Inside job in Iran
Teheran condanna a morte un ufficiale per colpire il gruppo che ha aperto all'abolizione del velo
La Repubblica islamica impicca uno dei suoi accusato di spionaggio per conto di Londra. Sembra una spy-story ma è uno scontro fra poteri e c'entrano le proteste
Sarà impiccato l'ex viceministro della Difesa che ha avuto un ruolo fondamentale nell’accordo nucleare. Ma il vero obiettivo non è lui, è il capo del Consiglio di sicurezza nazionale (il vero ministero degli Esteri) e uno dei consiglieri più fidati di Khamenei: l’uomo del dialogo con i “moderati” che ha già portato alla sparizione della polizia religiosa
Teheran ieri ha condannato a morte il suo ex viceministro della Difesa, Alireza Akbari, che ha avuto un ruolo fondamentale nei vecchi negoziati per l’accordo sul nucleare iraniano firmato poi nel 2015 con l’Amministrazione Obama. E’ accusato di essere una spia britannica. Ma l’obiettivo di questa operazione non è Akbari, è Ali Shamkhani, cioè il capo del Consiglio di sicurezza nazionale – che equivale al vero ministero degli Esteri – e uno dei consiglieri più fidati della Guida suprema. Shamkhani è l’uomo che coordina e sponsorizza il dialogo tra Khamenei e i cosiddetti “moderati” che ha portato alla sparizione della polizia religiosa dalle strade dopo la morte di Mahsa Amini il 16 settembre e poi alla sua (almeno temporanea) abolizione a dicembre. Il gruppo di dialogo che è nato su proposta di Shamkhani discute, soprattutto, della possibilità di abolire la legge che impone l’obbligo del velo in Iran.
Akbari è legato anche all’ex presidente del Parlamento Ali Larijani, un conservatore “moderato” che a ottobre ha condannato la repressione dicendo che bisognava fare concessioni per salvare la Repubblica islamica, e che fa parte del gruppo di dialogo.
L’ex ufficiale condannato a morte (che ha la doppia nazionalità iraniana e britannica) ha lavorato con i diplomatici occidentali al piano per ridimensionare le sanzioni economiche in cambio di un maggiore accesso per le agenzie internazionali ai siti atomici – è accusato di aver passato agli stranieri (almeno) i segreti nucleari. Ieri pomeriggio è trapelato un audio di Akbari, che dice: “Sono stato accusato di aver ottenuto informazioni top secret dal capo del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano Ali Shamkhani e averle diffuse”. Scandisce il nome. Sarebbe più corretto dire che il video è stato fatto trapelare con uno scopo, considerando la condizione in cui si trovava Akbari. La responsabilità – non dal punto di vista giudiziario ma politico – viene così estesa a uno degli uomini più potenti dell’Iran, cioè Shamkhani.
La condanna a morte annunciata ieri è la conferma ufficiale di uno scoop fatto da Mohammad Ali Shabani, un analista e giornalista iraniano che ha studiato e vive a Londra, pubblicato dalla testata Amwaj. Mohammad Ali Shabani dice al Foglio: “Se l’ex presidente del Parlamento Ali Larijani e il segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran Ali Shamkhani sono i veri bersagli del caso di spionaggio che scuote Teheran, l’obiettivo politico di fondo potrebbe essere quello di eliminare ogni sforzo di mediazione per ridurre il ‘divario tra stato e società’ – cioè fare le riforme – almeno fino a quando la leadership suprema non passa di mano”.
Tra gli esperti circola da anni un’ipotesi che una volta è stata sintetizzata così: “I militari intendono sostituire i preti”, cioè i pasdaran vogliono prendere il potere che oggi ha il clero e trasformare una teocrazia in una dittatura militare di fatto. Secondo un analista iraniano che preferisce rimanere anonimo per tutelare la propria sicurezza, questa è una manovra politica ma è improbabile che siano “dei semplici politici ultra conservatori” ad adottare metodi simili per boicottare un’iniziativa che aveva l'approvazione della Guida.
La Repubblica islamica è più debole e isolata di quanto sia mai stata negli ultimi decenni e le lotte di potere non si consumano più in segreto perché non c’è tempo per nascondere e dissimulare con cura oppure perché gli avversari degli attuali vertici credono che nel momento di massima difficoltà di questa leadership bisogna sferrare colpi meno sofisticati e più decisi del solito.
Le agenzie di stampa iraniane sottolineano che Akbari aveva una enorme capacità di influenza e di racimolare le informazioni più segrete e preziose. Spesso Teheran tende a ridimensionare i fallimenti della propria intelligence, questa volta li ostenta. Ci sono precedenti? “Non mi vengono in mente subito. Le esecuzioni sono ovviamente molte, quella di Saeed Emami è una ma teoricamente ‘si è suicidato’”, dice Shabani. “Citerei Shahram Amiri, è un caso che si può paragonare, nel senso che secondo le accuse iraniane è sparito per andare negli Stati Uniti insieme ai segreti nucleari, ma è stato poi attirato indietro, e in Iran è stato ucciso nel silenzio”. Ma Amiri aveva disertato ed era scappato, il caso di un ufficiale di peso come Akbari, che nella sua pseudo confessione prima di morire cita un ufficiale di massimo grado che gode della fiducia della Guida ed è attualmente in carica, è eclatante.
Cecilia Sala
campagna elettorale americana
La dittatura delle bugie di Trump e i suoi amici
Guerra in Ucraina