Europa Ore 7

Il Patto di Budapest contro l'Ue

Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki ieri hanno firmato una dichiarazione congiunta per confermare il loro veto al bilancio 2021-27 dell'Unione europea e al Recovery fund, se non sarà modificato “in modo sostanziale” il meccanismo di condizionalità sul rispetto dello stato di diritto

David Carretta

“Non posso mettere l'Ungheria in una situazione in cui una semplice maggioranza (nell'Ue) impone cose che il popolo ungherese non vuole”, ha detto Orbán, citando i migranti, la sovranità nazionale e le questioni di genere: “La mia responsabilità come patriota mi obbliga, se vedo che una decisione è contro gli interessi dell'Ungheria, a esercitare il veto”

Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki ieri hanno firmato una dichiarazione congiunta per confermare il loro veto al bilancio 2021-27 dell'Unione europea e al Recovery fund, se non verrà modificato “in modo sostanziale” il meccanismo di condizionalità sul rispetto dello stato di diritto. “Abbiamo deciso di allineare le nostre posizioni su queste questioni. Né la Polonia né l'Ungheria accetteranno una proposta che sia considerata inaccettabile per l'altro”, si legge ne Patto di Budapest. Le obiezioni sono sempre le stesse: la condizionalità sullo stato di diritto sarebbe uno “strumento politico” contro Polonia e Ungheria. “Non posso mettere l'Ungheria in una situazione in cui una semplice maggioranza (nell'Ue) impone cose che il popolo ungherese non vuole”, ha detto Orbán, citando i migranti, la sovranità nazionale e le questioni di genere: “La mia responsabilità come patriota mi obbliga, se vedo che una decisione è contro gli interessi dell'Ungheria, a esercitare il veto”.  “Accettare la condizionalità in questa forma può cambiare il volto dell'Ue in modo irrevocabile”, ha detto  Morawiecki: “abbiamo di fronte una sfida nuova, un meccanismo totalmente nuovo, con decisioni politicamente motivate che potrebbero portare al collasso o alla disintegrazione dell'Ue". La domanda ora è: come se ne esce?

Ursula von der Leyen ci ha provato invano con una lettera a Orbán e Morawiecki. La presidente della Commissione ha detto ai premier di Budapest e Varsavia che le loro obiezioni sullo stato di diritto sono infondate. Von der Leyen ha spiegato le differenze giuridiche tra l'articolo 7 del trattato e il regolamento sul meccanismo di condizionalità. Inoltre, ha ricordato che le garanzie politiche e giuridiche che erano chieste da Orbán e Morawiecki esistono già. Il regolamento sul meccanismo di condizionalità prevede un freno di emergenza: se un paese colpito da sanzioni ritiene che la Commissione non abbia rispettato i principi di obiettività, non discriminazione e parità di trattamento, e un approccio non partigiano basato sui fatti, può chiedere l'intervento del Consiglio europeo, dove siedono i capi di stato e di governo. Il taglio dei fondi viene sospeso per tre mesi. Inoltre, per chi si sente leso, c'è la possibilità di un ricorso giurisdizionale: Ungheria e Polonia possono chiedere alla Corte di giustizia dell'Ue di verificare la compatibilità del meccanismo con il trattato e contestare eventuali future sanzioni contro di loro. Ma i populisti se ne infischiano dei tecnicismi. Quella di Orbán e Morawiecki è una battaglia ideologica contro le fondamenta delle democrazie liberali.

Nel Patto di Budapest Orbán e Morawiecki offrono due vie d'uscita, ma sono tutte considerate impraticabili. La prima è riaprire i negoziati tra la presidenza tedesca dell'Ue e il Parlamento europeo sul regolamento del meccanismo di condizionalità. “Non c'è alcun appetito”, ci ha detto una fonte. Il Parlamento è contrario. Diversi stati membri - tra cui i Paesi Bassi - minacciano il contro-veto. Orbán e Morawiecki di lanciare il Recovery fund senza il meccanismo di condizionalità: se si vuole introdurlo nell'Ue si può modificare il trattato. Ma i partner non sono naif: Ungheria e Polonia potrebbero mettere il veto alla riforma del trattato.
 

Nei corridoi e nelle videoconferenze si parla di un'altra soluzione, più brutale e complicata, che il Foglio spiega in un editoriale: lanciare un Recovery fund a 25 senza Ungheria e Polonia, che dovrebbero così rinunciare rispettivamente a 7,5 e 27 miliardi. Al contempo si possono adottare la condizionalità sullo stato di diritto a maggioranza qualificata, far entrare in funzione il bilancio provvisorio e tagliare i fondi ordinari destinati a Budapest e Varsavia. Orbán ha detto che “il dibattito non può essere risolto con i soldi. L'Ungheria non avrà perdite finanziarie se non ci sarà Recovery fund. Questo riguarda gli stati membri con un debito pubblico sopra il 100 per cento”. Ma Morawiecki ha usato una frase che lascia trasparire i timori polacchi di restare fuori dalla manna finanziaria: “Non abbiamo bisogno né dell'Unione a due interpretazioni né di un'Unione a due velocità”.

