l'incontro

Michel incontra Xi: l'ambiguità europea va in scena a Pechino

Giulia Pompili

Il presidente del Consiglio europeo il leader cinese e si fa dettare l’agenda. Ma non serviva più autonomia? 

Giovedì mattina il leader cinese Xi Jinping ha ricevuto nella Grande sala del popolo di Pechino il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. I due si sono parlati per tre ore, poi Michel ha incontrato per pura formalità il premier cinese Li Keqiang e il capo dell’Assemblea nazionale del popolo Li Zhanshu, che andranno in pensione nei prossimi mesi. Una visita di poche ore, molto importante, ma con nessun background costruito, poca coordinazione con gli altri paesi europei,  niente da negoziare né da ottenere. Solo un tentativo di “bilanciamento” delle relazioni, un mese dopo il Consiglio europeo di Bruxelles durante il quale si era arrivati a una posizione unitaria sulla Cina: non bisogna creare con Pechino la stessa dipendenza  che abbiamo con Mosca, si era detto allora. Una posizione che sembra essere stata  ignorata da Michel, che nel primo punto di discussione ha chiesto alla Cina “più reciprocità” d’accesso al mercato per intensificare le relazioni economiche – come fossimo improvvisamente tornati a dieci anni fa. 


L’Ue cerca di dimostrare a Washington la sua “autonomia strategica” nelle relazioni con la Cina, ma manda segnali contrastanti e spesso manipolati dai funzionari cinesi. Per esempio nel comunicato finale dell’Ue sembra che sia stata decisa la riattivazione del dialogo sui diritti umani, e invece, a leggere le dichiarazioni cinesi, siamo ancora alle condizioni: l’Ue deve “rispettare la Cina”  se vuole aprire il dialogo sui diritti umani, avrebbe detto Xi. E sulla questione Taiwan, “l’Ue è impegnata e mantiene la sua politica di una sola Cina”, dice Michel. Cioè l’interpretazione europea e internazionale, quella che si impegna, con ambiguità strategica, a non riconoscere la Repubblica popolare cinese e contemporaneamente anche la Repubblica di Cina, ovvero Taiwan.  Secondo Xinhua, invece, “l’Ue aderisce alla politica dell’Unica Cina”: è una sfumatura linguistica che rivela un significato più profondo, perché dice che Bruxelles in realtà riconosce solo Pechino, e “rispetta la sovranità e l’integrità territoriale della Cina e non interferirà negli affari interni della Cina”. E’ una manipolazione delle dichiarazioni da parte cinese, e suona un po’ come un avvertimento: ogni avvicinamento a Taiwan da parte di paesi membri dell’Ue va contro il vostro presidente del Consiglio. Ma la debolezza europea si è vista chiara anche dall’elenco di richieste fatte da Xi Jinping a Michel come condizioni per “riequilibrare” le relazioni:  Xi  ha detto che l’Ue deve “capire la Cina” e opporsi a tutte le forme di “nuova Guerra fredda”, e che “la Cina rimarrà aperta alle aziende europee e spera che l’Ue elimini le interferenze e fornisca alle aziende cinesi un ambiente commerciale equo e trasparente”. Tradotto, significa: dovete rispettare le nostre regole, anche quando non vi piacciono. 


Michel è arrivato a Pechino in un momento molto particolare. Per la prima volta dal 1989 la Cina negli ultimi giorni ha assistito a delle proteste di piazza che hanno messo in dubbio direttamente la leadership cinese. Dopo alcune pressioni arrivate alla vigilia del viaggio, Michel ha detto di aver parlato con Xi delle proteste e del “diritto di manifestare”, ma non ha elaborato di più. E non si è parlato di sicurezza. Ieri un gruppo di parlamentari dell’Ue ha scritto una lettera al presidente del Consiglio per chiedere di fare pressioni sull’esistenza di “stazioni di polizia” cinesi sul territorio europeo. La lettera è stata firmata  da parlamentari dalla Germania alla Slovacchia, dall’Olanda alla Francia, ma da nessun italiano. “Le visite di stato sono occasioni importanti che non è detto si ripetano nel breve termine”, dice al Foglio Francesca Ghiretti del Merics: “Farle senza un’agenda e obiettivi definiti ma solo ripetendo i ben noti punti diplomatici rischia di logorare il potere negoziale dell’Ue”.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.