(foto LaPresse)

Armi per la pace

La resistenza ucraina ha messo a nudo i limiti del pacifismo utopista. Parla Panebianco

Annalisa Chirico

"Quando il disordine internazionale cresce, crescono anche le minacce. Il riarmo? Sul punto la posizione di Meloni è molto coerente", ci dice il professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna

“Sull’Ucraina il governo Meloni si muove bene, come pure in Europa”, dice così al Foglio il politologo Angelo Panebianco a proposito dei primi passi dell’esecutivo. “Meloni – prosegue il professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna –- è una leader che sta imparando l’arte del realismo e fin qui ha sbagliato pochi colpi. È passata dall’opposizione demagogica a tutto a una posizione pragmatica che la rende credibile anche in Europa”. Il sesto decreto per gli aiuti militari all’Ucraina sarà un tornante decisivo? “Lo sarà. Il governo mi sembra determinato a confermare gli impegni presi, nonostante le resistenze silenziose di Fi e Lega, resta poi da vedere come si comporterà il Parlamento. Intanto la leader si muove bene: ha la coalizione che ha e c’è il paese che c’è”.

 

L’invio di armamenti all’Ucraina ha evidenziato le carenze degli equipaggiamenti italiani a causa di una lunga stagione di disinvestimento nelle forze armate. “Italia e Germania sono i due paesi europei che, usciti sconfitti dalla Seconda guerra mondiale, hanno scelto di sostituire il commercio alla spada. In altre parole, hanno deciso di limitare al massimo un’operazione di riarmo affidandosi sostanzialmente alla copertura americana. L’Italia poi deve fare i conti con il pacifismo oggi di segno eminentemente cattolico, visto che la componente marxista sovietica non esiste più. Il pacifismo intercetta l’opinione di quanti ritengono che la guerra abbia comportato sacrifici insostenibili. È il tentativo di costruire rendite di posizione fuori dal governo. Lei pensi a Giuseppe Conte: al governo, era un’altra cosa”. Lei ha definito il nostro paese l’“anello debole”: perché? “Lo siamo da sempre, già ai tempi della Guerra fredda eravamo l’anello debole della catena occidentale a causa della presenza del principale partito comunista in Europa. Esistono ampi settori della società che nutrono comprensione verso le esigenze della Russia. Tuttavia, con un governo così determinato, i margini di manovra di Fi e Lega saranno ridotti”.

Resta il fatto che, a forza di inviare armamenti, i cieli italiani rischiano di restare sguarniti. “E’ uno scenario preoccupante alla luce di plurime minacce diffuse che ci riguardano da vicino. Il governo farà quel che può con le risorse disponibili, non si può rimediare da un giorno all’altro alle carenze accumulate negli anni. Tuttavia, è difficile negare la coerenza della leader su questo fronte. Quando il disordine internazionale cresce, le minacce diffuse crescono. Oggi c’è il problema della presenza della Russia in Libia e nel Mediterraneo, emergono medie potenze ben armate e dotate di una capacità di manovra autonoma come Turchia e Iran. Nel nuovo assetto la difesa diventa un aspetto cruciale del sistema di sicurezza italiano e occidentale. Andiamo verso un mondo più pericoloso anche per noi, e questo inciderà sulle politiche per la sicurezza”. La difesa del futuro sarà in mano agli stati nazionali o all’Europa? E’ tempo per l’esercito europeo? “Sin dal fallimento della Comunità europea della difesa nel 1954, è chiaro che l’Europa si sostanzia nell’integrazione economica con la difesa delegata agli Usa. Nei prossimi anni avremo probabilmente una situazione di tipo misto con una forte presenza delle difese nazionali insieme allo scudo dell’Alleanza atlantica. L’Europa sarà presente in modo ancillare rispetto alla Nato”.

Da tempo l’Italia sembra aver perso peso politico e diplomatico. “Il nostro paese è sempre stato ‘sottopeso’ in Europa. La prima causa è l’instabilità politica dovuta ai continui cambi di governo. Per avere influenza, serve continuità nell’azione dell’esecutivo. La parte del leone l’hanno sempre fatta francesi e tedeschi. Gli spagnoli sono riusciti ad ottenere molte cose grazie alla stabilità politica interna”. Se nel 2024 Meloni riuscisse nell’impresa di mettere insieme conservatori e popolari per una maggioranza di centrodestra a Bruxelles, le cose cambierebbero? “Sarebbe un enorme traguardo e un cambiamento molto rilevante in Europa. Mancano però molti mesi alle elezioni europee, e i governi legittimati dal popolo, dopo un certo periodo, tendono a perdere consenso a causa della difficoltà di guidare la macchina pubblica. Adesso Meloni è fortissima, tra un paio di anni non sappiamo. Se si indebolisse nel paese, anche la sua posizione esterna ne uscirebbe ridimensionata”. Al Corriere Steve Bannon ha detto che i populismi sopravvivono ai loro leader e che il populismo oggi, tra crisi energetica ed economica, gode di ottima salute. Lei è d’accordo? “Per niente, ma non mi stupisce che l’ideologo del populismo sostenga che la sua creatura se la passa benissimo. Sarebbe strano se ammettesse: stiamo scomparendo”. 

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