Harry, la ruota di scorta, ora fa paura a Murdoch

Michele Masneri

Tra “The Crown” e “Succession”, un nuovo capitolo della saga che contrappone la famiglia reale inglese ai tabloid accusati di spiare e intercettare tutti senza limiti. Secondo il duca di Sussex, l'editore non poteva non sapere

Londra. Dal nostro inviato - C’è stato un grande assente, o fantasma, che ha aleggiato sui festeggiamenti per re Carlo d’Inghilterra. Non è Diana e non è uno dei tanti nobili rimbalzati all’ingresso della parata  in favore di rappresentanti di diversity o celebrity borghesi del nuovo corso carlista. E non è nemmeno il principe Harry, accolto freddamente, più che freddamente all’incoronazione: impallato in terza fila dalla piuma in testa della zia principessa Anna, e poi assente in balcone, e immediatamente partito per l’aeroporto e per la sua California. Sbertucciato dal Sun, il quotidiano di Rupert Murdoch. No, è proprio Murdoch. In fondo, se non fosse per lui la storia avrebbe preso tutta un’altra piega. Almeno la storia recente dei Windsor: che nei suoi “plot twist” con l’editore australiano sembra un misto tra “The crown” e “Succession”.

 
Se nel 1993 il Daily Mirror (non di Murdoch) pubblicò le famose conversazioni sui tampax di Carlo e Camilla, che rivelarono al mondo la relazione fedifraga, il Sun (questo sì di Murdoch) rese noti gli “squidgy tapes” di Diana col suo amante James Gilbey (per i più piccini, conversazioni per i tempi piccanti, in cui Gilbey la definiva appunto “squidgy”, o, secondo la traduzione leggendaria, “strizzolina”). 

  
L’editore del Sun, Murdoch, è unanimemente accusato di aver trasformato il mondo dei tabloid inglesi in una fossa dei leoni, dove è la norma assediare le celebrità, pagando tangenti alla polizia, piazzando cimici all’interno delle case delle persone o sulle macchine. La stessa cultura che ha portato Diana a essere inseguita brutalmente dai paparazzi fino alla fine. Nessuno potrà mai provarlo legalmente, ma forse senza Murdoch Diana sarebbe ancora viva, e Camilla non sarebbe sul trono, chissà.


Quello che si può forse provare in tribunale è però che Murdoch intercettava tutti.  O almeno la famiglia reale. Ed è  quello che sta cercando di dimostrare Harry. L’erede scalcagnato, la “ruota di scorta” secondo la ormai celebre autobiografia, tornerà presto a Londra ma non per incontrare il padre e la matrigna bensì per convincere i tribunali delle sue ragioni.  Ha infatti fatto causa al tycoon australiano per aver intercettato illegamente la famiglia, e lui nello specifico, in un periodo che va dal 1994 al 2016. Harry ha anche annunciato, causando grave scandalo, e con studiato tempismo pochi giorni prima dell’incoronazione, che lo stesso gruppo di Murdoch avrebbe conferito nel 2020 una grossa cifra di denaro a suo fratello William a mo’ di risarcimento e per non finire in tribunale. 


A differenza degli altri, lui sostiene di non accettare patteggiamenti. E insinua ovviamente su di loro il sospetto invece dell’intesa col nemico, sempre quello: che la famiglia si sia sempre messa d’accordo con la stampa e con Murdoch in un patto scellerato, noi vi diamo le notizie e voi ci trattate bene, o almeno non ci massacrate, e tra le notizie potrebbe esserci anche il gossip su Harry e Meghan in cambio di un miglior trattamento della oggi regina Camilla. 


