(foto EPA)

Il romanzo che racconta il debito che la Spagna ha con il socialista Felipe González, eletto 40 anni fa

Guido De Franceschi

Leader del Psoe, fu primo ministro per quattro mandati fila, lasciando dietro di sé un paese trasformato dopo gli anni del franchismo

Quarant’anni fa, il 28 ottobre 1982, il Partito socialista operaio spagnolo di Felipe González vinse per la prima volta le elezioni. Non ci furono grandi festeggiamenti di piazza. E, anche in privato, i dirigenti socialisti celebrarono senza champagne. Perché, a causa dell’inflazione, costava molto caro. Ma soprattutto perché non volevano che ai botti dei tappi di champagne facessero eco botti di altra natura provenienti dalle caserme che, anche dopo il fallimento del golpe guidato nel febbraio del 1981 dal tenente colonnello Antonio Tejero, rimanevano inquiete.

Eppure, nonostante la continenza nei festeggiamenti, quello fu il giorno in cui la Spagna iniziò a diventare per davvero la Spagna contemporanea, la Spagna adulta, la Spagna europea, la Spagna democratica che sceglieva di non assomigliare più allo slogan turistico – “Spain is different” – che era stato coniato negli anni Sessanta dal ministro franchista Manuel Fraga, poi inventore del Partito popolare di centrodestra. La Spagna che nasceva silenziosamente quella notte voleva sentirsi uguale agli altri paesi dell’Europa occidentale ed era pronta a lasciarsi alle spalle non solo la Guerra civile e il franchismo, ma perfino la Transizione.

 

Il racconto di quei giorni è il cuore di “Un tal González” (“Un certo González”), un libro di Sergio del Molino che è appena uscito in Spagna per Alfaguara e che si presenta come un romanzo, nel modo in cui era un romanzo “Anatomia di un istante” di Javier Cercas, che raccontava proprio il golpe di Tejero. Il González a cui il titolo del libro si riferisce, per cognome, è proprio lui, quello che tutti gli spagnoli, i suoi sostenitori e i suoi detrattori, hanno sempre chiamato solo per nome: Felipe. E’ lui, lo studente sivigliano che a vent’anni, nel 1962, si era iscritto al Psoe che in quegli anni era un anemico partitino illegale nella Spagna franchista. Lui, il giovane avvocato che negli anni Settanta strappò la leadership del partito agli anziani dirigenti “dell’esilio” che avevano coltivato a lungo, in Francia, i racconti sulla Guerra civile, ma non sapevano più nulla di una Spagna da cui mancavano da trent’anni. Lui, il capo socialista che aveva organizzato la Transizione con Adolfo Suárez, l’ex franchista che sarebbe poi stato il primo a guidare la Spagna democratica. Lui, il primo capo dell’opposizione, che nelle elezioni libere del 1977, vinte dai centristi di Suárez, aveva stracciato come numero di voti sia i comunisti di Santiago Carrillo sia i postfranchisti di Fraga. Lui che, nel 1982, stravinse le elezioni. Lui, che poi è stato premier per quattordici anni di fila.

 

Il libro di Sergio del Molino (molto bello, come tutti i suoi libri: Sellerio ha appena pubblicato la traduzione italiana del suo “La pelle”) è il tentativo da parte di uno scrittore nato nel 1979 di capire come mai molti spagnoli suoi coetanei, specie a sinistra, continuino a sentirsi nipoti della Guerra civile più che figli della democrazia. “Un tal González” è il racconto del coming of age di un politico, di un partito e di un intero paese. Ma non è un’agiografia. Anzi, per molti versi, è il ritratto di un traditore. Uno che, dopo averne conquistato la fiducia, defraudò gli esuli della leadership di quel partito che avevano vanamente cullato per decenni. Uno che, negando loro un ministero, deluse quei compagni di anni di lotta che non riteneva adatti a riforme rapide. Uno che fu votato dagli operai e poi chiuse subito i cantieri non più competitivi in cui questi operai lavoravano.

Uno che guidò alla vittoria un partito che diceva di voler uscire dalla Nato, ma poi guidò anche la vittoria del “sì” nel referendum con cui gli spagnoli decisero di rimanere nell’Alleanza atlantica. Uno che di fatto si intestò, pur negando tutto o quasi, la “guerra sporca” contro i terroristi dell’Eta che il suo governo condusse trasgredendo ogni regola dello stato di diritto. Uno che vinse quattro volte di fila le elezioni, lasciando agli spagnoli un paese trasformatissimo.

“Un tal González” è il ritratto delle luci e delle ombre di un politico democratico che ha fatto suo il consiglio ricevuto dal dittatore panamense Omar Torrijos: “Se ti butti giù, ti buttano giù”. Ed è proprio il racconto delle ombre, più che quello delle luci, l’elemento attraverso cui Del Molino riesce nel suo intento di saldare quel debito poco riconosciuto che la sua generazione, la prima generazione spagnola figlia della democrazia, ha con González. Un uomo che, senza quelle ombre che ora le opinioni pubbliche sono sempre meno inclini a perdonare ai politici, non avrebbe forse cambiato la storia della Spagna. 

Di più su questi argomenti: