Jenin (Ansa)

La vera Fauda

Israele torna nella capitale del terrorismo, Jenin, e infuria una battaglia durissima

Giulio Meotti

Una nuova operazione antiterrorismo contro la Jihad islamica, in cui sono morti nove palestinesi, alcuni dei quali appartenenti a una cellula terroristica. La sicurezza israeliana ha parlato di "bomba a orologeria", di un attentato imminente e si prepara sul fronte di Gaza, dove  Hamas ha promesso vendetta

La “battaglia di Jenin” ebbe luogo nell’aprile 2002 quando l’esercito israeliano, in piena Seconda intifada (delle stragi suicide), entrarono nel campo palestinese per neutralizzare le cellule terroristiche che stavano compiendo attentati e  causando la morte di centinaia di civili israeliani. Undici giorni di scontri casa per casa in cui rimasero uccisi ventitré soldati israeliani e 52 palestinesi, dei quali 48 jihadisti. 

Oggi Israele ha compiuto una nuova operazione antiterrorismo di tre ore a Jenin per fermare la Jihad islamica, i terroristi legati alla Repubblica islamica iraniana. E sono morti nove palestinesi. L’esercito israeliano aveva tentato di entrare a Jenin con un camion di rifornimenti di frigoriferi, ma alcuni palestinesi lo avevano trovato sospetto e aperto il fuoco, facendo saltare la copertura. “Questo è un numero di vittime che non vedi tutti i giorni e ci stiamo preparando per vari scenari di escalation”, dicono dall’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Tre membri della cellula terroristica sono stati uccisi. Si indaga su chi siano le altre vittime. Gli scontri hanno segnato il più mortale raid israeliano in Cisgiordania da anni. 

 

Il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, accusa Israele di aver compiuto “un massacro a Jenin nel silenzio della comunità internazionale” (l’Anp lo disse anche nel 2002 e si rivelò un falso clamoroso, che fece danni enormi alla reputazione israeliana). L’offensiva antiterrorismo è incentrata principalmente sulla Cisgiordania settentrionale e Jenin, dove si svolge l’ultima stagione della popolarissima serie di Netflix “Fauda”, per far fronte a una serie di attacchi che hanno provocato la morte di 31 israeliani nel 2022. L’establishment di sicurezza d’Israele di solito cerca di evitare di effettuare arresti al centro di un campo profughi per ridurre il più possibile il numero delle vittime, ma questa mattina Israele ha deciso di agire comunque all’interno del campo di Jenin a causa del livello della minaccia. Si è parlato di una “bomba a orologeria”. Un attentato imminente. Forse per il giorno della memoria della Shoah? 

L’esercito israeliano ha dichiarato di aver sventato cinquecento attacchi terroristici dall’inizio del 2022, un anno che ha visto innumerevoli raid antiterrorismo in Cisgiordania, e anche numerose vittime palestinesi. Il numero più alto dal 2006, l’anno di coda della seconda Intifada. 

Ora Israele si aspetta l’apertura di un fronte anche a Gaza, dove Hamas promette “vendetta” per i morti di Jenin. Il nuovo governo d’Israele promette una svolta oltranzista sulla sicurezza e Itamar Ben Gvir, il nuovo ministro dell’Interno, un falco della destra religiosa, ha ordinato alla polizia di rimuovere qualsiasi bandiera palestinese sventolata in pubblico e la coalizione di governo lavora a una ondata di legalizzazioni degli insediamenti. E si parlare di tornare proprio nei quattro insediamenti nel nord della Cisgiordania da cui Israele si è ritirato nel 2005 con Ariel Sharon: Homesh, Ganim, Kadim e Sanur. Quattro comunità, da allora zona militare, dove è vietata la presenza civile  e che, a differenza di Gaza, Israele non ha mai consegnato all’Autorità Palestinese. 

Nelle colonie di Ganim e Kadim c’era un detto: “Appoggi l’anima sul sedile e la riprendi dopo il checkpoint”. Qui lo sgombero iniziò  prima che arrivasse l’esercito a portare via gli ebrei: avevano fatto tutti le valigie nottetempo. L’esercito israeliano durante l’Intifada aveva creato una “Ssz”, una zona  di sicurezza di quattrocento metri attorno agli insediamenti più a rischio. I primi a ottenerla furono quelli affacciati su Jenin. C’è aria di resa dei conti. 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.