Sergei Lavrov arriva a un incontro di politica internazionale a Monaco, Germania, nel 2017 (Getty Images)

Lavrov vola in Birmania, il partner della Russia più accondiscendente d'Asia

Massimo Morello

"E’ una cosa seria: adesso qui siamo al centro della geopolitica”, così un contatto del Foglio a Yangon commenta la visita in Birmania del ministro degli Esteri russo

Mercoledì 3 agosto Lavrov ha incontrato a Naypyidaw, la distopica capitale della Repubblica dell’Unione del Myanmar, il suo omologo Wunna Maung Lwin, altri esponenti della giunta e cronies, i “compari”, che gestiscono gli affari dei generali. Si può supporre, quindi, che questi incontri servano a definire meglio gli accordi nei settori della difesa e dell’energia avviati durante la recente visita in Russia del generale della giunta Min Aung Hlaing. La visita di Lavrov assume un forte valore simbolico anche perché è avvenuta a pochi giorni dall’impiccagione di quattro esponenti dell’opposizione birmana. Ma i legami tra Mosca e Naypyidaw sembrano ormai divenuti un modello di quella che è definita “la diplomazia selvaggia”, un mix tossico di interessi personali, traffici, sopraffazioni.

 

Nel caso della Birmania, poi, a tutto ciò si aggiunge l’elemento mistico che trova un suo perfetto contraltare nella Russia non più atea bensì ispirata dal patriarca Kirill. Un’assonanza che si è materializzata a Mosca nella replica della pagoda Shwezigon, una pagoda di Bagan, capitale del primo impero birmano. La pagoda è stata consacrata da due monaci, Ashin Nyanissara e Dhammaduta Ashin Chekinda, molto vicini al generale Hlaing, sostenitori dei militari da ancor prima del colpo di stato, interpretando un’antica idea del Buddhismo come anima del potere temporale. A finanziare l’opera è stato il tycoon U Aung Ko, anche lui intimo del generale, proprietario del Kanbawza Group, con interessi in molti settori, compresa l’aviazione. Da parte russa alla cerimonia era presente il viceministro della Difesa, il generale Alexander Fomin. 

 

La Birmania, insomma, sta diventando uno degli asset nella strategia Russa di stabilire nuovi centri di espansione in medio oriente, Africa e Asia. La Cina, almeno sinora, era il convitato di pietra in questo scenario: muta, inquietante e imprevedibile. I suoi interessi in Birmania sono più forti e definiti di quelli russi, ma ancora non ha preso una posizione decisa nei confronti della giunta. Non è un mistero che il governo cinese sostenesse Aung San Suu Kyi – tanto quanto i militari preferivano la Russia, dov’erano stati addestrati e che sembrava essere un partner meno esigente. In compenso, come ha dichiarato Laurel Miller, direttore del programma Asia dell’International Crisis Group, il Myanmar si sta dimostrando “il partner della Russia più accondiscendente dell’Asia”, proprio per sfuggire a quella che sembrava l’ineluttabile dipendenza da Pechino.

 

Non è una coincidenza che una settimana prima del golpe la Signora avesse stabilito numerosi accordi con lo stesso Wang, né che una settimana prima della visita di Wang in Birmania, a inizio luglio, la Signora sia stata messa in isolamento in una prigione di Naypyidaw. In questo scenario di possibilità gli Stati Uniti si erano rivolti a Pechino affinché facesse pressioni per evitare l’esecuzione dei dissidenti. Allo stesso modo sono stati in molti a richiedere a Pechino di usare la propria partnership con la Russia in favore di una soluzione sia alla crisi birmana sia alla guerra in Ucraina. La crisi innescata dal viaggio a Taiwan di Nancy Pelosi rende tutto molto più complicato, al limite dell’impossibile. E di sicuro, nel corso della riunione dell’Asean, la crisi in Asia orientale oscurerà i problemi del Myanmar. L’illusione d’essere “al centro della geopolitica” è stata di breve durata.

Di più su questi argomenti: