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Quanto è pronta la Germania alla guerra

Paola Peduzzi e Micol Flammini

Il cancelliere Scholz organizza il riarmo, parla di gas e rubli con Putin, lavora all’autonomia difensiva e fa i conti con l’eredità di chi c’era prima di lui

S’è capito che tutto stava e sta cambiando per la Germania quando il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato, il 27 febbraio scorso, che avrebbe aggiunto al bilancio federale un fondo per la difesa pari a 100 miliardi di euro e si è impegnato a rispettare il contributo dovuto da ogni paese alleato della Nato, il 2 per cento del pil. La guerra della Russia all’Ucraina era iniziata da tre giorni, la Germania prima era saldamente nel campo dei cauti e degli attendisti, molto infastidita dagli americani che ripetevano: abbiamo le prove, l’esercito russo sta per invadere l’Ucraina. C’erano le questioni energetiche, l’enorme dipendenza di Berlino dalle risorse russe, c’era il tormento ormai decennale del Nord Stream 2, e c’era il tabù culturale e storico sul riarmo tedesco, lascito della Seconda guerra mondiale e dei suoi orrori.

 

Poi è arrivata la Zeitenwende, la svolta epocale: la legge per la creazione del fondo è approdata in Parlamento il 16 marzo e se passerà renderà per quest’anno la Germania il terzo paese del mondo che più spende in termini militari. A proporre questo fondo è un governo guidato da un socialdemocratico assieme ai Verdi e ai Liberali: le due principali forze di sinistra del paese stanno insomma sotterrando il pacifismo tedesco e riarmando la Germania. La posizione dei Verdi è quantomai rivoluzionaria: un anno fa, quando ancora la campagna elettorale non era nemmeno cominciata (si è votato alla fine del settembre dell’anno scorso), i Verdi erano un partito pacifista, che si batteva perché sul territorio europeo non ci fossero armi nucleari (chiedevano la rimozione delle bombe americane dalla base militare di Büchel) e si opponevano alla possibilità di rispettare il contributo del 2 per cento del pil alla Nato.

 

Ora, come prima decisione, il governo Scholz ha comprato trentacinque F-35 americani per rimpiazzare i Tornado, in modo che gli aerei possano portare armi nucleari, e ha deciso di comprare gli Eurofighter Typhoon (che costruisce assieme a Italia, Spagna e Regno Unito) che sono formidabili nella guerra elettronica (i francesi non ne sono stati contenti, perché l’acquisto è in conflitto con il Future Combat Air System, un progetto franco-tedesco-spagnolo che dovrebbe entrare in funzione nel 2040). Al momento, l’esercito tedesco è arretrato e inefficiente, come gran parte degli eserciti europei: gli esperti dicono che ora che il riarmo si è reso necessario, bisogna evitare di andare in ordine sparso a livello europeo. La svolta epocale per Scholz dipende anche da altri fattori: che i soldi siano spesi in modo efficiente, che si formi una cultura strategica appropriata e che il cancelliere sappia guidare un dibattito in cui molti tedeschi non si trovano affatto comodi.

 

L’invasione dell’Ucraina ha fatto capire ai tedeschi che la guerra in Ue potrebbe tornare. Un altro tabù superato

 

Alle origini del riarmo. Markus Ziener del German Marshall Fund ci ha detto che dalla caduta del Muro di Berlino, la Germania si è concentrata su interventi all’estero come in Afghanistan o in Mali. “C’era la convinzione che una guerra in Europa fosse estremamente improbabile, quindi mantenere un’enorme forza di terra con carri armati e truppe non era necessario. Con la guerra in Ucraina questo paradigma è cambiato da un giorno all’altro”. Fa notare Ziener che oltre al riarmo “è ancora più importante il fatto che la Germania abbia iniziato a inviare armi in Ucraina diventando così parte attiva dell’alleanza antirussa. Sullo sfondo della storia della Germania e delle due guerre mondiali che il paese ha iniziato nel secolo scorso e la sua successiva esitazione a impegnarsi militarmente, questa inversione di tendenza è sorprendente”. Ziener non è convinto che il nuovo corso sarà sostenibile a lungo, molti tedeschi sono a favore e secondo i sondaggi vogliono che Berlino sia più coinvolta sulla scena internazionale. Ma il movimento pacifista tedesco si oppone e c’è da aspettarsi che cercherà di annacquare il nuovo approccio.  Eppure i pacifistissimi Verdi non sono contrari, anzi la  ministra degli Esteri, Annalena Baebock, sostiene che sia necessaria una nuova strategia sulla sicurezza: è una dei più falchi. Anche altri ambienti della sinistra moderata capiscono la necessità di finanziare l’esercito tedesco. Per Ziener, il fatto che si parli della creazione di uno scudo di difesa missilistica aiuta questi partiti perché sottolinea quanto il riarmo sia questione di protezione più che di attacco. Si parla per esempio del sistema israeliano Iron Dome. “Tutto questo arriva in un momento in cui la Germania teme una guerra in Europa, non la ritiene più impensabile. Almeno per ora anche molti dei più strenui sostenitori delle buone relazioni con la Russia ci hanno ripensato. L’aggressione della Russia contro l’Ucraina  ha portato molti tedeschi a pensare di aver giudicato male la vera natura del regime russo. Questo pensiero aiuta a sostenere la difesa della Germania”.