Il tempo stringe. Il Recovery fund sarà in ritardo. L'Ue entrerà nel 2021 quasi certamente con l'esercizio provvisorio. Una soluzione va immaginata entro il Vertice europeo del 10 e 11 dicembre. Ieri pomeriggio c'è stata una videoconferenza preparatoria tra il presidente del Consiglio europeo, Charles MIchel, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la presidente della Bce, Christine Lagarde, e il presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di venerdì 27 novembre, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

Il Parlamento europeo contro la Polonia sull'aborto - Nonostante lo stallo su bilancio e Recovery fund, il Parlamento europeo non ha esitato a introdurre un nuovo casus belli tra Varsavia e Bruxelles. I deputati europei ieri hanno condannato il divieto de facto dell'aborto in Polonia, sottolineando che mette a rischio la vita delle donne. La sentenza del 22 ottobre del Tribunale costituzionale polacco – secondo il Parlamento europeo – è è un ulteriore esempio “di appropriazione politica della magistratura come parte del collasso sistemico dello Stato di diritto in Polonia”. Il testo è stato adottato con 455 voti favorevoli, 145 contrari e 71 astensioni.

I deputati meno uniti sui diritti fondamentali in tutta l'Ue - Il Parlamento europeo ieri ha adottato anche una risoluzione in cui si dice “preoccupato per il deterioramento dei diritti fondamentali nell'Ue”. Nel mirino dei deputati: gli attacchi contro i gruppi vulnerabili, la libertà di espressione, il pluralismo dei media e la libertà di riunione. La risoluzione constata che c'è una “regressione organizzata” sull'uguaglianza di genere e i diritti delle donne, mentre si stanno normalizzando i discorsi di odio e varie forme di razzismo. Ma il voto sulla relazione 2018-19 sullo stato di diritti fondamenta nell'Ue è stata meno unitaria di quello sull'aborto in Polonia: 330 voti favorevoli, 298 contrari e 65 astensioni. Il Partito popolare europeo si è schierato in gran parte con l'estrema destra e i conservatori. La motivazione: “il rapporto era dettato da ideologia di sinistra e non abbastanza inclusivo su questioni importanti come terrorismo e sicurezza”, ci ha detto una fonte del Ppe. Tra le alte cose, al Ppe non è piaciuto un passaggio sull'obbligo di salvaguardare la sicurezza dei migranti.

La Commissione fa lo struzzo sullo sci - “Le decisioni di aprire o meno le stazioni di sci sono di competenza nazionale”, ha detto ieri il portavoce della Commissione, Eric Mamer. Malgrado l'appello di diversi governi, tra cui Italia e Germania, Ursula von der Leyen per il momento non vuole intervenire. Troppo alto il rischio di uno scontro con l'Austria, che è pronta a chiedere i danni a Bruxelles per un settore che genera una parte importante del suo Pil. Nonostante l'appello di Angela Merkel, nemmeno la presidenza tedesca dell'Ue sembra avere voglia di rischiare una guerra. La prossima settimana ci sarà una riunione dei ministri della Sanità. “Ogni stato membro è libero di sollevare questioni”, ci ha spiegato una fonte europea: Ma lo sci “non è una questione dell'Ue. E' una questione bilaterale e che gli stati membri devono risolvere tra loro”. Per la presidenza tedesca, quello che sarà deciso sullo sci, lo sarà su base bilaterale”.

L'Eurogruppo convinto che l'Italia firmerà il nuovo Mes - Il Movimento 5 stelle è pronto ad accettare il nuovo trattato del Mes, che aveva denunciato con veemenza appena un anno fa e che, da allora, non è cambiato di una virgola? L'Eurogruppo sembra convinto di sì e che lunedì Roberto Gualtieri darà il via libera all'intesa definitiva sulla riforma del Mes che dovrebbe portare alla firma del trattato il 27 gennaio per poi procedere alle ratifiche nei parlamenti nazionali. “Non ho ragioni di aspettarmi che gli impegni politici dell'Italia non siano rispettati”, ci ha detto ieri una fonte dell'Eurogruppo. “Il testo è immutato. Non ci sono stati altri negoziati sul trattato Mes” rispetto al testo concordato a dicembre del 2019. “Ci aspettiamo che tutti i ministri siano in grado di dare il loro accordo e che l'impegno politico tenga nelle procedure nazionali” per la firma e la ratifica, ha spiegato la fonte.

