La controffensiva ucraina è pronta

Armi arrivate e addestramento quasi finito. Per superare le mine russe resta l'incognita della fiducia

Cecilia Sala

Se Kyiv ha imparato le manovre coordinate le linee di difesa e i campi minati dai russi non la fermeranno 

Ieri il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha detto che Kyiv è “complessivamente pronta” per lanciare la controffensiva e liberare altro territorio, ma soprattutto altri cittadini, dall’occupazione russa. Il giorno prima il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva confermato la consegna di 230 carri armati e più di 1.500 mezzi per il trasporto truppe. Quello ancora prima il generale americano Christopher G. Cavoli aveva detto al Congresso che “più del 98 per cento dei veicoli promessi è già sul campo”. I russi hanno impiegato gli ultimi cinque mesi a fortificare le linee difensive disposte su più livelli e a riempire di ordigni gli spazi tra l’una e l’altra, ma con il tipo di armi appena consegnate i campi pieni di fossi e mine non sono impenetrabili. 

I “Discord leaks”, i documenti del Pentagono trafugati dal ventunenne ossessionato dalle armi e dai complotti Jack Teixeira, avevano svelato un altro dettaglio: l’addestramento per insegnare ai soldati ucraini come utilizzare i nuovi mezzi sarebbe stato completato alla fine di aprile. L’ultimo gruppo – un terzo del totale degli uomini che dovranno armeggiare i carri armati Leopard e i veicoli come i Bradley o gli Stryker – dovrebbe tornare a casa in questi giorni. La composizione delle forze ucraine che sono state preservate da combattimenti micidiali come quelli a Bakhmut e preparate per la controffensiva è fatta di un numero di brigate che potrebbero essere poco più o poco meno di 15 e 9 di queste combatteranno con armi occidentali – in totale si tratta di decine di migliaia di uomini dedicati all’operazione. Nel sud-est del paese i soldati della Settantaduesima brigata schierata a Vuhledar, il punto più vicino a Mariupol nel territorio controllato da Kyiv, sono già seduti sui Mraps americani. I Mraps sono veicoli che hanno un pesante rullo di acciaio e cemento attaccato davanti al muso che serve a passare un territorio minato senza saltare in aria, perché il rullo aggancia l’ordigno magnetico sul terreno e lo fa esplodere in anticipo. Anche se negli ultimi mesi Vuhledar è stato uno dei posti più cruenti della linea del fronte, alcuni soldati che si trovano lì hanno mantenuto l’attitudine ironica e sfidante a cui gli ucraini ci hanno abituati dall’inizio della guerra e, appena saliti sui Mraps, hanno fatto i complimenti agli americani “perché l’aria condizionata e l’impianto stereo sono favolosi”. Vuhledar è il punto sulla mappa dove a febbraio c’è stata una carneficina di carri armati russi e ciò che è successo nei campi tutt’intorno è esattamente quello che gli ucraini dovranno evitare quando saranno loro in attacco. I russi a Vuhledar non hanno utilizzato i Kmt – il loro equivalente dei rulli per stanare le mine – perché sui gruppi Telegram degli influencer militari vicini al Cremlino circola de mesi un video in cui un carrista russo muore nell’esplosione di una mina nonostante stesse utilizzando il Kmt: dall’estate i suoi colleghi non si fidano più della macchina. A Vuhledar c’è stato un assalto russo con un tasso di sopravvivenza del 13 per cento: significa che l’83 per cento dei militari impiegati nell’operazione è morto. 

Dopo il ritiro da Kherson, la Russia è stata fermata nei tentativi di avanzare nel sud dall’incapacità delle proprie brigate – non quelle composte da mercenari o ex detenuti, ma da marine – di superare i campi minati. Quei campi spesso sono in punti sotto il tiro dell’artiglieria nemica e se non si procede spediti si finisce in trappola. 

Ancora più che il numero di armi ricevute, l’elemento che determinerà il successo o il fallimento della controffensiva ucraina sta nella capacità di coordinamento in situazioni simili. Il punto è se negli ultimi mesi gli ucraini siano riusciti a imparare le manovre coordinate per superare le linee di difesa russe senza finire in trappola fra la prima e la seconda. Se siano in grado di comporre insieme i movimenti delle macchine per sminare, della fanteria che è meno protetta ma vede meglio dei carri ed è più agile, quelli dei carri che possono superare le trincee ma hanno bisogno di supporto per non finire sulle mine. Finora la guerra è stata combattuta da entrambi gli eserciti procedendo per fasi distinte, i russi non si sono mai emancipati dalla sequenza: prima l’artiglieria spiana, poi arrivano gli altri. Secondo il generale Mick Ryan, nelle manovre coordinate tutto sta nella fiducia nelle proprie competenze e il segreto è non andare nel panico. Se un soldato non capisce il sistema complessivo seguendo il quale si sta avanzando e non si fida che la squadra di sminatori procederà in contemporanea al suo carro armato, si ferma per paura di una mina e fa saltare tutta la catena: così si rimane impigliati in un campo fra due file di russi. Se questa confidenza sia stata acquisita nelle settimane spese con gli istruttori occidentali in Europa e negli Stati Uniti è la vera incognita della prossima controffensiva.

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