Manfred Weber (Lapresse)

Trame europee

Weber spinge il Ppe a destra contro von der Leyen. L'esempio italiano

David Carretta

Il presidente del gruppo dei popolari ha deciso di lanciarsi in una spericolata avventura politica per impallinare l’agenda della Commissione. Lo dimostrano le ultime prese di posizione: segni di una possibile alleanza con i sovranisti

Bruxelles. Con la Cdu-Csu all’opposizione in Germania, il presidente del gruppo del Partito popolare europeo, Manfred Weber, ha deciso di lanciarsi in una spericolata avventura politica: trasformare la principale formazione politica dell’Ue in un franco-tiratore pronto a impallinare l’agenda della Commissione di Ursula von der Leyen. I segnali si stanno accumulando con voti e prese di posizione del Ppe che contraddicono la linea della Commissione. Nelle mire di Weber ci sono le elezioni europee del 2024 nelle quali il Ppe rischia di perdere altre decine di seggi, il tentativo di portare Roberta Metsola alla presidenza della Commissione e un riequilibrio a destra della prossima maggioranza europea.

 

Lo scorso 16 febbraio il Ppe ha deciso di non sostenere al Parlamento europeo una risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza Ursula allargata su una “Strategia dell’Ue per rafforzare la competitività industriale, il commercio e i posti di lavoro di qualità”. Si trattava di un atto politico per mostrare il sostegno del Parlamento alla nuova politica industriale del Green deal annunciata da von der Leyen per rispondere all’Inflation reduction act dell’Amministrazione Biden e ai sussidi della Cina sul green tech. Dopo lunghi negoziati tra i principali gruppi, il testo è stato sottoscritto dai Socialisti & Democratici, dai liberali di Renew e dai Verdi. La risoluzione ricalcava le priorità dei popolari. Ma Weber ha imposto di non aggiungere la firma del Ppe. L’Unione Cdu-Csu vota “contro il presidente tedesco della Commissione: incomprensibile”, ha commentato l’europarlamentare dei Verdi tedeschi, Alexandra Geese. Quello sulla politica industriale del Green deal non è l’unico episodio di insubordinazione di Weber. Due giorni prima, il 14 febbraio, gran parte del gruppo del Ppe – compreso Weber – ha votato contro l’accordo tra il Parlamento e il Consiglio sull’abolizione dei veicoli con motore a combustione nel 2035, uno dei provvedimenti chiave del Green deal di von der Leyen.

 

Fino a un anno fa il Ppe aveva garantito un sostegno indefesso alla Commissione. È normale: è la più grande forza della coalizione che governa al Parlamento europeo, Von der Leyen è tedesca della Cdu e i popolari hanno una maggioranza di commissari dentro il collegio. Ciò che è cambiato da allora è l’inquilino della cancelleria a Berlino: non più la cristiano-democratica Angela Merkel, ma il socialdemocratico Olaf Scholz, alla testa di una coalizione con verdi e liberali. Il passaggio all’opposizione della Cdu-Csu in Germania, anche se lentamente, si sta ripercuotendo anche su Bruxelles e Strasburgo. Weber è uno dei leader della Csu bavarese. L’Unione Cdu-Csu ha la più grande delegazione nazionale dentro il Ppe. L’uscita di Merkel, leader incontrastata dentro l’Ue nell’ultimo decennio del suo mandato, è stata accompagnata da un’erosione del peso del Ppe dentro il Consiglio europeo. Nessun grande stato membro è guidato da leader popolari. I capi di stato e di governo di Romania, Svezia, Austria, Croazia, Lettonia, Slovacchia Grecia e Cipro hanno meno influenza di quelli liberali che guidano Francia, Paesi Bassi, Belgio, Slovenia, Estonia e Lussemburgo, o di quelli socialisti di Germania, Spagna, Portogallo, Finlandia, Danimarca e Malta. Dentro il Consiglio europeo il Ppe è costretto a subire la concorrenza anche dei leader della destra sovranista dei Conservatori e riformatori europei (Ecr) che dirigono Italia, Polonia, e Repubblica ceca.

 

A Bruxelles si sente parlare spesso di un tentativo di Weber di plasmare nel 2024 una nuova coalizione al Parlamento europeo, costruita su accordo a destra tra il Ppe e l’Ecr. Effettivamente Weber sta posizionando i popolari sempre più a destra anche sui temi delle politiche migratorie e dei diritti umani. Il presidente del Ppe si è messo sulla scia dei sovranisti e dell’estrema destra nella caccia alle streghe contro le ong non solo sui migranti, ma anche nell’ambito del Qatargate, lanciando accuse generalizzate (e senza fondamento) sul loro ruolo di strumento di influenza straniera. La nomina di Metsola, attuale presidente del Parlamento, a presidente della Commissione sarebbe il cuore dell’operazione. “Ciò che Weber vuole davvero insieme al capo del governo post-fascista italiano (Giorgia Meloni), è portare i partiti di estrema destra nel Ppe e candidare per la presidenza della Commissione Roberta Metsola invece di von der Leyen”, spiega la verde Geese. 

 

Eppure i numeri di un’alleanza tra popolari e sovranisti non tornano. “Non avrebbero la maggioranza in Consiglio e quindi poche possibilità”, dice Geese. Lo stesso vale per il Parlamento europeo: anche con risultati ben al di sopra di quelli previsti dagli attuali sondaggi, Ppe e Ecr non avrebbero la maggioranza assoluta nell’aula di Strasburgo. Al massimo potrebbero sperare di formare una coalizione con i liberali di Renew con una maggioranza minima. Ma l’Ue non è governabile con una manciata di voti al Parlamento europeo e contro un terzo di leader socialisti dentro al Consiglio europeo. Secondo Geese, Weber “sta attualmente minando l’influenza del suo partito e della Germania nell’Ue per spostare tutta Europa a destra, seguendo l’esempio italiano”.

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