Il rapporto tossico tra il gruppo Murdoch e i Windsor del resto è noto e antico. Nell’aprile 2006 apparve sul News of the World, allora giornale ammiraglio dell’impero Murdoch, un pezzo che raccontava dettagliatamente di conversazioni telefoniche tra Harry e William. Il palazzo si insospettì e denunciò. Il reporter autore dello scoop venne condannato per violazione della privacy e il gruppo disse che si trattava di una mela marcia, ma poco tempo dopo il giornale fu condannato a pagare 1,5 milioni di dollari di danni per un caso simile. In realtà era un uso costante e indiscriminato, quello di microspie  e intercettazioni illegali, come si vede anche nel documentario in tre episodi che la BBC produsse nel 2020, “The Rise of the Murdoch Dynasty”, che ricostruisce tutta la vicenda di News of the World, giornale i cui reporter erano caldamente incoraggiati a violare la legge pur di attingere a notizie riservate dei reali e delle celebrità. Oltre ai Windsor,  a ribellarsi è stato l’attore Hugh Grant, perseguitato per anni con intercettazioni illegali. Il protagonista di “Quattro matrimoni e un funerale” aveva accettato anche lui un risarcimento anni fa ma poi ha deciso di trascinare in tribunale Murdoch, da lui definito “un pericolo per le democrazie liberali”.

 

A guidare la rivolta delle celebrità inglesi è stato Max Mosley. Il magnate della Formula 1 fu sbattuto in prima pagina sempre dal News of the World che lo pescò in un’orgia con delle prostitute, e lui abbigliato da nazista. Le prostitute c’erano davvero, ma non fu mai provato il suo outfit hitleriano. L’accusa era particolarmente infamante, essendo lui figlio del fondatore del partito nazista britannico, Sir Oswald Mosley, ombra da cui aveva impiegato una vita a liberarsi. Accusa talmente devastante che portò tra l’altro suo figlio alla morte per droga. Mosley da quel momento consacrò i suoi ultimi anni di vita a combattere Murdoch e il suo impero del gossip, e nel 2011 riuscì almeno in parte: il News of the World  chiuse i battenti. Fu anche l’anno in cui uscì l’ennesimo scandalo intercettazioni, questa volta alle spalle di una bambina, Milly Dowler, che era stata rapita. I giornalisti di Murdoch riuscirono a entrare nella segreteria del telefono di casa, cancellando i messaggi, cosa che fece sperare tutti che la ragazzina fosse ancora viva, ma quando fu invece trovata morta lo scandalo e la riprovazione furono enormi. Il giornale chiuse appunto nel 2011. Il suo direttore, Andy Coulson, che era stato già licenziato, e nel frattempo era diventato responsabile della comunicazione del primo ministro David Cameron, descritto nel documentario Bbc come galoppino di Murdoch, venne arrestato. Così come la vera mente del gruppo, Rebekah Wade, già direttrice del Sun e ancor oggi capa delle operazioni murdochiane in Inghilterra, che però evitò la condanna. 


Adesso il nuovo caso che vede Harry alla riscossa potrebbe portare all’affondamento pure del Sun; le spese legali per il giornale sono micidiali, solo 50 milioni di sterline nell’ultimo anno. Oltretutto, mentre continuano a uscire nomi di persone intercettate che magari non hanno denunciato negli anni (l’attrice Sienna Miller disse di non poterselo permettere per via dei costi) le cose potrebbero mettersi male per Murdoch. Se uscisse sconfitto anche questa volta, dopo il colossale risarcimento di 800 milioni di dollari pagato in America per il caso Dominion (quando la sua emittente Fox accusò il gruppo di macchine conta-voti di essere difettose per non aver sancito la vittoria di Trump) sarebbe un ulteriore colpo. Soprattutto, sia lui che la sua pupilla Rebekah Wade non potrebbero più difendersi con la solita motivazione secondo cui potevano non sapere, data l’ampiezza del gruppo. 
L’unica speranza per Murdoch è che sia troppo tardi adesso per procedere. Ma Harry sostiene di aver scoperto l’esistenza delle intercettazioni solo nel 2012 e sarebbe ancora a tempo. Il giudizio di ammissibilità si avrà comunque a breve, e in caso positivo il processo, che si annuncia ovviamente scandaloso, avverrà nel 2024. A quel punto il Sun, e Murdoch,  avrebbero ben poco da fare gli spiritosi. Ove mai fossero ancora in attività.

 

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).