 

Senza il gas russo. Con l’invasione russa dell’Ucraina è caduto un altro grande tabù tedesco: per la Germania la dipendenza dal gas russo sembrava irrinunciabile. Ma la Russia ha mostrato non soltanto  la sua pericolosità bellica, ma anche la sua inaffidabilità dicendo che d’ora in avanti il gas lo avrebbe venduto soltanto in rubli. Ieri il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha parlato al telefono con Putin, che gli ha detto che si potrà continuare per il momento a pagare il gas in euro e che il passaggio al pagamento in rubli  sarebbe stato  discusso da una squadra di esperti russi e tedeschi,  ha assicurato   che  non porterà a un peggioramento delle condizioni contrattuali e ha detto che la questione sarà discussa separatamente dagli altri dettagli sulla guerra.  Il ministro dell’Economia tedesco, il verde Robert Habeck, ha già attivato la prima fase di un piano di emergenza per mancanza di fornitura energetica. L’obiettivo è preparare il paese all’eventualità che la Russia sospenda le esportazioni se non si dovesse trovare un accordo sui pagamenti. Oltre la metà del gas che importa Berlino è russo e il piano di emergenza prevede nella prima fase che venga costituita un’unità di crisi per monitorare il livello di forniture. Habeck ha tranquillizzato, ha detto che non c’è carenza di gas, però bisogna iniziare a pensare al dopo, a cosa cambierà. Per questo sta cercando di importare Gnl da paesi terzi: la Germania non ha dei suoi terminali per il gas naturale liquefatto e deve appoggiarsi ad altri. E’ uno dei paesi meno preparati a una crisi energetica perché ha legato molto il suo destino a quello dei gasdotti di Mosca. Poi ci sono i rischi economici: l’interruzione dell’approvvigionamento energetico russo creerebbe un rischio di recessione. 

 

I ministri verdi, Habeck e Baerbock, accompagnano il paese fuori dal paradigma della pace garantita  dai commerci

 

