Allied Joint Force Command della Nato a Napoli (Ansa)  

Consigli per non lasciare che il caso della spia russa Maria Adela resti materia da film

Redazione

Secondo un'inchiesta pubblicata da Rep un'agente del Gru si è spacciata per anni per designer di gioielli, viveva a Posillipo e s’intratteneva con funzionari del comando Nato di napoli. Certe rivelazioni dovrebbero farci sveglliare e migliorare la cultura dell’intelligence

"Se vedi gli 007 russi ovunque, forse leggi troppo ‘la Repubblica’”, si legge in una vignetta pubblicata ieri dall’ambasciata russa in Italia sul suo profilo twitter con protagonista “Monsieur Plokhish”. Il riferimento è all’inchiesta, pubblicata ieri da Rep. (a firma di Floriana Bulfon) insieme con Bellingcat, Spiegel e Insider, sulla straordinaria vita di Maria Adela Kuhfeldt Rivera, operativa dei servizi di intelligence militari russi – il famigerato Gru – che si è spacciata per anni per designer di gioielli “con un vivace background e una vita personale caotica”. E quindi un’operativa dei servizi russi, il cui vero nome è probabilmente Olga Kolobova, viveva a Posillipo, sul golfo di Napoli, e s’intratteneva con funzionari del comando Nato che ha sede nel capoluogo campano. La storia ricostruita dai media si conclude nel 2018, quando  Maria Adela torna in Russia, ma lascia molti punti interrogativi: non si sa esattamente quale fosse il ruolo di questa donna e cosa se ne facesse delle sue relazioni con l’alta società napoletana.

  

L’aspetto più interessante, comunque, è che certe rivelazioni finiscono sempre per essere simili più a dei film di James Bond che a una reale consapevolezza del lavoro che paesi come Russia e Cina fanno da anni sul nostro territorio: reclutare informatori, inviare agenti sotto copertura, spesso soltanto per fare da intermediari (i pesci piccoli che si usano per avere occhi e orecchie in un territorio, non per rubare segreti di stato).

 

Bellingcat per esempio riporta che due funzionari americani a un certo punto capiscono che c’è qualcosa di strano nella storia di quella ragazza, ed evitano di parlarci di politica o di informazioni sensibili. Certe cautele fanno parte di una cultura dell’intelligence che manca da queste parti, e che permette – a chi maneggia bene la materia – di usare i paesi meno attenti come basi per le loro operazioni. L’Italia lo è stata a lungo per la Russia, per la Corea del nord, per la Cina. Forse il caso Maria Adela dovrebbe servire a svegliarci, e non a fornire ispirazione per l’ennesima serie tv spionistica.

Di più su questi argomenti: