L'intervento della premier estone

Il problema del nostro vicino oggi sarà il nostro domani. Fermiamo Putin

Kaja Kallas

Kallas, in mezzo a una crisi di governo che rischia di dare voce alle forze politiche filorusse, ricorda che tutta la sicurezza europea è in pericolo

Traduciamo ampi stralci del discorso della premier estone Kaja Kallas tenuto  alla cerimonia di premiazione del Premio Grotius, il 6 giugno 2022 a Londra



L’ordine internazionale basato sulle regole inizia da casa. Ero una teenager trent’anni fa, quando l’Estonia uscì dalla sua prigione totalitaria, nel 1991. Il totalitarismo si concentra sulla distruzione degli individui e della libertà. Nelle autocrazie l’individuo non conta, non ha alcun diritto. Dopo il ripristino dell’indipendenza e della libertà dopo l’occupazione sovietica, l’Estonia ha dovuto affrontare un compito molto difficile: costruire una società libera e aperta, una democrazia parlamentare con al centro lo stato di diritto. Non è stato facile: ristabilire un rapporto democratico tra i cittadini e lo stato non si fa dall’oggi al domani, né si può fare dai libri. 
L’instaurazione del liberalismo di mercato e della democrazia parlamentare ha richiesto una svolta negli atteggiamenti e nell’identità: lo stato non era più “loro”, ma “nostro”. I beni non erano più “loro”, ma “nostri”. I diritti dell’individuo e lo stato di diritto sono stati posti al centro del governo. Ciò significava sradicare la corruzione e costruire istituzioni forti a sostegno della società e della salvaguardia dei diritti individuali. Il modo migliore per assicurare la pace e la stabilità è rimanere fedeli ai princìpi e agli impegni che abbiamo assunto reciprocamente. Questo dovrebbe significare che il potere non fa la ragione e che tutti i paesi dovrebbero risolvere le controversie pacificamente. Ma oggi non è così.

In questo momento la Russia è la minaccia più diretta alla sicurezza europea. Se dovesse farla franca con la sua aggressione, minerebbe la pace e la sicurezza in tutto il mondo: se trarrà qualche beneficio dall’aggressione, sarà un invito a usarla altrove. Questo è il motivo per cui siamo così impegnati ad aiutare l’Ucraina a respingere l’aggressione russa. Quello che stiamo difendendo è l’idea stessa di libertà, integrità territoriale e la sovranità, cioè il diritto di esistere come paese e il diritto di vivere liberi dalle repressioni. Garantire e affermare questa idea è stato il fulcro della nascita del mio paese nel 1918. Viviamo in un momento in cui l’aggressione si è avvicinata ai confini dell’Europa. Oggi vengo dall’Estonia, letteralmente dalla linea del fronte del mondo libero e della democrazia. Il Cremlino sta cercando di costruire un altro muro in Europa e questa volta l’Estonia ha la fortuna di trovarsi dalla parte giusta. Lo stesso non si può dire per l’Ucraina. Vediamo più da vicino qual è la posta in gioco in Ucraina. Stiamo assistendo alle richieste di genocidio orchestrate dalla Russia. La macchina omicida russa desidera, e cito: “Cambiare la falsa e sanguinaria coscienza di una parte degli ucraini di oggi”. Queste sono le parole di Dmitri Medvedev.


Il Cremlino e Putin hanno dichiarato che il loro obiettivo è cancellare l’Ucraina dalla mappa del mondo. “Denazificazione” è l’etichetta ufficiale russa di questa politica di distruzione dello stato ucraino e del suo popolo. Si nega pubblicamente l’esistenza dell’identità ucraina.  Secondo la propaganda russa tutti coloro che si auto-identificano come ucraini minacciano l’unità della Russia e sono nazisti. Un “nazista” è semplicemente qualsiasi ucraino che resiste. Tutta questa retorica è usata per dipingere gli ucraini come dei nemici e renderli un obiettivo apparentemente legittimo per la distruzione. E funziona. Quello che sentiamo dai campi di battaglia è che i soldati russi hanno interiorizzato e stanno rispondendo a questa campagna genocida. L’impunità per i crimini di guerra deve essere una pietra miliare delle nostre politiche a lungo termine.  Dobbiamo avere una visione molto chiara: Putin e tutti coloro che hanno commesso atrocità devono sapere che arriverà il giorno del giudizio. 