Le responsabilità di Angela. L’avrete letto: è opinione comune che la politica accondiscendente dell’ex cancelliera tedesca, Angela Merkel, nei confronti della Russia abbia alimentato l’aggressività di Putin e la sua convinzione che l’occidente non avrebbe mosso un dito per aiutare l’Ucraina.  Il peccato originale che si rimprovera alla Merkel risale al vertice Nato a Bucarest del 2008, quando si dichiarò contraria all’adesione dell’Ucraina e della Georgia all’Alleanza: quattro mesi più tardi, Putin ha attaccato la Georgia. Nell’invasione russa del 2014-2015 in Ucraina, con l’annessione della Crimea, la Germania spinse per imporre sanzioni a Mosca ma fece di tutto per trovare un compromesso sul Donbas, inventando il “formato Normandia” con russi, ucraini, francesi e tedeschi e poi negoziando gli accordi di Minsk che hanno creato la cosiddetta guerra a bassa intensità nell’est ucraino. Sempre nel 2015, Berlino ha deciso di costruire il secondo gasdotto dalla Russia, il famigerato Nord Stream 2, e tutta la fermezza valoriale della Merkel si è appannata. Nel 2020, quando Alexei Navalny è stato avvelenato da agenti dei servizi russi ed è stato curato a Berlino, l’ex cancelliera è andata a trovarlo in ospedale e ha attivato la reazione sanzionatoria dell’occidente. Sappiamo che non è servito: l’accanimento di Putin sul suo principale oppositore è continuato, e ora abbiamo capito perché. La cancelliera ha  seguito  la dottrina prevalente nell’Europa del dopoguerra, dell’Europa che ha costruito la pace: i tedeschi la riassumono con “Wandel durch Handel”, il cambiamento attraverso il commercio, finché il mercato è aperto e facciamo accordi economici, non ci attaccheremo. Con il passare del tempo, ha arricchito questo approccio parlando di diritti e di rispetto delle regole internazionali: pochi leader si sono esposti su questo fronte quanto la Merkel, che soprattutto negli ultimi anni, quando gli amici di Putin in occidente sono diventati più forti, è rimasta l’unico argine alle minacce russe, che in Europa hanno sempre voluto dire destabilizzazione delle forze liberali. Con l’invasione Putin ha travolto l’ordine costituito, siamo passati dalla strategia del confronto a quella dello scontro,  e  chi mette in discussione l’eredità della Merkel dimentica un po’ troppo in fretta che l’approccio della cancelliera era largamente condiviso nell’opinione pubblica europea, e che anzi parte dei conservatori sosteneva che lei fosse troppo dura con Putin (la russofobia, la ricordate?), mentre la sinistra tedesca ancora adesso fa una fatica tremenda ad accettare il fatto che bisogna tagliare i ponti con la Russia, anche se è enormemente costoso. E no, non è una fatica che fanno soltanto i tedeschi.

 

Le responsabilità di Schröder. L’uomo che ha contribuito a legare ancora di più la Russia e la Germania è Gerhard Shröder. L’ex cancelliere tedesco ha portato avanti la politica tradizionale dell’Spd di avvicinamento alla Russia, ma nello stesso tempo ha rivoluzionato il significato dell’Ostpolitik. Con l’Ostpolitik  il cancelliere Willy Brandt intendeva una politica che declinava come: “Cambiamento attraverso il riavvicinamento”. Erano gli anni Settanta, la Germania era divisa e lui voleva allentare le tensioni con Mosca. Ma non intendeva certo  dire: comprendiamo la Russia a ogni costo, anche se vuole invadere l’Ucraina. Schröder ha rivisitato il concetto e l’Ostpolitik per l’Spd è diventata un modo per giustificare Mosca, capire le sue posizioni e, tendenzialmente, anche tutelare chiunque viva al Cremlino perché ci sono in mezzo interessi economici. Dopo aver concluso la sua attività politica, era il 2005, Schröder è andato a lavorare per Gazprom, la società russa che gestisce il Nord Stream ed è anche diventato presidente del consiglio di amministrazione di Rosneft, la compagnia petrolifera russa. Schröder non è diventato soltanto un lobbista pagato da Mosca, ma ha costruito un’amicizia con Putin fatta di affari e anche di feste. Putin è andato a casa di Schröder a Hannover per festeggiare i suoi sessant’anni e Schröder è andato da Putin a San Pietroburgo a  festeggiare i suoi settanta. E proprio questa seconda festa si è svolta dopo che Mosca aveva fatto l’annessione unilaterale dell’Ucraina. L’ex cancelliere dice che la loro amicizia si regge sul fatto che hanno sofferto molto tutti e due durante la Seconda guerra mondiale, il presidente russo ha perso il fratello e Schröder il padre. E poi, secondo Schröder,  Putin ha “mantenuto tutte le promesse, come ho fatto anche io”. I russi vedono nell’ex cancelliere una sicurezza, uno di loro. E c’è stato anche il tentativo di coinvolgerlo  nella mediazione tra Mosca e Kyiv: Schröder   al Cremlino è di casa e neppure dopo l’invasione ha cercato di traslocare. 

 

A livello collettivo, le forze armate europee sono più o meno della stessa dimensione di quelle russe, ma la popolazione europea è tre volte quella russa, la spesa per la Difesa sta per diventare cinque volte quella russa, e naturalmente l’output economico non è minimamente paragonabile: è dieci volte più grande di quello russo. E’ quel che dovremmo ricordarci quando discutiamo di riarmo, di sostegno all’Ucraina, di dottrine stravolte e soprattutto di come si vincono le guerre.


(ha collaborato Daniel Mosseri)