che una larghissima maggioranza del Parlamento europeo voti a favore della ratifica. Nelle commissioni Esteri e Commercio il trattato con il Regno Unito aveva ricevuto 108 voti a favore, 1 contro e 4 astensioni. In caso di bocciatura, sarebbe subito un “no deal”.

Mai così pochi pesticidi venduti nell'Ue - Nel 2019 il volume di pesticidi venduti nell'Ue ha raggiunto il livello più basso dall'inizio delle rivelazioni da parte di Eurostat, ha detto ieri l'istituto statistico dell'Ue. Nel 2019 sono state vendute 333.000 tonnellate con un calo del 6 per cento rispetto al 2018. In termini di categorie, le vendite più alte sono state registrate per "fungicidi e battericidi (40 per cento del totale), seguiti dagli erbicidi (33 per cento). I volumi maggiori sono stati venduti in Germania, Spagna, Francia e Italia, i quattro principali produttori agricoli nell'Ue. Tra il 2011 e il 2019, il calo più alto di vendite di pesticidi è stato registrato in Danimarca (-42 per cento), seguita da un gruppo di cinque stati membri (Italia, Portogallo, Repubblica ceca, Svezia e Romania con un calo superiore al 20 per cento).

Accade oggi in Europa

- Consiglio: riunione informale dei ministri dell'Ambiente

- Commissione: la presidente von der Leyen visita lo stabilimento globale di Pfizer a Puurs

- Commissione: la presidente von der Leyen riceve il primo ministro ungherese, Viktor Orbán

- Parlamento europeo: riunione del gruppo di lavoro su Frontex sulla situazione in Grecia e Ungheria

- Parlamento europeo: webinar organizzato dall'ufficio di Roma sul Piano europeo per un'economia circolare con gli eurodeputati Bonafé, Sardone, Evi, Fiocchi, Furore e il sottosegretario alla Transizione ecologica, Ilaria Fontana

- Banca centrale europea: discorso della presidente Lagarde a un evento organizzato da Michael Bloomberg sui mercati globali e il cambiamento climatico

- Eurostat: dati sul deficit e il debito nel quarto trimestre 2020; dati sulle richieste di asilo per i minori non accompagnati nel 2020