Volodymyr Zelensky (Lapresse)

Il documento

Il piano per sconfiggere Putin: preparare l'Ucraina a combattere sempre

Pietro Guastamacchia

Il Kyiv Security Compact del danese Rasmussen e del capo di gabinetto di Zelensky Andriy Yermak sta facendo il giro dell'Ue. "Saranno le posizioni sul campo a decidere chi ha vinto" ci dice l'ex segretario della Nato

Bruxelles. “Non saranno i negoziati a determinare l’esito di questa guerra ma saranno le posizioni sul campo di battaglia a decidere chi ha vinto e pertanto è compito nostro dare all’Ucraina tutta l’assistenza possibile”. L’ex segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen taglia corto nel rispondere al Foglio mentre lascia la sala del Parlamento europeo. Non è qui per parlare di negoziati di pace d’altronde ma del Kyiv Security Compact: un piano per rendere l’Ucraina capace, da sola, di sconfiggere militarmente la Russia. Dietro a questo documento, che sta facendo il giro della capitali Ue, c’è una strana coppia: il danese Rasmussen e il capo di gabinetto della presidenza ucraina, Andriy Yermak. Aspetto e stile completamente diversi ma obiettivi in comune e infatti il tour di presentazioni europee della tabella di marcia elaborata per offrire all’Ucraina garanzie di sicurezza e integrità territoriali si avvale largamente di tutto il repertorio cinematografico anni ottanta del vecchio trucco sbirro buono-sbirro cattivo. 

 

Yermak appare in verde militare in videoconferenza all’Eurocamera e urla in faccia ai presenti per oltre venti minuti che “il Cremlino sta pianificando una nuova offensiva e che le città ucraine saranno di nuovo prese d’assalto dalle truppe di Putin”. La strategia europea secondo l’ucraino non funziona più, “aspettare è sbagliato, reagire alle mosse di Putin non è abbastanza, bisogna prevenire: date all’ucraina tutto il range di armi a vostra disposizione”. In sala Rasmussen smorza i toni, ma non i contenuti: “La Nato non è in guerra con la Russia, ma alcuni paesi Nato, in un certo senso cobelligeranti lo sono”. L’affermazione del danese lascia l’aula gelata al punto che l’ex capo della Nato si sente in dovere di spiegare: “Non dobbiamo stupirci di questa affermazione, la carta dell’Onu prevede che uno stato invaso chieda assistenza ai vicini e noi stiamo agendo di conseguenza”. L’obiettivo del piano elaborato da Rasmussen e Yermak dunque è semplice: fare in modo che la Russia non sia mai più nelle condizioni di mettere a rischio la sovranità ucraina. 

 

Senza lasciar spazio ad ambiguità Rasmussen entra pacatamente nel dettaglio: “Il Kyiv Security Compact si basa su un assioma molto chiaro: la difesa della sovranità dipende dalle sue capacità di difendersi e questo piano mira ad aiutare l’Ucraina ad avere un esercito capace di sconfiggere i russi sul campo di battaglia”. Mettere Davide nelle condizioni di sconfiggere sistematicamente Golia dunque, e per farlo il piano ha individuato quattro punti cardine: creazione di un esercito ucraino solido senza limiti di fondi o dimensioni, miglioramento della condivisione di intelligence tra Ucraina e alleati, missioni d’addestramento Ue e Nato per le truppe di Kyiv e sviluppo di una industria moderna della Difesa in Ucraina. Sul quarto punto Yermak rientra a gamba tesa nella discussione spiegando che se le armi moderne gli ucraini imparano a farsele poi non dovranno più chiederle agli alleati “sollevandovi così dall’imbarazzo di doverle dare”. 

 

Sulle armi il piano parla chiaro: più forniture a Kyiv, e non solo Leopard, ma anche i caccia. Anzi: “Mandare tutto tranne l’arsenale nucleare e senza troppe discussioni pubbliche perché più si parla più si danno informazioni a Putin per prepararsi e in guerra la sorpresa è un’arma”, spiega Rasmussen. E sui dubbi di chi teme che i russi possano così mettere le mani su armi e tecnologie Nato, a margine spiega: “In guerra funziona così, le armi, se le usi, devi aspettarti che possano essere catturate, sarà compito delle nostre industrie militari creare nuovi brevetti per stare al passo con gli eventi”. L’elefante nella stanza però rimane l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza atlantica che per l’ex segretario generale della Nato “sarebbe solo che un guadagno per la Nato, ma al momento non è possibile”. Proprio da qui nasce l’esigenza per il suo piano, per “accelerare la pacificazione del paese e promuovere un successivo ingresso nell’alleanza”. Yermak dallo schermo scuote la testa, “fosse per Kyiv entreremmo oggi stesso ma è vero che questo piano segna il primo passo in quella direzione”. 

 

Più che tecnico, il piano elaborato da Rasmussen e Yermak è un documento politico. Nell’alleanza infatti le resistenze anche solo alla menzione di un ingresso dell’Ucraina nella Nato sono ancora forti e il vertice Nato di Vilnius rischia di diventare la fotografia di un’alleanza spaccata sul tema. “Il Kyiv Security Compact è una via per evitarlo, con il dovuto sostegno questo piano darà a Kyiv quanto necessario per vincere sul campo senza incrinare gli equilibri dell’alleanza”, conclude Rasmussen, prima di scappare e riprendere il giro delle capitali.

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