La Cina non ha alcuna intenzione di scaricare Putin e la sua guerra

Giulia Pompili

L’altro ieri Nikolai Patrushev, uno degli uomini più importanti del Cremlino, è volato a Pechino per una visita di due giorni: un'ulteriore dimostrazione del fatto che il dialogo tra le due potenze va avanti ai massimi livelli

Roma. La Cina non ha scaricato la Russia – e probabilmente non lo farà. La recita che il presidente della Federazione russa Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping hanno messo in scena il 15 settembre scorso durante il loro primo incontro sin dall’inizio del conflitto, quando Putin, davanti alle telecamere,  ha detto di capire “i dubbi e le preoccupazioni” cinesi riguardo alla guerra in Ucraina era, appunto, un elemento cosmetico. Un modo per mostrare al mondo che i due si parlano, si ascoltano, dialogano. Ma le notizie vanno cercate altrove. L’altro ieri Nikolai Patrushev, uno degli uomini più importanti del Cremlino, segretario del Consiglio di sicurezza russo e considerato molto vicino a Putin, è volato in Cina per una visita di due giorni.  

 

Patrushev ha presenziato al 17esimo round delle consultazioni sulla sicurezza strategica tra Mosca e Pechino, e al settimo meeting sulla cooperazione per la sicurezza delle forze dell’ordine. E soprattutto ha incontrato Yang Jiechi, membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese e direttore della commissione Esteri – uno dei diplomatici più alti in grado del Partito, e quindi della leadership di Pechino, che ha accompagnato Xi nella sua missione in Kazakiszan e Uzbekistan della scorsa settimana. Il dialogo tra le due potenze va avanti ai massimi livelli, e si concentra soprattutto sulla Difesa. Patrushev ha detto che “il rafforzamento del partenariato globale e della cooperazione strategica con Pechino è una priorità incondizionata della politica estera della Russia”, e ha incontrato pure Guo Shengkun, anche lui membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito e segretario della commissione Legale, che presiede la zona grigia che in Cina comprende gli affari politici, legali e le forze dell’ordine.  Guo è l’uomo della sicurezza e ha detto, dopo l’incontro con l’uomo di Putin, che la Cina “collaborerà con la Russia per attuare il consenso raggiunto dai due capi di stato durante il vertice Sco di Samarcanda” ed eserciterà il suo ruolo “per l’applicazione della legge e della sicurezza per affrontare i vari rischi e le sfide della sicurezza”.

 

Una Russia allo sbando, in cerca di un alleato forte e responsabile, è perfetta per la Cina di Xi Jinping, che cerca approvazione internazionale e diventa sempre più influente anche in aree tradizionalmente d’influenza russa. Pechino  ha diverse priorità rispetto a Putin, ma il sospetto che circola, ormai, tra le cancellerie internazionali è che tutto sommato le divisioni e il caos in Europa provocati dalla Russia potrebbero  essere considerati un ottimo spot pubblicitario per la Cina di Xi.  E’ sulla potenziale competizione tra Mosca e Pechino che ha insistito il presidente americano Joe Biden, durante un’intervista alla Cbs di domenica, quando ha detto di aver riferito a Xi Jinping che avrebbe fatto “un errore gigantesco” a pensare di violare le sanzioni contro la Russia, o di aiutarla nella sua guerra contro l’Ucraina. “Finora non ci sono indicazioni che la Cina abbiano dato armi o altre cose che la Russia voleva”, ha detto Biden. L’America sa che il supporto cinese alla guerra di Putin sarà soltanto ideologico, antioccidentale, e verrà guidato solo dall’interesse cinese: da mesi i paesi disallineati stanno costruendo il loro consenso attorno alla figura di Xi. 

 

L’ultimo problema di immagine per Pechino resta la questione Taiwan. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, a New York per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu, ha detto che Pechino potrebbe utilizzare la legge anti-secessione per raggiungere l’obiettivo della “riunificazione” con Taiwan, l’isola di fatto indipendente che la Cina rivendica come proprio territorio. Avere un perimetro legale per qualsiasi azione di forza, per Pechino, è importante soprattutto agli occhi del mondo che oggi la guarda come potenza responsabile, non invasiva. E i messaggi però, tra America e Cina, stanno aumentando d’intensità: nella stessa intervista della Cbs, Biden ha ribadito che il paese difenderà Taiwan in caso di attacco militare da parte della Cina. E’ la quarta volta che il presidente americano smentisce, di fatto, la politica della “ambiguità strategica” americana sulla questione taiwanese, consegnando un messaggio molto muscolare a Pechino.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.