atto di terrore

Chi sono i soldati del reggimento russo che hanno bombardato Dnipro

Micol Flammini

Sotto alle macerie dell'edificio residenziale, Kyiv ha contato finora 40 vittime. L’unità russa aveva già colpito il centro commerciale di Kremenchuk a giugno: stessi missili, stessi metodi

Perché mai colpire un condominio di nove piani con un missile di sei tonnellate Kh-22 se l’intenzione non è quella di seminare terrore? Nella città ucraina di Dnipro si continua a scavare per rimuovere le macerie, erano molte le persone all’interno dell’edificio, eppure il Cremlino ha negato di aver preso di mira un complesso residenziale. Lo ha detto con sicurezza il portavoce Dmitri Peskov: “Le forze armate russe non colpiscono edifici residenziali”. E ancora: “Gli attacchi vengono effettuati contro obiettivi militari evidenti o mascherati”. Il 27 giugno scorso due missili Kh-22 russi colpirono un centro commerciale a Kremenchuk, era anche quello, secondo il Cremlino, un obiettivo militare “mascherato”, che nascondeva un deposito di armi  appena arrivate dagli Stati Uniti.  Si sparse anche la teoria che il centro commerciale “Amstor” era chiuso da un anno. Era invece aperto e funzionante e secondo le indagini internazionali non ospitava munizioni, altrimenti le esplosioni sarebbero state multiple. Il collegamento tra  il bombardamento contro l’edificio residenziale di Dnipro e quello contro  il centro commerciale di Kremenchuk è costituito  dagli autori: il 52esimo reggimento dell’aviazione bombardieri pesanti con sede a Shajkovka, nella regione di Kaluga, armato di velivoli Tu-22M3 che attaccano con missili Kh-22. 

 

Sono stati i ricercatori militari indipendenti del gruppo Molfar a scoprire l’identità dei componenti del reggimento, a cominciare dal comandante Oleg Timoshin: da lui sarebbe partito l’ordine di colpire sia il centro commerciale di Kremenchuk sia il condominio di Dnipro. La storia che più colpisce però non è la sua, ma quella del maggiore Alexei Skvortsov, definito il miglior pilota del reggimento. Skvortsov è al centro di una storia molto controversa che riguarda la base di Shajkovka ma che racconta molto dello stato dell’esercito di Mosca. Il 23 marzo del 2021, Skvortsov doveva prendere parte a un’esercitazione militare a bordo di un Tu-22M3. A bordo del velivolo non era solo, con lui c’erano altri tre passeggeri, tra i quali i suoi superiori. Mentre erano ancora a terra, Skvortsov attivò  il pulsante di espulsione, lanciando i suoi compagni fuori dal velivolo e causandone la morte: l’altezza non era sufficiente per far funzionare il paracadute. Le versioni sono state molte, qualcuno ha parlato di un incidente, Skvortsov disse che si era trattato di un malfunzionamento, secondo altre versioni il maggiore ha catapultato i suoi compagni fuori volontariamente e nel farlo avrebbe detto: “Io non volo con questi finocchi”. Venne data per buona la versione dell’errore e del danno al pulsante di espulsione,  Skvortsov tornò nella sua unità e oggi si occupa della guerra contro l’Ucraina. Tra gli oltre quaranta uomini del reggimento identificati da Molfar, molti sono stati segnalati per alcuni reati, dai furti alle violenze, ma questo non ha impedito il loro servizio nei ranghi dell’esercito. 

 

Sempre aerea è la minaccia che viene invece dal nord dell’Ucraina. La Russia e la Bielorussia ieri hanno lanciato delle esercitazioni congiunte con l’obiettivo di “aumentare la compatibilità operativa” tra le forze aeree dei due paesi. Da tempo ormai Mosca rifornisce Minsk, quindi si suppone che il livello di integrazione sia già a buon punto e le esercitazioni altro non sono che un segnale a Kyiv e un modo per aumentare la tensione lungo il confine settentrionale del paese. Da mesi il contingente russo in Bielorussia è in aumento, arrivano video continui di materiale bellico in viaggio verso Minsk che ricorda i primi mesi del 2022,  i servizi di sicurezza ucraini si aspettano una nuova invasione dal nord del paese, e il dittatore di Minsk, Aljaksandr Lukashenka,  ha giustificato l’accumulo di truppe russe accusando Kyiv e gli alleati occidentali di pianificare un attacco contro il suo paese. I progetti comuni  tra Lukashenka e Vladimir Putin sono molti, la dipendenza del primo dal secondo è forte ed esiste già un accordo per creare un “gruppo regionale congiunto di truppe” e uno “spazio di difesa comune”. E’ un programma a lungo termine, e nella strategia della Russia,  la Bielorussia è un paese fidato da usare per stazionare le truppe e come  una lancia puntata contro l’Ucraina per mandare un messaggio:  se Mosca volesse ricominciare ad avanzare in tutto il paese, ha un confine a disposizione. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.