Green deal sì ma non troppo. Oggi l'energia “cattiva” serve all'Ue

David Carretta

A causa dell'emergenza per la penuria di gas e i prezzi alle stelle, l'Unione è costretta nell'immediato a contraddire l'ortodossia del "tutto rinnovabili"

Bruxelles. La decisione del governo di Olaf Scholz in Germania di prolungare la vita di due centrali nucleari, anche se solo di pochi mesi, mostra il dilemma politico-ambientale dell’Unione europea di fronte alla crisi energetica provocata dalla guerra di Vladimir Putin. Il Green deal può essere la soluzione di lungo periodo per liberarsi dalla dipendenza dal gas russo. Ma a causa dell’emergenza per la penuria di gas e i prezzi alle stelle, pur accelerando su solare ed eolico, nell’immediato l’Ue è costretta a contraddire l’ortodossia del tutto rinnovabili per scaldarsi con le fonti brutte, sporche o cattive.

 

Il nucleare a zero emissioni è considerato dalla Commissione come un’energia di transizione per il Green deal. Ma per il ministro dell’Economia e vicecancelliere tedesco, Robert Habeck, è una fonte brutta, sporca e cattiva (causa scorie). Habeck è il principale esponente dei Verdi, che da anni si battono per archiviare l’esperienza della Germania con l’atomo. Le ultime tre centrali tedesche avrebbero dovuto chiudere alla fine dell’anno sulla base del calendario fissato da Angela Merkel dopo Fukushima nel 2011. Ma, dopo i risultati di stress test, Habeck ha preso la decisione di mantenere “in riserva” due centrali: Isar 2 in Baviera e Neckarwestheim in Baden-Württemberg. L’annuncio è stato un capolavoro di equilibrismo. La Germania conferma l’uscita dal nucleare. Ma i reattori rimarranno operativi fino ad aprile del 2023, perché “non può essere totalmente esclusa” una crisi durante l’inverno. Nel frattempo, Berlino ha acquistato cinque navi rigassificatori – l’ultima il primo settembre – per diversificare l’approvvigionamento di gas dalla Russia. Anche il gas è un’energia di transizione del Green deal. Gli impianti potranno essere riconvertiti per l’idrogeno. Ma è comunque sporco e dirotta investimenti dalle rinnovabili.  A giugno il governo Scholz era già sceso a compromessi con la realpolitik energetica della guerra, con la riaccensione di centrali a carbone. Nella prima metà dell’anno, lignite e antracite hanno prodotto quasi un terzo (il 29,4 per cento) dell’elettricità in Germania.

 

Il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia, Fatih Birol, ha scritto sul Financial Times che questa crisi ci ricorda “l’insostenibilità dell’attuale sistema energetico, che è dominato dai carburanti fossili. Abbiamo la chance di renderla un punto di svolta storico verso un sistema energetico più pulito, più conveniente e più sicuro”. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, continua a dire che il Green deal è la soluzione alla dipendenza dal gas russo e al caro bollette: eolico, solare, idrogeno, risparmio ed efficienza energetici, elettrificazione ed Ets per disincentivare i combustibili fossili. Ma serve tempo per gli investimenti e le installazioni. L’orizzonte fissato dalla Commissione per raggiungere l’indipendenza dalla Russia è il 2027. 

 

La prossima settimana il Parlamento europeo voterà per portare l’obiettivo delle rinnovabili dal 40 al 45 per cento, ma solo nel 2030. L’aumento delle bollette è un’emergenza immediata. La prospettiva di razionamenti nei prossimi mesi è concreta. In caso di taglio totale delle forniture russe, i rischi di penuria potrebbero aggravarsi nell’inverno 2023-24 per mancanza di gas sufficiente a riempire gli stoccaggi. Così anche la Commissione von der Leyen è costretta a scendere a compromessi sull’ortodossia del Green deal. Una delle proposte di RePowerEu prevede di mettere sul mercato 20 miliardi di euro di quote della riserva di stabilità del sistema Ets, abbassando il prezzo dell’energia, ma aumentando le emissioni. La Commissione ha promesso di finanziare oleodotti per i paesi, come l’Ungheria, che non hanno accesso al mare. Nell’Ue sono in cantiere una ventina di terminal per il gas naturale liquefatto, che renderebbero il gas meno transitorio. Diversi paesi – tra cui Germania, Paesi Bassi, Grecia e Repubblica ceca – hanno rilanciato o aumentato l’estrazione di carbone senza obiezioni di Bruxelles. Von der Leyen ha giustificato la prudenza e il ritardo sulle proposte per affrontare la crisi energetica con la necessità di trovare l’equilibrio giusto rispetto al Green deal. Ma al Consiglio straordinario Energia di venerdì alcuni stati membri faranno pressioni sulla Commissione per ulteriori deroghe.