(Foto di Ansa) 

La serie

"Trump: unprecedented" è il racconto (senza precedenti) dell'elezione di Donald

Stefano Pistolini

È uscita il 10 luglio la docuserie che fruga nella famiglia del tycoon per mostrarcene l’ambizione assoluta di potere. Un progetto in tre puntate che racconta i mutevoli andamenti della dinastia

La fortuna e la faccia tosta contano nella vita del documentarista d’assalto, a caccia del soggetto che lo faccia approdare su una delle piattaforme globali donde per lui si schiuderanno infinite nuove possibilità. E’ capitato al 33enne debuttante britannico Alex Holder, che a inizio 2020 stava ponendo le basi per il proprio esordio registico con un doc sull’inestricabile conflitto israelo-palestinese. La scintilla è scoccata in occasione dell’incontro con Jason Greenblatt, avvocato ebreo ortodosso al servizio della Trump Organization, nominato inviato speciale della Casa Bianca per il processo di pace in medio oriente. Greenblatt è amico di Jared Kushner, il marito di Ivanka Trump, col quale ha collaborato alla stesura degli Accordi di Abramo, il piano americano di normalizzazione dell’area. Ed è in questa sede che Holder comincia a discutere coi suoi interlocutori della “pazza idea” d’una serie tv dedicata alla famiglia Trump e al suo insediamento al comando degli Stati Uniti d’America, nel pieno della campagna che avrebbe condotto al voto del  novembre del 2020 per la rielezione. “Si sentivano maltrattati dai media”, racconta Holder, pochi giorni fa interrogato dal comitato che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021, dopo che i girati del suo doc sono stati passati al setaccio alla ricerca di indizi probatori del ruolo di Trump nella rivolta. 


Dunque è stato il tempismo, oltre alla casuale concatenazione di conoscenze, il secondo fattore in favore di Holder,  per ottenere l’autorizzazione a seguire con le telecamere i Trump, nel parossistico tentativo di sostenere la seconda candidatura di Donald, il quale a sua volta concederà al progetto ben tre interviste ad hoc (la prima alla Casa Bianca il 7 dicembre 2020, all’indomani della sconfitta, la seconda nella residenza di Mar-a-Lago nel marzo 2021 e la terza presso il golf club di Bedminster, New Jersey, nel maggio dello stesso anno). Tutto ciò è diventato “Trump: Unprecedented”, docuserie dal 10 luglio visibile sulla piattaforma digitale Discovery+, un lungo sguardo in tre puntate dentro le dinamiche di una famiglia che ha trovato un bizzarro ma efficiente modo di compattarsi attorno all’ambizione politica del suo leader, finalizzando le diverse caratterialità di Ivanka, figlia preferita del presidente, equilibrata e strategica, ma anche col contributo dell’istintivo estremismo di Donald Jr., beniamino dei più intransigenti sostenitori dell’antipolitica trumpiana, e con la visione prettamente affaristica di Eric, che più dei fratelli incarna l’originale vocazione da investitori dei Trump. 


Holder s’insinua, con la casualità dell’“amico inglese”, nelle frenetiche dinamiche del tentativo di rimonta della campagna di Trump contro lo sfidante Joe Biden, in un’America sconvolta dalla pandemia e dai disordini razziali. E il regista ha l’intuizione di dedicare attenzione proprio ai mutevoli andamenti di questa improvvisata dinastia, compattatasi attorno al principio del potere con un approccio senza precedenti e nella quale l’elezione presidenziale viene vissuta come un business da aggiudicarsi, senza alibi, nella convinzione che questo sia l’autentica materia prima americana. Un’innegabile modernità, anche se tutto finirà a scatafascio o, peggio, se i cameramen di Holder finiranno sulle scale del Campidoglio nel giorno della pazzia collettiva, allorché lo spirito della lotta elettorale si è mutato in delirio isterico. I mezzi a disposizione di Holder per la produzione sono limitati, le tappe nelle quali intercetta i Trump sono poche e periferiche, la disponibilità dei figli del presidente è guardinga e talvolta spazientita. Ma è proprio l’atmosfera grassroots di “Unprecedented” il suo valore sorprendente, con quel commento musicale alla Vivaldi ispirato apertamente, per mano del compositore islandese Atli Orvarsson, ai temi di “Succession” – a proposito di dinastie – e con quell’insistito frugare tra le facce e le voci dei sostenitori di provincia, i milioni di americani che hanno consegnato le proprie speranze a questi affaristi d’assalto. 

 

Adesso, mentre la commissione voluta da Nancy Pelosi continua la sua opera di disseppellimento delle malefatte finali di Trump, resta l’interrogativo se questo spettacolo potrà mai vivere una nuova, imminente replica. Si direbbe che i giovani Trump scalpitino per tornare a inscenare la loro fascinazione populista, e in questo senso riviverne lo stile nella serie di Holder sarà un utile memento. Con un ultimo interrogativo: in tutto il doc, dov’è Melania? Davvero già nel corso della produzione lei avrà cortesemente fatto sapere alla troupe che, per quanto la riguardava, “no, grazie. Niente riprese”?

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