(foto EPA)

L'Ue cerca il modo di sbloccare i fondi di Mosca congelati, ma ci va molto cauta

David Carretta

Per Bruxelles i 200 miliardi russi congelati saranno più utili nel dopoguerra che adesso (anche perché non è semplice trasferirli direttamente a Kyiv)

Bruxelles. Ammontano a circa 200 miliardi di euro gli attivi della Banca centrale russa congelati dagli stati membri dell’Unione europea. Era stata la principale sanzione contro la Russia, adottata dopo l’avvio della guerra di aggressione contro l’Ucraina grazie allo zampino di Mario Draghi. Ci sono altri 24 miliardi di beni congelati che appartengono a cittadini o entità russi finiti nella lista nera europea. E’ un bottino che l’Ue vorrebbe utilizzare per aiutare Kyiv a continuare a difendersi e per finanziare la ricostruzione post bellica. Ma, tra prudenze politico-economiche e paure giuridiche, all’Ucraina rischiano di arrivare soltanto gli spicci. A meno che i 200 miliardi di euro non siano utilizzati come arma per costringere la Russia a pagare i danni della sua guerra.


Il Financial Times ieri ha raccontato che gli stati membri dell’Ue stanno discutendo di come usare a favore dell’Ucraina i 200 miliardi congelati della Banca centrale russa. Nessuna nuova rivelazione: la Commissione ha presentato le sue proposte il 30 novembre del 2022. L’Ue non ha aderito alla richiesta di Kyiv di trasferire tutti i beni congelati. Il principale ostacolo è di carattere giuridico. “Gli attivi congelati rimangono di proprietà dello stato russo”, spiega al Foglio un funzionario europeo: “Non c’è nessuna norma giuridica che consenta la confisca. Una volta revocate le sanzioni, gli attivi devono tornare alla Russia”. L’Ue teme di esporsi a una serie di contenziosi lanciati da Mosca davanti ad arbitrati e tribunali internazionali. In caso di decisione avversa, il rischio sarebbe di dover restituire tutto, anche se i 200 miliardi sono già nelle casse di Kyiv. Poi c’è la prudenza economico-politica. Con un tratto di penna su un decreto presidenziale di nazionalizzazione, Vladimir Putin potrebbe lanciare una rappresaglia contro le imprese europee che continuano a operare in Russia. Di fronte a questi rischi, l’idea della Commissione è di creare una struttura finanziaria ad hoc per gestire i fondi pubblici congelati e investirli. Gli interessi e i profitti dovrebbero essere poi usati a favore dell’Ucraina. 

Dallo scorso novembre c’è stato qualche progresso nelle discussioni tra i ventisette. L’obiettivo ora è arrivare a una decisione entro il Consiglio europeo di fine giugno. Ma, per quanto utile, il meccanismo permetterebbe di far arrivare a Kyiv una somma infinitamente più piccola del bottino russo. Lo dimostrano i dati resi pubblici dal Belgio, il paese in cui si concentra gran parte degli attivi russi congelati: 196,6 miliardi, di cui 180 miliardi della Banca centrale. La ragione è la sede in Belgio di Euroclear, una società che regola le transazioni e funge da depositaria centrale di titoli. Euroclear lo scorso anno ha dichiarato 821 milioni di euro di interessi sugli attivi russi congelati. Nel 2023 la cifra dovrebbe essere più alta, ma difficilmente supererà un paio di miliardi di euro, che è poco più di quanto l’Ue versa ogni mese all’Ucraina per il bilancio corrente. Inoltre, alcuni stati membri hanno dubbi sulla possibilità giuridica di usare anche solo gli interessi. Altri stati membri vogliono proteggere Euroclear da eventuali ricorsi. In ogni caso, l’Ue preferirebbe avere un accordo a livello internazionale. Complessivamente i partner del G7 hanno congelato circa 300 miliardi di euro della Banca centrale russa.

Tra i partner occidentali dell’Ucraina, chi si è mosso più rapidamente è stato il Canada, che nel giugno del 2022 ha adottato una legge per confiscare gli attivi di persone e entità russe sanzionate. Gli Stati Uniti sono stati più prudenti. A inizio mese il procuratore generale, Merrick Garland, ha autorizzato per la prima volta il trasferimento di fondi russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina (poco più di 5 milioni di euro dell’oligarca Konstantin Malofeyev), ma perché erano il frutto di violazione di precedenti sanzioni. Per l’Ue, una soluzione alternativa è quella adottata dal Belgio: versare a Kyiv le entrate fiscali aggiuntive derivanti dalle tasse sui profitti generati degli attivi russi investiti. Per il 2023 il governo belga stima di poter incassare 625 milioni di euro in tasse. “Queste entrare addizionali saranno usate solo per l’Ucraina”, ha spiegato ad aprile il premier Alexander De Croo. A maggio il Belgio ha staccato un primo assegno da 92 milioni per aiuti militari e umanitari. Ma si tratterebbe comunque di una somma irrisoria. La Commissione è convinta che i 200 miliardi della Banca centrale russa possano rivelarsi utili nel dopo guerra. La loro restituzione alla Russia potrebbe essere legata a un accordo di pace che includa i danni di guerra. Solo dopo che l’Ucraina avrà ricevuto le riparazioni da Mosca, l’Ue scongelerà i 200 miliardi e li restituirà alla Russia.

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