
un calcolo sbagliato
Lo scoordinato "Asse della resistenza" di Teheran
I tempi dei gruppi armati e finanziati dalla Repubblica islamica per fare le guerre non sono coincisi. Khamenei, Hamas, Hezbollah, ognuno ha pensato per sé. Il fallimento del progetto
L’architettura del sedicente Asse della resistenza era pensata per circondare Israele e soffocarlo. La Guida suprema Ali Khamenei aveva capito il valore di disegnare attorno allo stato ebraico un anello di fuoco e aveva trovato degli ottimi realizzatori del suo piano che mirava alla costruzione di un impero persiano senza bisogno di continuità geografica. I suoi esecutori avevano anche implementato il progetto, allargandolo a gruppi non sciiti, come Hamas. I realizzatori dei desideri di Khamenei sono stati Qassem Suleimani, il capo delle operazioni dei pasdaran all’estero, il secondo uomo più potente dell’Iran dopo la Guida suprema, ucciso da un drone americano nel 2020, e Sayyed Razi Mousavi, eliminato da Israele a dicembre del 2023 a Damasco, nel quartiere in cui, ai tempi di Bashar el Assad, i pasdaran avevano stabilito il loro quartier generale. Suleimani sicuramente non poteva sapere che il più cruento dei progetti contro Israele sarebbe stato realizzato dall’unica componente non sciita del gruppo, che era stato proprio lui ad arruolare. Mousavi invece non ha fatto in tempo a scoprire che l’Asse della resistenza, che aveva contribuito a creare, dopo il 7 ottobre si sarebbe disfatto con una serie di guerre talmente concatenate tra di loro da sembrarne una. In questo conflitto che va avanti da più di un anno e mezzo ci sono dei problemi di coordinamento e se oggi alla guerra dell’Iran non si unisce nessuno dei suoi alleati è perché non hanno le forze per farlo.
Quando Hamas ha attaccato Israele, aveva fatto un calcolo sbagliato: pensava che la Repubblica islamica dell’Iran si sarebbe unita e che Hezbollah, il più prezioso alleato di Teheran dell’Asse avrebbe scatenato il piano contro lo stato ebraico che teneva da anni nel cassetto e che prevedeva l’invasione via terra realizzata dalle Forze Radwan. Non è successo, il primo discorso pronunciato dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dopo il 7 ottobre lasciò delusi i combattenti di Hamas e dal Libano contro Israele arrivarono missili che riuscirono a svuotare la parte a nord del paese, ma nessun piano di invasione. Dallo Yemen, gli houthi, l’altro gruppo sciita alleato dell’Iran, furono i primi a dichiarare guerra a Israele in solidarietà con Hamas, ma la distanza e l’arsenale ridotto non li rendono efficienti come sarebbe stato Hezbollah. Neppure l’Iran intervenne direttamente a sostegno dell’attacco di Hamas. Lanciò due bombardamenti contro Israele soltanto nel 2024 per rispondere alle operazioni contro due suoi generali (uno era Mousavi) e contro l’uccisione di Ismail Haniyeh: capo di Hamas eliminato a Teheran, dove aveva assistito all’insediamento del presidente Pezeshkian e venne ucciso dentro a un palazzo riservato agli ospiti dei pasdaran. Non fu tanto la morte di Haniyeh a scuotere il regime, ma furono l’attacco in casa e l’umiliazione per aver lasciato che un agente dei servizi israeliani portasse un ordigno nella stanza di un palazzo che avrebbe dovuto essere blindato a far prendere a Khamenei la decisione di organizzare la vendetta che prese il nome di “Vera promessa”. Quando Israele ha deciso di entrare in guerra contro Hezbollah in Libano, dopo oltre un anno di lanci di missili e dopo il rifiuto di Nasrallah di rispettare la risoluzione delle Nazioni Unite che prevedeva che il gruppo armato si ritirasse a nord del fiume Leonte, ha eliminato tutti i capi dell’organizzazione e l’Iran non poté fare nulla, neppure mandare armi: Hezbollah ha dovuto combattere da solo, senza leader, senza un arsenale che sostituisse quello distrutto da Tsahal. Ora è un gruppo senza forze, che esiste ancora, ma incapace di agire. Hezbollah oggi non potrebbe mai entrare in guerra per sostenere l’Iran.
Dell’Asse della resistenza fanno parte anche le milizie filoiraniane in Iraq e in Siria. In Iraq sventolano bandiere a favore di Teheran senza agire, mentre in Siria subiscono l’impatto della cacciata del dittatore siriano Bashar el Assad. La forza di Khamenei era fomentata dall’esistenza del suo Asse, di cui lui, come guida della Repubblica islamica doveva essere il sole. Era questa l’arma più forte da usare contro Israele. Ma sia Teheran sia i suoi alleati hanno combattuto ognuno la propria guerra di sopravvivenza.

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