Referendum armati

Russi a caccia di voti tra i pianerottoli e nei cortili, fucile alla mano. Parla Maria Zolkina

Cecilia Sala

Il voto serve anche a scovare gli ucraini (occupati) chiamati alla mobilitazione da Putin

Ieri sono cominciate le operazioni di voto per i falsi referendum di annessione alla Russia in una porzione di territorio ucraino grande quanto un terzo dell’Italia da dove è già scappata la maggior parte degli abitanti (nel caso del Donbas, il 90 per cento di chi viveva nelle zone controllate da Kyiv). I soldati russi sapevano che sarebbero stati pochissimi i cittadini ucraini a presentarsi spontaneamente ai seggi, così  sono andati a estorcere il loro voto armati, suonando al citofono di ogni appartamento. A Kherson, nei villaggi occupati della regione di Zaporizhzhia e del Donbas, sono arrivati al mattino presto per essere sicuri di trovare le persone in casa: “Si presentano in tre o quattro, tutti con il fucile in mano e uno con – nell’altra mano – la scheda elettorale. Molti  però si erano già nascosti dalla sera prima, avevano previsto che sarebbe andata così e non si sono fatti trovare”, dice al Foglio Maria Zolkina, analista ucraina esperta del conflitto in Donbas che è cresciuta a Stanytsya Luhanska, una cittadina che negli ultimi otto anni è stata sulla linea del fronte e adesso è controllata dai russi. Zolkina è in contatto sia con persone che vivono sotto occupazione da quando è cominciata l’invasione il 24 febbraio sia con quelle che vivono nelle Repubbliche separatiste dal 2014, “è lì che succedono le cose più sorprendenti, dopo la controffensiva ci sono state operazioni della resistenza impensabili fino a tre settimane fa e le autorità non si sentono più sicure, sono diventate paranoiche. Il referendum in corso è più grottesco anche di quello del 2014, perché adesso i separatisti e i russi si sentono in pericolo e hanno fretta, non possono curare la forma”. Secondo Zolkina andare a caccia di voti tra i pianerottoli e i cortili privati è un’intimidazione con una doppia funzione: “Serve sia ad aumentare artificialmente i dati dell’affluenza sia a scovare i maschi maggiorenni che si nascondono per paura di essere chiamati al fronte”.

 

Nei territori occupati i russi hanno imposto il rublo e hanno distribuito i passaporti di Mosca, così adesso anche i cittadini ucraini che vivono lì sono soggetti alla mobilitazione decisa da Vladimir Putin. Non sarebbe la prima volta che succede, due settimane fa alcune fonti rimaste anonime (per ragioni di sicurezza) tra i residenti della città di Melitopol hanno mandato alle testate ucraine le foto di una lettera che avevano appena ricevuto: ordinava di presentarsi nella sede dell’amministrazione militare di occupazione per essere poi spediti a combattere contro altri cittadini ucraini. Secondo i servizi segreti di Kyiv, i russi stanno facendo votare anche gli adolescenti minorenni nelle zone occupate e si tratta sempre di un artificio per aumentare i dati dell’affluenza: su cosa voteranno i russi non hanno dubbi visto che il voto non è segreto e nelle foto diffuse dagli stessi media russi si vedono uomini della compagnia Wagner con il fucile accanto agli scatoloni dove vanno infilate le schede. Si è votato per il referendum di annessione anche in Yakutia, in Russia, a dieci fusi orari e più di cinquemila chilometri dal Donbas: perché è lì che molti abitanti del sud e dell’est dell’Ucraina sono stati portati fin dai primi giorni dell’invasione. 

 

Kyiv ha invitato tutti i cittadini che abitano nelle zone dove ieri sono cominciate le operazioni di voto a stare lontani dai soldati russi, perché sono un bersaglio e saranno colpiti. Ieri mattina c’è stata una forte esplosione a Melitopol e non si conoscono ancora gli obiettivi dell’attacco e i danni che ha causato, ma dall’inizio della guerra nelle zone occupate del sud e dell’est le operazioni dei partigiani ucraini – in alcuni casi coordinate dalle forze speciali ucraine – hanno ucciso undici dirigenti delle amministrazioni di occupazione tra sindaci, vicesindaci, procuratori generali e delegati per i referendum di annessione. L’Ucraina considera un crimine la partecipazione a questi referendum, “ma sono perseguibili solo quelli che hanno votato volontariamente, non quelli che sono stati costretti”, dice Zolkina. Le operazioni per liberare i territori occupati andranno avanti come se questi referendum non ci fossero stati? “Come se non fosse successo nulla e – da un punto di vista legale, del diritto internazionale – non è successo nulla”.