il ritratto

Gautam Adani, l'indiano che ha comprato il porto di Haifa per tenere fuori i cinesi

Priscilla Ruggiero

Dietro l'acquisizione del terminal marittimo di Israele sembra esserci molto di più che un affare privato. L’India sta investendo sulle infrastrutture straniere per toglierle dalla sfera d’influenza del Partito comunista cinese

Il porto di Haifa, ai piedi del monte Carmelo, è il più grande dei tre principali porti marittimi internazionali di Israele e nel 2021 ha gestito circa la metà del volume di merci del paese.   Soprattutto, si trova in una posizione strategica. Dopo una gara d’appalto per la privatizzazione durata due anni, giovedì scorso il governo israeliano ha annunciato l’acquisizione da parte della compagnia indiana Adani Ports – assieme alla compagnia israeliana Gadot Chemical Terminals, che ne deterrà il 30 per cento  – per 1,18 miliardi di dollari, il 55 per cento in più rispetto all’offerta concorrente. Una cifra molto più alta anche rispetto a quanto si aspettasse la stessa Israele e che ha fatto ritirare tutte le compagnie locali in competizione. “Con un divario di prezzo del genere, si capisce che si tratta di un gioco completamente diverso.  Non ha senso affrontare un giocatore che vede l’asset come un investimento strategico”, ha detto al quotidiano Haaretz una persona vicina a uno degli offerenti rivali: “E’ come se Adani stesse dicendo: fatevi da parte, questo è un acquisto strategico e per noi il prezzo è un fatto secondario”. In effetti dietro la gara per il porto di Haifa sembra esserci molto di più. 

 

 

L’oligarca indiano Gautam Adani, nato nel Gujarat, è soprannominato “l’uomo più ricco d’Asia”, è un amico di lunga data del primo ministro di Nuova Delhi, Narendra Modi, e  due giorni fa è salito al quarto posto nella classifica Forbes degli uomini più ricchi del mondo (al posto di Bill Gates). Ha iniziato la propria carriera negli anni Novanta con la costruzione di un porto nella città di Mundra, sulla costa occidentale dell’India, dove oggi gestisce 13 terminal portuali, controlla il 24 per cento del commercio marittimo indiano e negli ultimi anni ha avviato un processo di espansione territoriale, concentrandosi sugli investimenti “strategici” (e controversi): nel 2019 ha avviato la costruzione di una miniera di carbone nel Queensland, in Australia, ha firmato un accordo con l’esercito del Myanmar per la creazione di un terminal marittimo nel porto di Yangon, e nel settembre 2021 in quello di Colombo, in Sri Lanka. L’acquisizione del porto di Haifa è la prima dell’investitore indiano in occidente e per l’India rappresenta letteralmente  una porta di accesso via mare dall’Asia verso l’Europa, in chiave anti cinese. Perché solo l’anno scorso la compagnia  di Pechino Shanghai International Port Group ha acquisito nella stessa baia una quota di un porto privato contiguo, l’Haifa bay port. Lo stesso Adani  a seguito dell’annuncio della vittoria dell’appalto ha confermato su Twitter il significato politico dell’acquisizione: “Sono felice di vincere la gara per la privatizzazione del porto di Haifa in Israele con il nostro partner Gadot.  Immenso significato strategico e storico per entrambe le nazioni!  Orgoglioso di essere ad Haifa, dove gli indiani guidarono, nel 1918, una delle più grandi cariche di cavalleria della storia militare!”. 

 

 

Ad avvalorare la tesi “oltre la privatizzazione del porto di Haifa c’è di più” c’è il fatto che l’annuncio sia arrivato lo stesso giorno in cui si è tenuto via zoom il vertice diplomatico-strategico della nuova alleanza tra i governi di India, Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti (I2U2), nata un anno fa per contenere l’influenza della Cina in Asia e medio oriente – un progetto di Washington complementare al Quad, che unisce Australia, India, Giappone e Stati Uniti, sempre in risposta alla crescente influenza cinese nel Pacifico. 

 

La concessione di Adani sul porto di Haifa durerà fino al 2054 –  concessione che è stata possibile  grazie soprattutto alla pressione degli Stati Uniti sui cinesi affinché non presentassero un’offerta e dopo il ritiro all’ultimo minuto degli Emirati Arabi Uniti. Israele si aspetta che l’ingresso dell’imprenditore indiano sulla scena locale porti a maggiori investimenti da parte di Nuova Delhi, soprattutto nelle energie rinnovabili e nella difesa: Adani sta già collaborando con le principali società di Difesa israeliane per la creazione di un impianto di produzione di droni in India. La compagnia ha affermato che l’acquisizione del porto di Haifa con un partner israeliano locale aumenterà le rotte commerciali con i porti indiani  e potrebbe collegare meglio l’Europa e il medio oriente nel lungo termine. E’ un messaggio rivolto anche a Pechino: l’India sta investendo sulle infrastrutture straniere per toglierle dalla sfera d’influenza del Partito comunista cinese.