Il presidente serbo  Aleksandar Vucic (Lapresse)

Il piano

L'Ue a Ohrid cerca di avvicinare Serbia e Kosovo

Andrea Walton

Nella città macedone si incontrano oggi il presidente serbo e il primo ministro kosovaro, dopo il vertice di Bruxelles. Dietro c'è sempre l'organizzazione dell'Europa nel tentativo di normalizzare i rapporti tra i due paesi: ma non sarà semplice

Il primo ministro kosovaro Albin Kurti e il presidente serbo Aleksandar Vucic si incontreranno oggi nella città macedone di Ohrid. Il summit è stato organizzato dall’Unione europea, che ha imposto a Belgrado e Pristina di normalizzare le relazioni come prerequisito per l’ingresso nel club dei ventisette. L’ultimo incontro tra Kurti e Vucic si era svolto lo scorso 27 febbraio a Bruxelles, aveva prodotto un’intesa verbale in undici punti per un piano comunitario sui rapporti di buon vicinato tra i due stati. Il piano prevede il riconoscimento bilaterale dei documenti e dei simboli nazionali e la rimozione del veto serbo all’adesione del Kosovo alle Nazione Unite e all’Unione europea. La speranza era quella di giungere a una firma dell’intesa a Ohrid ma Vucic ha dichiarato di avere bisogno di più tempo per ratificare.

 

Il Kosovo, popolato in maggioranza da albanesi, ha proclamato la propria indipendenza dalla Serbia nel 2008, Belgrado non ha mai riconosciuto questa mossa e continua a considerare la regione parte del proprio territorio nazionale. Per il nazionalismo e la storia della Serbia il Kosovo è molto importante perché è considerato la culla della nazione e il luogo di fondazione della locale Chiesa ortodossa. Dal 2011 Belgrado e Pristina portano avanti negoziati infruttuosi per normalizzare le relazioni mentre negli ultimi anni è cresciuta in maniera significativa la tensione tra le parti. Sono 106 le nazioni al mondo che ancora non hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, tra queste ci sono la Cina, la Russia, che negli ultimi anni ha stretto con Belgrado un’alleanza incentrata sui comuni legami etnici e religiosi, oltre a cinque stati membri dell’Unione europea: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna, che  non hanno relazioni ufficiali con Pristina per prevenire possibili rivendicazioni secessioniste interne.

 

Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, ha reso noto che tutti i Balcani occidentali potrebbero beneficiare di una possibile convergenza tra Kosovo e Serbia mentre Gabriel Escobar, inviato speciale degli Stati Uniti per i Balcani occidentali, ha recentemente espresso ottimismo in merito al raggiungimento, nel corso del 2023, di un accordo di normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia. “Secondo la posizione americana – ha ricordato Escobar durante un’intervista all’emittente Radio Free Europe/ Radio Liberty – il Kosovo è una nazione indipendente con la propria sovranità ed integrità territoriale”. Come ha scritto, Denisa Kostovicova, professoressa di Politica internazionale presso l’European Institute della London School of Economics, l’ostacolo più grande che grava su Kosovo e Serbia riguarda le opinioni pubbliche delle due nazioni, che hanno manifestato una certa ostilità nei confronti del processo di implementazione.

 

In un recente sondaggio, realizzato da un think tank conservatore serbo, è stato chiesto ai partecipanti se avrebbero accettato uno scambio tra l’adesione di Belgrado all’Unione europea e quella del Kosovo alle Nazioni Unite. Il 78 per cento degli interpellati ha risposto di “no” e appena il 9 per cento ha risposto positivamente. Questo dato, che è significativo e trova riscontro anche in Kosovo, riflette le potenziali difficoltà delle leadership politiche nel persuadere le opinioni pubbliche interne della bontà delle proprie azioni. Giorgio Fruscione, analista dell’Ispi ed esperto di Balcani, ha dichiarato al Foglio che “l’esito dell’incontro di Ohrid dovrebbe essere positivo, ma sussistono incertezze sull’implementazione di alcuni punti pratici” e tra questi c’è  “quello della tutela della minoranza serba che vive in Kosovo”. Nel territorio kosovaro vivono circa centomila serbi, la metà dei quali è concentrata in quattro comuni del nord: Leposavic, Kosovska Mitrovica, Zubin Potok e Zvecan. Le relazioni tra la comunità albanese e quella serba sono praticamente assenti. Non c’è interazione dal punto di vista della socialità, i membri di una comunità non parlano la lingua dell’altra e i giovani serbi frequentano solamente le scuole della propria comunità, con programmi decisi da Belgrado. Il governo di Pristina non ha controllo sulle aree serbe del nord, che rispondono direttamente a Belgrado.

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