il colloquio

Zarifa Ghafari ci racconta la battaglia dei padri per far studiare in segreto le loro figlie in Afghanistan

Cecilia Sala

A 24 anni è la sindaca più giovane del paese a Maidan Shar. Al Foglio dice: "L'Afghanistan senza donne è un luogo meno sicuro". Intervista

Zarifa Ghafari è cresciuta con l’idea che da grande avrebbe fatto politica ed è diventata adulta in un Afghanistan dove era possibile: dopo il 2001, prima del 2021. A 24 anni è la sindaca più giovane del paese a Maidan Shar. Tutti i giorni per andare al lavoro passa su una strada controllata dai talebani, e tutti i giorni il suo autista spinge sull’acceleratore e tiene la mano sinistra sul volante mentre con la destra impugna la pistola appoggiata sulla coscia. “Era difficile, ma era possibile”, dice Ghafari al Foglio. Zarifa ha passato l’adolescenza a organizzare cortei, tenere comizi, e litigare con gli uomini. I suoi motti, urlati nel megafono in strada o da piccoli palchi in mezzo alla sabbia, erano due: “Far studiare una classe di ragazze significa salvare dieci generazioni di afghani” e “gli uomini hanno avuto la loro occasione per 50 anni: non mi sembra abbia funzionato”.

I talebani le mandano molte lettere, in una c’è scritto: “In nome della democrazia, lei sta diffondendo il vizio nel nostro popolo!”. E poche righe sotto: “Ha una settimana per smetterla o l’ammazziamo”. Era il 2017, Zarifa l’ha riletta nel 2020 e quella minaccia l’ha fatta sorridere: “Sono ancora viva”. Poco dopo, una domenica di marzo, quattro uomini armati hanno aperto il fuoco contro la sua jeep. “Hanno provato ad assassinarmi tre volte, e non essendoci riusciti, hanno ucciso mio padre”. Un militare, un uomo che il giorno che sono arrivati gli americani è corso a tagliarsi la barba lunga che detestava, Zarifa se lo ricorda anche se allora aveva sette anni e dice: “Credo di aver ereditato le sue tendenze ossessivo-compulsive”, che per lei significa mettere tutto in ordine, sistemare ciò che si rompe, riparare le ingiustizie. Zarifa ricorda anche quando le ha confessato che aveva sempre pregato di avere una figlia femmina. “Era insolito un affetto così da parte di un padre verso una bambina afghana”. La nonna di Zarifa era un’operaia in fabbrica, sua mamma ha studiato e lei ha fatto politica

 

Prima che venissero estromesse dal lavoro, le donne afghane partecipavano per un miliardo di dollari al pil del paese. Ora le studentesse di medicina che avevano già dato tutti gli esami non possono laurearsi e diventare dottoresse. Significa che a un certo punto finiranno le dottoresse in un paese dove spesso i mariti non permettono alle mogli di essere curate da un maschio. “In Afghanistan la gravidanza e il parto hanno ammazzato molte più donne e bambini di bombe e pallottole”.

Prima del 2001, le morti di madri e neonati ogni anno erano oltre il triplo che nel 2020. Nel 2014 l’Onu aveva cominciato un progetto per addestrare cinquemila poliziotte, adesso lo Stato islamico riesce a portare il terrore ovunque al ritmo di un attentato alla settimana perché i terroristi si travestono da donne e nascondono sotto il burqa le bombe. I talebani sono maschi e i maschi non possono alzare un burqa e trovare le bombe. “Lo Stato islamico è qualcosa con cui l’occidente sarà costretto a tornare a fare i conti”, dice Zarifa. Lei ha raccontato i suoi incontri nel nuovo Afghanistan di cui i talebani sono tornati i padroni e la sua lotta che non è finita in “Zarifa. La battaglia di una donna in un mondo di uomini”, pubblicato con Solferino. C’è qualcosa che non si può cancellare dei vent’anni senza talebani? I padri come il tuo quanti sono oggi? “Molti di più, il fenomeno delle famiglie che corrono rischi pur di permettere alle figlie di studiare clandestinamente ha dimensioni che qui non potete immaginare”.

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