l'intervista

Kyiv chiama Israele e il rabbino capo dell'Ucraina ci spiega come

La storia di Anatevka e lo sguardo dei russi trasformati in zombi

Micol Flammini

Ora che Mosca stringe patti sempre più stretti con l'Iran, Gerusalemme è ancora meno al sicuro. Moshe Reuven Azman ci racconta i legami con il governo di Netanyahu e come, da oppositore del Kgb a Leningrado, è diventato un patriota ucraino

Moshe Reuven Azman è il ponte tra Kyiv e Gerusalemme e si fida del governo di Benjamin Netanyahu, sicuramente si fida del premier in persona. “Lho incontrato tre volte e quando  ci siamo visti è stato lui a parlarmi dell’invasione russa. Netanyahu conosce l’importanza di unire le due bandiere, quella ucraina e quella israeliana”, ha detto al Foglio il rabbino capo dell’Ucraina. “Faccio sempre una domanda semplice in Israele, l’ho fatta anche al ministro degli Esteri Eli Cohen quando è venuto a Kyiv. Per prima cosa faccio notare che Mosca ha cambiato tutte le regole del gioco. E poi chiedo: oggi chi sono gli amici  della Russia?”.  Il rabbino capo procede con l’elenco: “La Corea del nord, la Siria e l’Iran, con cui collabora e a cui dà soldi”. La collaborazione tra Mosca e Teheran è sempre più intensa, la Russia compra i droni iraniani che usa contro l’Ucraina e in cambio non dà soltanto soldi, ma anche tecnologia. Il Wall Street Journal ha scritto che Mosca sta istruendo Teheran sulla guerra informatica e il primo obiettivo dell’Iran è proprio Israele.  “La guerra in Ucraina interessa Gerusalemme eccome, proprio per come si stanno sviluppando i rapporti tra la Russia e l’Iran”, dice Azman, che parla in russo ed è nato a San Pietroburgo quando si chiamava Leningrado. “La stessa città di Putin – sottolinea – ma lui era del Kgb, io ero contro il Kgb e sono stato spesso indagato, questo è stato uno dei motivi per cui volevo lasciare l’Urss”.

 

Moshe Reuven Azman ha creato una comunità alle porte di Kyiv chiamata Anatevka che dal 2015 ha accolto i rifugiati che fuggivano dalla guerra nel Donbas, “quando è iniziata l’invasione lo scorso anno mi sono organizzato per portare in salvo Anatevka, i russi erano attorno, non sapevano se fosse più pericoloso andare o rimanere, siamo stati miracolati e allora abbiamo ricevuto richieste di aiuto da famiglie che arrivavano da Bucha o da Irpin”. Ha aiutato  organizzando pullman che partivano dall’Ucraina verso la Moldavia, “non era semplice neppure trovare gli autisti, alcune autostrade erano occupate, i russi sembravano essere ovunque”. Sollecitare i rapporti con Israele è parte del suo compito, “dico sempre a Gerusalemme che loro neppure  sono al sicuro e la stessa cosa ho detto alle comunità ebraiche in Russia. Non riesco a capire cosa sia successo a Mosca, capisco solo che è guidata da un’ideologia fascista. Basta guardare cosa dicono in televisione, usano le parole di un Goebbels, danno alla gente una vita virtuale. Putin ha reso le persone degli zombi. Anche i tedeschi durante la Seconda guerra mondiale erano zombi e anche loro partivano e invadevano dicendo di andare a liberare i loro fratelli oppressi”.

 

Moshe Reuven Azman lasciò Leningrado per trasferirsi in Israele, pensava che non sarebbe mai più tornato in uno dei paesi che facevano parte dell’Urss, invece nel 1995 si è trasferito in Ucraina, il paese di sua moglie, con il compito di occuparsi della comunità ebraica. “Ora sono un patriota ucraino,  vedo come i russi hanno privatizzato la vittoria sul nazismo e   oggi   la usano come pretesto per fare una guerra. Pensano di avere il diritto di decidere da un giorno all’altro chi è nazista. Hanno distrutto città russofone, come Mariupol o Kharkiv, hanno forse trovato qualche nazista in un paese che ha eletto per il settanta per cento un presidente ebreo? Hanno detto di essere venuti per denazificare, i nazisti non ci sono. Stanno ottenendo solo un risultato: stanno derussizzando”. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.