La promozione a Bruxelles e le incognite di ottobre

Carlo Torino

Le raccomandazioni di Bruxelles mettono in luce ritardi strutturali che non potranno essere colmati nel corso di questa legislatura. Le osservazioni sui conti mostrano un inconsueto candore nella Commissione che crede (forse dissimulando il suo antico scetticismo) nel rispetto degli obiettivi di deficit al netto della disattivazione degli aumenti Iva.

Il dies irae, dies illa – la resa dei conti - è per ora solo rimandata al prossimo autunno, in sede di approvazione della legge di stabilità. In pochi – nel giubilo collettivo generato dall’imprimatur ufficiale di Bruxelles sulla manovra correttiva – hanno saputo leggere le minacce velate, e i lievi morbidi accenti di rampogna, apposti immancabilmente al principio di ogni paragrafo delle raccomandazioni della Commissione Ue indirizzate al nostro Paese.

In verità è alquanto difficile dissentire dalla presa di posizione della Commissione. Le indicazioni e i suggerimenti in materia di riforme sono inoppugnabili da un punto di vista squisitamente macroeconomico; sebbene per non pochi di quei suggerimenti vi siano scarse possibilità di vedere la luce. E vediamo per quale motivo.


1. Le osservazioni in sede di riduzione della massa di sofferenze bancarie, sebbene ampiamente condivisibili, giungono intollerabilmente in ritardo; avuto riguardo in particolare al fatto che le istituzioni europee hanno incontrovertibilmente mostrato un’ideologica ritrosia a qualsiasi forma di bad bank centralizzata - a gestione pubblica - per tema di non conformità con la lettera della direttiva in materia di aiuti di Stato. In altri paesi – caratterizzati da forse minore “edipismo politico” nei confronti dell’Europa – tali soluzioni furono attuate, e con notevole costrutto.


2. Le riforme del sistema fiscale, del catasto, della lotta alla corruzione e dei termini per la prescrizione, sono temi gravidi di insidie politiche: potenzialmente divisivi in seno alla stessa maggioranza. E occorre prendere atto che l’esecutivo in carica non ha né i numeri né la volontà di portarle avanti. E ciò vale anche per la diluita (dalla Consulta) riforma della Pubblica amministrazione.


3. In tema di concorrenza le osservazioni della Commissione sulle elevate barriere all’entrata, ipertrofia normativa, peso eccessivo della burocrazia, mettono in luce aspetti deteriori di un sistema che disincentiva gli investimenti a scapito di produttività e occupazione.


4. Passando al tema della sostenibilità della finanza pubblica, sarebbe ingenuo credere che gli obiettivi enunciati in sede di Def - in relazione alla progressiva compressione dell’indebitamento netto (deficit) strutturale – siano realistici. E ciò è ancor più vero al netto della volontà dell’esecutivo di disattivare 15 miliardi di clausole di salvaguardia Iva. Una operazione del genere non potrà trovare copertura se non in disavanzo: a meno di volere, a ottobre, varare una manovra fortemente recessiva.


Il sentiero stretto sovente evocato dal ministro dell’Economia, si fa sempre più stretto sino a divenire del tutto evanescente, disorientando l’ardito viaggiatore, il quale – confuso e sgomento – potrebbe forse cedere all’improvvida tentazione di affidarsi a guide incaute. Le analogie storiche non mancano.