Dobbiamo dare conto della responsabilità ai i criminali di guerra e giustizia alle vittime. In questo modo invieremmo anche un messaggio importante ai potenziali criminali futuri. Dobbiamo anche assicurarci che l’aggressore paghi per la ricostruzione – il Cremlino deve pagare per ogni strada distrutta, ogni edificio bombardato e ogni ponte rovinato. E dobbiamo assicurarci che le vittime civili di questa guerra vengano risarcite, per esempio attraverso un fondo specifico per le vittime. Per punire i responsabili, l’Ucraina deve riconquistare i suoi territori e la Russia deve fallire. Dobbiamo fare tutto il possibile per respingere l’invasione russa e porre fine ai crimini di guerra alle nostre porte. Altrimenti, seguirà il peggio. Questa è la lezione della nostra storia. Dobbiamo tenere a mente che la pace non significa automaticamente la fine delle atrocità. Parlo in base all’esperienza di molti nell’Europa centro-orientale. Per l’Estonia, la pace dopo la Seconda guerra mondiale ha significato l’inizio delle repressioni. Ha comportato un enorme costo umano e ha portato nuove sofferenze attraverso uccisioni di massa, repressioni, deportazioni di massa e altri crimini contro l’umanità. L’esperienza di mezza Europa dopo la Seconda guerra mondiale dovrebbe ricordarci che non possiamo concedere all’aggressore nulla che non avesse prima, altrimenti  prima o poi l’aggressione tornerà. Abbiamo commesso questo errore diverse volte in passato, sia nel caso della Georgia, della Crimea o del Donbas. Ecco perché mi preoccupano gli appelli prematuri al cessate il fuoco o alla pace: non ci sono segnali che la Russia abbia cambiato i suoi obiettivi e i suoi calcoli. Finché il Cremlino non rinuncerà all’obiettivo di conquistare nuovi territori in Ucraina, è difficile credere alla prospettiva di un vero dialogo di pace. Non credo nella buona volontà di un aggressore assoluto e di un criminale di guerra a sangue freddo. Il mondo libero ha preso molte decisioni giuste a sostegno dell’Ucraina. Ma non siamo stati abbastanza veloci nell’attuarle – dobbiamo accelerare. Ciò di cui l’Ucraina ha bisogno oggi sono le armi per combattere gli aggressori e liberare i propri territori. Le nostre politiche devono essere radicate nella consapevolezza che la minaccia russa non scomparirà domani. Non si deve tornare a fare affari come al solito con i criminali di guerra. Per questo motivo dobbiamo continuare a isolare l’aggressore sia economicamente che politicamente.  


Spesso mi viene chiesto come possiamo migliorare le relazioni con la Russia. La mia risposta è molto schietta: dovremmo essere abbastanza coraggiosi da ammettere che, se è necessario per fermare l’aggressore, dobbiamo essere pronti ad affrontare una guerra lunga e sanguinosa. Non si deve temere un cattivo rapporto o un rapporto inesistente con i criminali di guerra. L’Ucraina non è vittima di un unico errore di calcolo di un pazzo. Stiamo assistendo a una campagna pianificata da tempo dal Cremlino per esercitare il controllo sui paesi vicini con la forza bruta, a prescindere dal costo umano.  Abbiamo bisogno di pazienza e persistenza a lungo termine con politiche che fermino questa aggressione e ne prevengano altre future. Resistere alla tirannia ha un costo per tutti noi. Il gas può essere costoso, ma la libertà non ha prezzo. Spetta a ogni governo decidere quanto fardello i suoi cittadini sono disposti a portare. Ma è altrettanto necessario far passare il messaggio ai nostri cittadini: ciò che oggi è un problema del nostro vicino, domani sarà un nostro problema. Siamo tutti in pericolo quando la casa del nostro vicino è in fiamme. Trovare il giusto equilibrio con la politica è comprensibilmente una delle maggiori sfide per le democrazie e per la nostra libertà oggi. Non dobbiamo stancarci. Dopotutto, gli ucraini non sono stanchi. La leadership conta. Ed è la chiarezza morale di ognuno di noi che aiuta a guidare le politiche nella giusta direzione. Se falliamo qui, l’ordine internazionale basato sulle regole è a rischio e nessun paese e nessuna nazione può sentirsi al sicuro. Non pensiamo alla libertà e all’ordine mondiale finché non sono scomparsi. Facciamo del nostro meglio affinché nessuno debba sperimentarlo.

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