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fatwa contro l'occidente

Redeker: “Intitoliamo le scuole a Salman Rushdie e trasliamo padre Hamel e Samuel Paty al Pantheon”

Giulio Meotti

“Salviamo il pensiero critico”. Intervista al filosofo e saggista francese, finito in clandestinità dopo aver difeso la lectio di Papa Benedetto XVI a Ratisbona

Il 19 settembre 2006 su Le Figaro uscì un articolo molto critico dell’islam e a difesa di Papa Benedetto XVI dopo la sua lectio all’Università di Ratisbona. Era un testo inusitato per l’intellighenzia europea avvezza ad ammansire l’islam tramite depistaggi e perifrasi. “Le reazioni suscitate dall’analisi di Benedetto XVI sull’islam e la violenza fanno parte dell’obiettivo che lo stesso islam si pone: spazzare via la cosa più preziosa che possiede l’occidente e che non esiste in alcun paese musulmano, ovvero la libertà di pensiero e di espressione” si leggeva.

 

“L’islam sta cercando di imporre all’Europa le proprie regole: apertura delle piscine solo per le donne a determinati orari, divieto di satira della religione, pretesa di avere un certo tipo di alimentazione per i bambini musulmani nelle mense scolastiche, lotta per imporre il velo nelle scuole, accusa di islamofobia contro gli spiriti liberi (…) L’islam sta cercando di obbligare l’Europa ad adeguarsi alla sua visione dell’uomo. Come già accadde con il comunismo, l’occidente è ora sotto sorveglianza ideologica. L’islam si presenta, esattamente come il defunto comunismo, come alternativa al mondo occidentale. Oggi degli intellettuali si fanno portatori dello sguardo del Corano, come ieri avevano fatto con lo sguardo di Mosca. Ora la scomunica è per l’islamofobia, come lo era stata in passato per l’anticomunismo. Come ai tempi della Guerra fredda, la violenza e l’intimidazione vengono utilizzate al servizio di un’ideologia che si vuole egemone: l’islamismo, che mira a mettere la sua cappa di piombo sul mondo intero. Benedetto XVI sta soffrendo la crudeltà di tale esperienza. Come in altri tempi, e’ necessario dire a chiare lettere che l’occidente è il mondo libero nei confronti di quello musulmano, e, come in quei tempi, gli avversari di questo mondo libero, funzionari zelanti del Corano, pullulano al suo interno”.


Il suo autore era il filosofo e saggista Robert Redeker. Nessuno aveva osato mai scrivere tanto su un giornale europeo, per giunta nei giorni in cui Benedetto XVI veniva bruciato in effige nel mondo islamico e linciato sulla stampa occidentale. Pochi giorni dopo l’uscita di questo articolo, Redeker fu condannato a una fatwa e finì sotto la protezione della polizia. “Ecco il maiale che ha criticato il profeta Maometto. Questo giorno non deve concludersi senza che i leoni della Francia lo abbiano punito”. Quindi su Internet i dettagli: foto della casa di Redeker, indirizzo e telefono.

 

In una lettera inviata al compianto André Glucksmann, Redeker ha raccontato il suo calvario: “Sono in una situazione personale catastrofica. Sui siti che mi condannano a morte c’è una cartina che indica come venire da me per uccidermi, c’è la mia foto, quella dei luoghi dove lavoro, i miei numeri di telefono e l’atto di condanna. Sono permanentemente sotto la protezione della polizia. Devo annullare tutte le conferenze previste”. Redeker fu costretto a vivere come un fuggitivo, come se fosse un prigioniero politico nel suo stesso paese, la sua casa venduta, il funerale del padre celebrato in gran segreto e il matrimonio di sua figlia organizzato dalla polizia. Quella era la “fatwa nel paese di Voltaire.” Nelle parola della Welt, “Redeker, il Rushdie francese”.

 


“Mi colpisce la sua ipermodernità: siamo nell’uberizzazione del terrorismo islamista” dice Redeker al Foglio sull’attacco a Salman Rushdie. “Nelle sue trasformazioni, il terrorismo imita le trasformazioni dell’economia. Questa uberizzazione è resa possibile da due fenomeni: la mobilità geografica delle popolazioni, le migrazioni e Internet, i social network. È dunque un terrorismo dell’epoca della circolazione planetaria di uomini e idee. È rizomico. Non si diffonde più secondo una modalità organizzativa, ma come piante invasive, le radici delle piante. Con grande lungimiranza, il filosofo Gilles Deleuze aveva visto chiaramente che il futuro sarebbe stato nel rizoma (nel post-strutturalismo che descrive una rete non lineare che connette qualsiasi punto a qualsiasi altro punto), tuttavia, poiché era un anarchico, vedeva erroneamente come una buona notizia”.


