Rooney e Neustadter (foto LaPresse)

Contro la Russia la solita Inghilterra, bella e suicida

Piero Vietti
“This is England”, dice il video promozionale che la Federazione inglese manda in onda sui social network prima della partita. E non potrebbe esserci definizione tautologica migliore per descrivere questa prima della squadra di Hodgson, data come quasi sempre da cinquant’anni a questa parte favorita ma non troppo. Finisce 1-1, la Russia pareggia al 92'.

“This is England”, dice il video promozionale che la Federazione inglese manda in onda sui social network prima della partita. E non potrebbe esserci definizione tautologica migliore per descrivere questa prima della squadra di Hodgson, data come quasi sempre da cinquant’anni a questa parte favorita ma non troppo. Se dell’atmosfera fuori dallo stadio abbiamo visto e sappiamo bene, purtroppo, di quella dentro sappiamo dai commentatori che raramente si è visto qualcosa di simile. All'inizio, per lo meno, perché al fischio finale i tifosi russi hanno caricato quelli inglesi sugli spalti. Lo stadio di Marsiglia è quasi tutto british, il “God save the Queen” esplode come sempre, e viene voglia di togliere la voce dei commentatori sia durante gli inni sia le altre volte, quando i fan dei Tre Leoni lo intonano alla perfezione.

 

Nel primo tempo l’Inghilterra diverte moltissimo, gioca sicuramente meglio della favorita Francia, la Russia fa quel che può, ma con i difensori inglesi non si può mai sapere. Ct e giocatori russi hanno detto di non essere troppo preoccupati da Rooney, i cui anni migliori sarebbero già passati. Lui se ne frega, gioca più indietro di dove gli piace (ma con un Alli così lì davanti forse chiunque giocherebbe più indietro) e fa girare la squadra alla perfezione. Tante, forse troppe occasioni non sfruttate nel primo tempo dagli inglesi, che si permettono il gusto di tenere uno come Vardy in panchina. Divertente e giovane, la squadra di Hodgson ha ancora tanto potenziale da far sentire.

 

E poiché non sarebbe Inghilterra se non tentasse il suicidio, ecco che nel secondo tempo la Russia risorge, ruggisce e si fa pericolosa sfiorando il gol (domanda: perché qualunque portiere inglese sembra sempre che non sappia che fare quando gioca in Nazionale?). Sterling trascina il suo culone in modo indisponente sulla trequarti perdendo più palloni lui che capelli Wayne Rooney. Hodgson rimugina in panchina: Vardy o Rashford, Rashford o Vardy? Nessuno dei due, alla fine, confermando il dubbio di molti: non sarà che questa squadra è così incompiuta per colpa sua? Sbilanciata e con cambi tardivi, l'Inghilterra non riesce a uccidere la partita quando dovrebbe. Nel frattempo gira la voce che Kane sia rimasto negli spogliatoi. Al 70’ viene il dubbio che la Brexit sia una realtà calcistica, e che la sfiga ci veda benissimo: la parata di Akinfeev con palla sbattuta sulla traversa da per terra sul tiro di Rooney fa andare per traverso la birra ai tifosi inglesi (sempre più svestiti sugli spalti).

 

Ma quell’azione è il prodromo alla sveglia inglese: due minuti dopo Dier – che poco prima aveva sfiorato un autogol da far impallidire il miglior Riccardo Ferri – tira una punizione che inganna il portiere russo e si infila sotto il sette. Dier è un classe 1994, la punizione se l’era guadagnata Alli, classe 1996. A quell’età in Italia si fanno inutili stage primaverili per supplire alla mancanza dei big o si è eccezioni uniche come Bernardeschi. “Football is coming home”, cantano un po’ più rasserenati i tifosi inglesi.

 

I Tre Leoni hanno forza e corsa, tanta tecnica e qualche amnesia. I russi adottano la stessa tattica usata dal loro esercito in Siria: fingono di non fare nulla e poi annunciano la riconquista di Palmira. Il pareggio dei russi al 92’, alla prima azione d’attacco dal 70’, è la fotografia perfetta della solita Inghilterra, che potrebbe battere chiunque ma continua a non farlo quando le partite si fanno decisive. Sul suicidio della squadra di Hodgson si sarebbe potuto scommettere. This is England, lo avevamo detto.  

  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.