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Il ritratto

Zohran Mamdani, il dem che vuole “abolire il costo della vita” conquista New York

Antonio Monda

Socialista, musulmano, giovane e colto. L'ex rapper sconfigge Cuomo e l’establishment delle dinastie alle primarie democratiche. Ma tra l'attenzione dei media, gli spot pubblicitari per l'elettorato giovane e una storia personale cool, i segnali del trionfo c'erano tutti

Devo confessarlo: ero certo di un buon risultato, ma non mi sarei mai aspettato che Zohran Mamdani trionfasse in maniera così schiacciante, persino sfacciata, alle primarie democratiche newyorkesi. Eppure, con il senno di poi, i segnali c’erano tutti: l’attenzione spasmodica dei media, le difficoltà sempre maggiori di Andrew Cuomo nel controbattere ai suoi attacchi, gli spot pubblicitari studiati per un elettorato giovane e una storia personale estremamente più cool. L’ex governatore cercava di rientrare in gioco dopo essere stato costretto a dimettersi per una vicenda di #MeToo dalla quale è stato ampiamente scagionato. La sua gestione della pandemia ha registrato luci e ombre, ma al carattere arrogante, cocky, per dirla alla newyorkese, che lo ha sempre contraddistinto, si era aggiunto un elemento di risentimento nei confronti del partito che lo aveva mollato, e in particolare per la vice Kathy Hochul che lo ha pugnalato alle spalle e ne ha preso il posto. 

 

         

 

Più di ogni altra cosa pesavano però l’elemento anagrafico – Cuomo ha 67 anni, più del doppio dell’età di Zohran – e il fatto che rappresenti l’espressione di un establishment fondato su dinastie: New York vuole cambiare pagina, questo il messaggio uscito dalle urne, con il rifiuto dell’ennesimo membro di un clan. Scegliere Zohran significa dire no al figlio del governatore Mario Cuomo nonché ex marito di una Kennedy, e soprattutto chiudere la porta a un partito nelle mani dei Clinton e degli Obama, responsabili delle scelte delle candidate alla presidenza travolte dal ciclone Trump. 

Anche sul piano personale avrei dovuto leggere alcuni segnali: poche settimane fa ho incontrato a un vernissage Mira Nair, e quando l’ho vista circondata da un gruppo di persone ho pensato che l’avessero riconosciuta, ma invece le chiedevano esclusivamente del figlio: ce la farà Zohran a diventare sindaco di New York? E’ stata lei o suo marito a indirizzarlo sulla via della politica? E’ cambiato da quando è iniziata la campagna elettorale? Anche la volontà della regista di rimanere a New York nel pieno della preparazione di un film a cui tiene moltissimo era un  segnale che Zohran avrebbe potuto farcela, e quando le ho chiesto il significato del nome, mi ha spiegato che la traduzione è “luminoso, splendente” ma poi ha confessato con autoironia: “La verità è che quando ero incinta amavo molto uno stilista che si chiamava in quel modo”

Immagino che sia stato il marito ugandese Mahmood Mamdani, docente di studi coloniali alla Columbia University, a imporre come secondo nome Kwame, e non si può sottovalutare il fatto che Zohran, il quale conosce sei lingue, fa parte di quell’intellighenzia indiana che soltanto a New York riesce a dialogare con quella pakistana: il vernissage era di Salman Toor, stella nascente dell’arte contemporanea e compagno di Ali Sethi, la più nota rockstar del sud-est asiatico. Quella sera  c’era anche Amitav Ghosh, che è stato colui che ha presentato Mira a Mahmood e si considera a tutti gli effetti il padrino di Zohran. Il giovane è cresciuto insomma in un ambiente colto e privilegiato, ma sarebbe riduttivo rubricarlo come un radical chic, e farebbe torto all’abnegazione con cui ha costruito la propria carriera politica quando ha vinto nel 2020 un seggio al 36° distretto di New York, un’area popolare di Queens, popolata di immigrati greci. E’ in quell’occasione che si è affermato come il difensore di coloro che sono stati sfrattati dopo ingiustificati aumenti dei prezzi d’affitto, spesso con l’aggravante della discriminazione razziale. Sin da allora il suo messaggio è stato diretto e radicale, ma a differenza della Ocasio-Cortez, nata invece nel barrio del Bronx, Zohran è dotato anche di una buona dose di ironia ed empatia.  