C’è stata molta debolezza nella classe intellettuale occidentale in risposta alla fatwa contro Rushdie e ad altri casi simili. “Gli intellettuali  sostennero il pacifismo nel 1940, poi Stalin, Castro, Mao” continua Redeker. “Hanno applaudito alla vittoria dei Khmer rossi. Gilles Deleuze ha scritto un articolo intitolato: ‘Grandeur de Yasser Arafat’, mentre Michel Foucault ammirava l’ayatollah Khomeini e la rivoluzione iraniana. La classe intellettuale, imitata dai sindacati dei docenti delle scuole secondarie, ha organizzato, in Francia, manifestazioni a sostegno dell’assassino Cesare Battisti. Ricordo un liceo il cui ingresso era decorato con il seguente striscione: ‘Maestri solidali con Cesare Battisti’. Lungi dall’essere aneddotico, questo esempio rivela il rapporto di fascinazione che intellettuali, sindacati e partiti politici di sinistra hanno per il terrorismo.

 

La prefazione di Jean-Paul Sartre al libro di Frantz Fanon ‘I dannati della terra’ è la sintesi e la tabella di marcia di questa fascinazione. Il filosofo più famoso del XX secolo si impegna nella richiesta di un omicidio di tipo terroristico. Due cose dovrebbero essere notate. Gli intellettuali si sono convinti dell’illegittimità storica dell’occidente, inconsciamente identificato con il Diavolo, da un lato, e questa convinzione si basa su una passione, che irradia profondamente i loro scritti e le loro posizioni, l’odio per l’occidente. Questo odio, che a volte assume i colori dell’anticapitalismo e dell’antisionismo, dell’antisemitismo, perverte anche l’ecologia. Ad esempio, noto in un libro di filosofia ecologica che sto leggendo in questo momento di Michael Marder che l’odio anti-occidentale è alla base del suo approccio”.


Anche Papa Benedetto fu lasciato solo dopo la sua lezione a Ratisbona. “Ratzinger è una delle più grandi menti del XX secolo. I suoi libri brillano nel firmamento del pensiero. Gli intellettuali, tuttavia, rifiutarono questo Papa dalla loro cerchia, fingendo di ignorarlo. La censura e l’esclusione che usano nei suoi confronti è il metodo della legge del silenzio. La legge, non espressa apertamente, si enuncia così: non si discutono le idee, per quanto sottilmente ed eruditamente sostenute da Ratzinger, sviluppate nel discorso di Ratisbona. Non esaminiamo, reprimiamo. Vedo in questa repressione la morte del pensiero critico degli intellettuali e il tradimento della tradizione che dovrebbero continuare, quella di Socrate, Aristotele, Spinoza, Kant, ecc. Leibniz ha setacciato le tesi dei suoi avversari. Non li ha respinti. Il suo modo di argomentare dovrebbe essere un modello per gli intellettuali.

 

La stessa configurazione è stata riprodotta al momento della pubblicazione del libro, erudito e informato, di Sylvain Gouguenheim, ‘Aristotele a Mont Saint-Michel’. Come spiegare questo tradimento dell’etica del pensiero da parte di coloro che dovrebbero incarnarlo? Rispondo: non solo questi intellettuali temono che Ratzinger e Gougenheim abbiano ragione, ma ne sono inconsciamente convinti. Tuttavia, questa verità è in conflitto con il loro obbligo sociale dettato dall’ideologia. Da questo conflitto, e secondo modalità classicamente freudiane, nasce la repressione. Pur conoscendo la verità sull’Urss, Sartre ha proclamato che ‘non dobbiamo far disperare gli operai di Billancourt’. Sede degli stabilimenti Renault, Billancourt è il nome, secondo Sartre, dello stesso proletariato. La verità deve essere repressa per realizzare la storia fantasticata dai marxisti. La posizione di Sartre nei confronti dei lavoratori è ripresa dai suoi successori davanti a un pubblico diverso”.


Rushdie, Mila, Paty, Charlie e tanti altri... L’islam sta vincendo la sua guerra? “Direi piuttosto che la ragione critica, questo dono fatto da Socrate all’umanità e conservato per secoli dalla filosofia, sta per essere perso”, conclude Redeker. “Spero che Emmanuel Macron abbia il coraggio di inviare le spoglie di padre Jacques Hamel e Samuel Paty, accompagnato da quello di Arnaud Beltrame, al Panthéon. Spero anche che prenda in considerazione la possibilità di concedere a Salman Rushdie il titolo di cittadino onorario francese e che molti presidenti regionali intitoleranno scuole medie e superiori a Salman Rushdie. Concludiamo però che è anche l’islam – che non bisogna dimenticare è anche una cultura, una civiltà, un’antropologia, una storia, con la poesia, la musica, l’architettura, la letteratura, ecc. – che perde la guerra contro gli islamisti. Se accadrà, la vittoria degli islamisti sarà anche la morte dell’islam”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.