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In crisi

Che spettacolo “disdicevole”, si dicono da soli i socialisti francesi accusandosi di brogli

Mauro Zanon

Nelle consultazioni interne, Oliver Faure ha avuto più consensi (pochi) di Mayer-Rossignol ed è segretario del Ps. Vuole allearsi con Mélenchon e fa litigare tutti

Parigi. Dieci anni fa, il Partito socialista (Ps) era la prima formazione politica di Francia per numero di elettori, aveva l’Eliseo e Matignon e il controllo della maggioranza delle regioni e dei dipartimenti. E’ passato un quinquennio e poco più dall’ultimo giorno di François Hollande alla presidenza della Repubblica, e il Ps, il partito fondato da François Mitterrand, rischia di sparire per sempre, travolto dai debiti e da una crisi di idee e di identità divenute insostenibili, incapace persino di designare senza tensioni il vincitore di uno scrutinio interno che non ha riunito nemmeno 25 mila anime. Venerdì, in occasione dell’elezione del nuovo segretario nazionale, la direzione del Ps ha proclamato la vittoria del segretario uscente, Olivier Faure, col 50,83 per cento dei voti (12.076), ai danni del rivale sostenuto dalla vecchia guardia socialista, Nicolas Mayer-Rossignol, attuale sindaco di Rouen (11.683 voti).

 

Soltanto 393 schede di differenza: uno scarto troppo ridotto, sospetto per Mayer-Rossignol, che ha  lanciato accuse di brogli nei confronti di Faure e contestato l’esito dell’elezione.  “Le cifre che abbiamo a disposizione mostrano che siamo in testa, che abbiamo vinto l’elezione”, ha reagito il sindaco di Rouen, entrato nel Ps attraverso l’ex primo ministro Laurent Fabius. “Esigo che la democrazia venga rispettata e che la commissione di garanzia si riunisca, in conformità con i nostri statuti, al fine di verificare i risultati. Olivier Faure sta distruggendo il Ps”, ha aggiunto con toni durissimi Mayer-Rossignol. 

La spaccatura a metà del Partito socialista era già emersa durante il primo turno del 12 gennaio, con la mozione “Gagner!” di Faure, favorevole all’unione con la France insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon, che aveva raccolto il 49,15 per cento dei suffragi, e la mozione “Refondations” di Mayer-Rossignol, ostile all’abbraccio social-populista con Mélenchon, che aveva ottenuto il 30,51. Sabato, la commissione invocata dal sindaco di Rouen si è riunita fino a tarda serata, ma senza sfornare alcun comunicato ufficiale.

Domenica, in un colloquio sul Journal du dimanche, Faure ha invitato Mayer-Rossignol e i vecchi elefanti del socialismo che lo sostengono, dall’ex capo dello stato François Hollande alla sindaca di Parigi Anne Hidalgo, ad accettare la sconfitta e a voltare pagina. “Il risultato è chiaro e inequivocabile. Il tempo dei voti è terminato. Tengo a manifestare la mia riconoscenza ai socialisti per avermi confermato nella più bella delle funzioni, quella di condurre e di animare il partito della giustizia sociale e ecologica”, ha dichiarato Faure. Scatenando le reazioni immediate del suo avversario, che su Twitter ha denunciato “le dichiarazioni irresponsabili” del segretario nazionale. “Il nostro partito sta offrendo uno spettacolo disdicevole”, ha affermato Mayer-Rossignol. 

 

Faure, nato da padre francese e madre vietnamita, è diventato segretario nazionale del Ps nel gennaio 2018, col sostegno, tra gli altri, dalla sindaca di Lille Martine Aubry, socialista storica ed esponente dell’ala sinistra del partito. Alle europee del 2019, la lista Ps-Place publique, il movimento fondato dall’intellettuale Raphaël Glucksmann, ha ottenuto un buon 6,2 per cento. E alle elezioni comunali del 2020, la sua strategia di unione delle sinistre, socialisti, ecologisti e comunisti, ha permesso al partito di mantenere le grandi città e di ottenerne di nuove grazie alle alleanze. Ma il risultato catastrofico delle presidenziali, 1,7 per cento di voti per la candidata Hidalgo, e la decisione di far parte della Nupes (Nouvelle union écologique et sociale), l’alleanza delle sinistre all’Assemblea nazionale guidata da Mélenchon, lo hanno messo in una posizione molto delicata. I vecchi cacicchi del socialismo accusano Faure di aver venduto l’anima del partito al diavolo Mélenchon, di essersi sottomesso a un leader che oggi, per le sue posizioni estreme, è infrequentabile. “Un Ps ripiegato su sé stesso, un Ps che parla solo al Ps è un’impasse”, ha risposto Faure al Journal du dimanche, assicurando che Mayer-Rossignol “sarà associato agli orientamenti strategici, in particolare per le europee, poiché è su questo tema che, fin dall’inizio, ha manifestato le sue più grandi preoccupazioni”. 

Per descrivere l’attuale situazione del Ps, il deputato Jean-René Cazeneuve, che ha appoggiato la mozione Mayer-Rossignol, ha ripreso la diagnosi sulle “due sinistre irriconciliabili” dell’ex premier Manuel Valls, che nel 2016 tracciò una frontiera valoriale all’interno della gauche. “La metà dei tesserati del Ps non vuole più essere devota a Lfi”, ha detto Cazeneuve. L’editorialista di Rtl Alba Ventura dice che i socialisti non riescono a non litigare e a non uccidersi a vicenda, fa parte del loro dna. E per alcuni osservatori, il congresso di Marsiglia del 27-29 gennaio potrebbe essere quello dell’esplosione definitiva del Ps.