Barnier e la pesca, il Kent e il post Brexit - Il capo-negoziatore dell'Ue, Michel Barnier, oggi dovrebbe aggiornare i ministri della Pesca dei 27 sull'andamento dei negoziati con il Regno Unito sulle relazioni post Brexit. Per i pescatori dell'Ue non ci sono progressi. Gran parte degli osservatori ritengono che la soluzione sulla pesca può essere risolta solo al livello più alto, cioè tra Boris Johnson e Ursula von der Leyen. La partenza per Londra di Barnier è ancora in dubbio. I negoziati stanno andando avanti in videoconferenza. Nel frattempo Gregorio Sorgi è andato nel Kent e spiega come sarà il futuro confine con l'Ue, dove le ruspe stanno costruendo il primo avamposto britannico per i camion nel dopo Brexit.

Vestager si avvicina alla decisione su Alitalia - “Siamo più vicini alla decisione dell'ultima volta che ha posto questa domanda. Ci stiamo arrivando”. Così ci ha risposto la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, quando ieri le abbiamo chiesto a che punto è il dossier Alitalia. Il fatto che i due prestiti ponte da 1,3 miliardi siano considerati dalla Commissione come aiuto di stato illegale omari appare assodato. “Se una compagnia ha ricevuto aiuti di stato, questi devono essere recuperati”, ha detto Vestager. Ma la zarina antitrust appare pronta a una soluzione stile 2008. “Se gli asset della vecchia compagnia vengono venduti ad una nuova compagnia, una nuova compagnia con un nuovo proprietario, un nuovo marchio, un mix di dipendenti e un nuovo piano industriale, non è giusto che sia responsabile per quello che la vecchia deve rimborsare”, ha spiegato Vestager. I debiti, compresi gli aiuti di stato dei prestiti ponte, verrebbero lasciati alla vecchia Alitalia anche se incapace di restituirli. La nuova Alitalia volerebbe così più leggera, ma a spese dei contribuenti.


Il vaccino in arrivo nell'Ue, ma gli europei sono pronti? - Ursula von der Leyen questa settimana ha annunciato che il primo cittadino europeo potrebbe essere vaccinato contro il Covid-19 prima della fine del mese di dicembre. Gli stati membri si stanno preparando (alcuni meno). Ma prima dell'uscita del tunnel potrebbe esserci un altro ostacolo: molti europei che non si fidano  del vaccino contro il coronavirus e gran parte della colpa è dei complotti su Facebook. Micol Flammini spiega il pericolo di due mondi: uno per vaccinati uno per no? Ma alla fine la voglia di libertà forse farà ricredere i no vax.


L'Esa si lancia nella pulizia dello spazio - L'Agenzia spaziale europea (Esa) lancerà nel 2025 la prima missione della storia per fare pulizia nello spazio. L'Esa ha firmato un contratto da 86 milioni di euro con la start-up svizzera ClearSpace SA per l'acquisto di un servizio di rimozione di un rottame in orbita. Si tratta di un adattatore di carica utile secondaria Vespa utilizzato in un lancio del 2013 di Vega (il Vettore eurpeo di generazione avanzata) per portare in orbita tre satelliti. L'oggetto, che gravita a un'altitudine di circa 800 chilometri, ha una massa di 112 chilogrammi e le sue dimensioni sono simili a quelle di un piccolo satellite. In 60 anni di attività spaziale - ricorda l'Esa in un comunicato - più di 5.550 lanci hanno portato a circa 42.000 oggetti in orbita, di cui 23.000 sono ancora nello spazio.

Aumentano le richieste di asilo dalla Bielorussia - Il numero di richieste di protezione internazionale nell'Unione Europea da parte di cittadini bielorussi è in leggera crescita dall'inizio della repressione seguita alle elezioni presidenziali di agosto, anche se le cifre rimangono relativamente basse. Secondo l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo), a settembre è stato registrato il numero più alto di richieste di protezione internazionale di cittadini bielorussi dal 2008. Le 186 domande di asilo di settembre sono quasi il doppio delle 94 di agosto e ben superiore alla media mensile di 71 richieste del 2019. In generale la crisi sanitaria del Covid-19 continua ad avere un impatto sul numero complessivo di richieste di asilo nell'Ue. Nei primi nove mesi del 2020, le domande sono calate del 35 per cento rispetto allo scorso anno. A settembre sono state presentate quasi 42.800 domande per un totale di 337.830 circa dall'inizio dell'anno. In termini di nazionalità siriani, afghani, colombiani, venezuelani e pachistani contano per il 43 per cento del totale.

Accade oggi in Europa

- Parlamento europeo: audizione in commissione Esteri dell'oppositore russo Alexei Navalny

- Consiglio: riunione dei ministri della Ricerca (in teleconferenza)

- Commissione: pubblicazione degli indicatori del sentimento economico e del clima delle imprese

- Eurostat: dati sui permessi di soggiorno per i cittadini non-Ue nel 2019

Accade domani in Europa

- Commissione: la presidente von der Leyen partecipa in videoconferenza all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Bocconi

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