Carlo Tavecchio (foto LaPresse)

Non solo Conte, Bonucci e Giaccherini

Ho visto Tavecchio palleggiare in ritiro e ho capito che possiamo vincere gli Europei

Lanfranco Pace
Se il presidente della Figc è il contesto, Antonio Conte è il testo. E’ sua questa musica dodecafonica, stridente in cui c’è poco spazio per i virtuosismi e i tempi di esecuzione non sono di immediata comprensione. Non è un simpatico, credo però che se ne freghi altamente di esserlo.

Che siamo unici al punto da poter anche vincere, l’ho capito guardando la foto di Carlo Tavecchio in cui con gli occhiali da vista, in tuta e la pancia a cocomero palleggia vicino alla porta del campo di allenamento degli Azzurri. Nessuno ha un presidente così. Indifferente all’estetica, eternamente affamato come la nostra migliore provincia, furbo come un democristiano di lungo corso, fu eletto alla testa della Federazione dopo il tonfo brasiliano e le dimissioni di Giancarlo Abete. Il canone della rottamazione universale voleva che al suo posto andasse qualche giovane di bella presenza, un figlio del tempo presente con piglio da manager, dimestichezza con la comunicazione glamour e che indossasse abiti su misura: Sky che pure è solitamente cauta giocò le sue carte con una lunga e moralistica inchiesta, Codice rosso, in cui un’icona come Gianluca Vialli sosteneva che il calcio fosse marcio e che occorresse fare piazza pulita. Invece l’Italia minore dei dilettanti, della Lega Pro, la provincia operosa impose questo ragioniere rotondo del ’900 che se ne frega di come appare. Fu indicato come l’uomo di Galliani e soprattutto di Lotito ed è vero che il patron della Lazio lavorò assai dietro le quinte, andava ad accogliere i presidenti di società e li scortava all’urna e se qualcuno lo interrompeva diceva “ci ho da fa’ devo anna’ a pija’ er Cesena”. Però Tavecchio ha fatto di tutto per mantenere sereno l’ambiente, qualche volta ha straparlato ma non ha mai strafatto gestendo al meglio un personaggio ingombrante come Conte e governando con pragmatismo la successione. Quando gli hanno chiesto chi avrebbe vinto tra Italia e Belgio, ha risposto “noi per 1 a 0”. Ovvio. O no?

 

Se Tavecchio è il contesto, Antonio Conte è il testo. E’ sua questa musica dodecafonica, stridente in cui c’è poco spazio per i virtuosismi e i tempi di esecuzione non sono di immediata comprensione. Non è un simpatico, credo però che se ne freghi altamente di esserlo. Adorato dai tifosi bianconeri sta sulle palle a tutti gli altri, cioè alla maggioranza degli italiani insofferenti, parrucchino a parte, per il suo cantilenare salentino e per il suo atteggiarsi spesso e volentieri a vittima, figurarsi uno della Juve e vittima, non si poteva sentire. Eppure i fatti dicono altro: Conte è uno dei migliori allenatori al mondo, forse il migliore a fare le nozze anche con i fichi secchi. Che poi tanto secchi non sono, almeno i quattro dietro, tutti juventini, sono di assoluto valore mondiale. E’ lui l’uomo in più, la differenza con il collega belga è stata imbarazzante, il pugliese sabaudo non ha sbagliato una mossa. E quando a sbagliare è uno dei nostri che si fa fottere palla e da un calcio d’angolo a favore ci ritroviamo con i rossi lanciati con due tocchi nella prateria e dobbiamo ringraziare lo stolido avversario che ha sbagliato conclusione, le parolacce del devoto a Padre Pio le hanno sentite anche dalla basilica minore di Notre-Dame de Fourvière.
Un Ct selezionatore guarda cosa fanno gli allenatori nei club e poi sceglie la formazione che reputa migliore: accade raramente che vinca, vedere per credere Roy Hodgson. Un Europeo, un Mondiale è un torneo corto, sette partite finale comprese, allora è più efficace un allenatore forsennato. Se poi gli piace pure scolpirle le squadre: chiuso in un recinto con i ventitré, a forza di calci in culo pedagogia e un po’ di amore mai prenderà agnelli per leoni.  

 

E poi ci sono i giocatori. Uno di 165 centimetri l’abbiamo visto stoppare come Zico con l’interno piede sinistro la palla che gli arrivava a parabola da cinquanta metri, lasciarla scorrere di trenta centimetri e poi colpirla di destro in rete, l’abbiamo visto esultare e correre e correre ancora: ma non tutti sanno che non ha la milza, gliela sfondò un portiere che gli franò addosso quando giocava nel Bibbiena. Da allora il suo sistema immunitario va rafforzato con trattamenti adeguati. Si può vivere senza milza, gli dicono. Oddio se ce l’hanno messa un motivo ci sarà comunque con tre vaccini l’anno me la cavo. Questo è Emanuele Giaccherini, figlio spirituale di Antonio Conte. E poi c’è Leonardo Bonucci perché ci vuole sempre quello che il lancio di cinquanta metri ha testa per pensarlo e piedi per tentarlo. L’intelligenza calcistica può essere ovunque, non necessariamente nelle maglie numero 10 , il Belgio sulla carta ne aveva addirittura tre ma hanno fatto un casino inenarrabile. Bonucci anni fa formava con Ranocchia una fortissima coppia di difensori centrali nel Bari allenato proprio da Giampiero Ventura che sarà il successore di Conte alla guida della nazionale. Ranocchia approdò all’Inter. Bonucci alla Juventus. Come mai?

  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.