Nella sua irresistibile ascesa ha avuto un ruolo importante Morris Katz, lo spin doctor che proviene a sua volta da una famiglia colta e privilegiata: il nonno era un editore, il padre un produttore di Broadway e la madre un’editrice nonché autrice di libri per bambini. E’ stato Morris a convincerlo di non aver paura di definirsi un democratico socialista e a coniare lo slogan “abolire il costo della vita”

Zohran ha capito perfettamente che uno degli elementi vincenti della politica è saper interpretare bene il ruolo per cui il pubblico ti ama, e grazie a una retorica efficace, specie quando parla di giustizia sociale, ha conquistato anche una fascia di elettori che si erano allontanati dalle urne. Nel suo programma il termine gratis compare accanto alle voci asilo nido e trasporto pubblico: quanto di più sconcertante per la destra americana, ma anche per buona parte del voto moderato. Musica invece per le orecchie della sinistra radicale, e per coloro messi in ginocchio dall’incredibile aumento dei prezzi dei beni di consumo a New York. Non è l’unico provvedimento rivoluzionario: Zohran propone il congelamento degli affitti per gli edifici con case “stabilizzate”, l’obbligo per i supermercati di vendere a prezzi all’ingrosso e un aumento del salario minimo, con l’obiettivo di arrivare nel 2030 a una cifra di 30 dollari l’ora. A chi gli chiede come trovare i soldi per misure inaudite, risponde di prevedere un aumento del 2 per cento delle tasse per i redditi superiori al milione di dollari annui e un’aliquota dell’11,5 per cento per le imprese. “Le persone al primo posto” è un altro slogan studiato insieme a Katz, e in questo rivolgersi direttamente alla gente affiora il rischio del populismo, rinforzato da un video virale nel quale ha ripetuto con un tono da rapper “Non si tratta di sogni irrealizzabili”. Prima di dedicarsi alla politica, Mamdani ha composto e prodotto proprio questo genere musicale, e oggi appare chiaro che è stato l’unico candidato in grado di parlare il linguaggio dei più giovani attraverso un uso scientifico dei social, in particolare Tik Tok

Mentre Andrew Cuomo otteneva l’endorsement di finanzieri che pochi mesi prima avevano appoggiato Trump, Zohran ha scelto la presenza costante sul territorio, con comizi nelle zone più diseredate della città dove elencava i nomi di chi finanziava la campagna dell’ex-governatore. Oggi può vantarsi di essere indipendente dalle lobby grazie a una campagna basata su micro-donazioni di molti giovanissimi, e deve a un entusiasmo che non ha precedenti nella storia cittadina se è balzato da una percentuale dell’1 per cento a gennaio alla vittoria di martedì con il 43,5 per cento dei voti. La mappa dei risultati rivela che l’unico quartiere dove ha perso è Staten Island, da sempre conservatore, mentre è riuscito a trionfare a Manhattan, salvo nelle zone più ricche dell’Upper East e Upper West Side, per non parlare di Queens e a Brooklyn, con l’eccezione dei quartieri degli ebrei ultraortodossi tradizionalmente vicini alla destra. 

C’è da chiedersi che ruolo rivestirà la sua fede musulmana, specie di questi tempi: lui ne ha fatto un motivo di orgoglio e lo ha utilizzato anche per definirsi “il peggior incubo di Donald Trump”. La sinistra radicale esulta anche per questo, ma quelli che lo vedono già sindaco e nel giro di pochi anni candidato alla presidenza, dimenticano che è nato in Uganda, e lo ius soli lo esclude da una corsa per la Casa Bianca. La questione medio-orientale rappresenta in realtà l’elemento più ambiguo per il personaggio che sta interpretando così brillantemente: l’ala moderata del Partito democratico ha mostrato più di una perplessità quando si è rifiutato di condannare lo slogan “Globalize Intifada”, e il suo attivismo pro Pal ha rivelato ripetutamente accenti estremisti e semplificazioni ancora una volta dal sapore populista. La sua vittoria corrobora la sensazione di una radicalizzazione che sfida quella di segno opposto, ma rappresenta anche un formidabile segno di vitalità di una metropoli che smentisce ancora una volta chi vuole vederla decadente. Questa notte per le strade della città risuonava ovunque New York New York, con ragazzi che si esaltavano sino a urlare il verso fondamentale: “If I can make it there, I’ll make it anywhere.”
 

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