EDITORIALI

La Cop a un punto morto. Un accordo ben al di sotto delle aspettative

Redazione

Sul clima il multilateralismo non funziona più. Venticinque anni e ventiquattro conferenze delle parti dopo il Protocollo di Kyoto, il magro bilancio del vertice di Sharm el Sheik dimostra che è ora di interrogarsi su questo formato. L’elefante nella stanza è la Cina

La Cop27 di Sharm El Sheik ha mostrato tutti i limiti delle grandi messe delle Nazioni Unite sul clima. L’accordo raggiunto nella notte tra sabato e domenica è ben al di sotto delle aspettative e di quanto sarebbe necessario fare per contenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi. Nessun nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni da parte dei grandi inquinatori. Nessun impegno per fissare il picco delle emissioni al 2025. Nessun percorso per uscire gradualmente dalle energie fossili, al di là del carbone. Peggio: alcune delegazioni hanno cercato di rinnegare le promesse di Glasgow; altre hanno promosso il gas come fonte pulita.

   
L’unico vero progresso è la creazione di un “Fondo danni e perdite”, che dovrebbe fornire aiuti ai paesi più vulnerabili e più poveri per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico. Ma anche questo passo avanti verso la “giustizia climatica” lascia a desiderare. I dettagli su chi dovrebbe finanziare il Fondo e su quali dovrebbero essere i beneficiari sono stati lasciati alle future Cop. Venticinque anni e ventiquattro Cop dopo il Protocollo di Kyoto, il magro bilancio del vertice di Sharm el Sheik dimostra che è ora di interrogarsi su questo formato multilaterale.

 

L’Unione europea può metterci tutta la sua buona volontà, portandosi dietro gli Stati Uniti e perfino l’India, che alla Cop27 ha guidato il tentativo di uscire dalle energie fossili. Ma se la Cina insiste nel voler essere trattata come un paese in via di sviluppo a cui è consentito inquinare di più, quando già oggi è la prima responsabile per le emissioni globali, tutte le prossime Cop si concluderanno con un fallimento. Il clima è una questione globale perché per le singole nazioni o i singoli continenti è impossibile contenere le temperature. Ma per gli occidentali è giunto il momento di cercare strumenti diversi dai consessi onusiani – compresi quelli coercitivi – per convincere tutti a fare la propria parte.

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