L'offensiva in Donbas

La battaglia per il Donbas è difficile e cruenta. Serve a evitare che i russi ci riprovino nel nord

Cecilia Sala

Zelensky adesso parla delle perdite ucraine e chiede l'arma allontana-russi 

Roma. I lanciarazzi a lunga gittata sono quelli che chiedono gli ucraini per interrompere le linee logistiche dei russi in Donbas, cioè per fermare uomini e distruggere armi prima che arrivino sulla linea del fronte dove si sta consumando una carneficina di soldati da entrambe le parti. Per descrivere l’offensiva nell’est si è parlato spesso di un’avanzata molto lenta e di uno “stallo”. C’è un equivoco: la parola suggerisce una situazione stabile, una scena con poca azione o ferma. Ma significa un tipo di combattimento particolarmente violento, una guerra di logoramento in cui gli obiettivi strategici sul terreno passano quasi in secondo piano e lo scopo principale è infliggere il maggior numero di perdite: sparare anche quando non serve all’avanzata, uccidere il più possibile. Per questo, per la prima volta, Zelensky ha parlato delle perdite del suo esercito e ha detto che al fronte muoiono tra cinquanta e cento uomini ogni giorno.

 

Adesso che non vediamo più i missili che piovono randomici sui palazzi della capitale, i colpi di mortaio sparati contro i civili in fuga come a Irpin e, con l’offensiva in Donbas, sentiamo parlare soprattutto di manovre in campo aperto, tipi di calibro dei proiettili d’artiglieria, condizioni meteo favorevoli o sfavorevoli – il rischio è che ci scordiamo gli uomini, e i morti. Il capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov ha detto che per i soldati saranno tempi molto duri fino ad agosto. Questa fase della guerra è particolarmente cruenta e in trincea a Lyman come ad Avdiivka i soldati ucraini avevano lo sguardo allucinato, nella prima linea a Pisky c’erano Vlad che ha diciotto anni e Andriy che ne ha compiuti ventuno un mese fa. Quelli di Lyman sono morti, i russi lì hanno sfondato le linee di difesa, adesso accerchiano la città di Severodonetsk e, a piccoli passi, stanno conquistando tutta la provincia di Luhansk che – insieme a quella di Donetsk – forma il Donbas.

 

I lanciarazzi a lunga gittata servirebbero a creare spazio tra i due eserciti: consentirebbero alle truppe ucraine di sparare da una distanza relativamente sicura e di spostarsi velocemente prima che i droni e l’artiglieria russa abbiano il tempo di individuare la loro posizione e colpirli. Gli analisti militari dicono che questa fase della guerra sarà più lunga della precedente, significa “cinquanta o cento morti” al giorno per mesi. Zelensky ha iniziato a parlare del massacro di soldati ucraini e allo stesso tempo ha chiesto lanciarazzi multipli ai ministri della difesa di quaranta paesi che lunedì si sono riuniti in videoconferenza per il vertice Ramstein 2. Sarebbe l’arma più potente tra quelle regalate finora dall’occidente, gli ufficiali di Kyiv provano a ottenerla da tempo e una fonte di Politico alla Casa Bianca, una settimana fa, aveva detto che: “C’è stato un momento favorevole a Ramstein ma le cose sembrano essersi raffreddate”, poi all’ultimo vertice si è parlato di nuovo dei lanciarazzi a lungo raggio. Gli ucraini vorrebbero gli M270 americani, hanno una portata che arriva fino a 70 chilometri, ma con i razzi di ultima generazione possono viaggiare anche per più di 160. Sono razzi con una tecnologia integrata e il gps: seguono l’obiettivo, sono automatizzati e molto precisi.

 

Fino a questo momento l’amministrazione Biden non ha voluto darli all’Ucraina per paura di un’escalation: non sono avanzi di epoca sovietica, sono armi sofisticate prodotte negli Stati Uniti dalla Lockheed Martin e sono sufficientemente potenti da colpire in Russia. Per questo a Davos Zelensky ha promesso che, se li avranno, li useranno solo contro le posizioni e soprattutto le linee di rifornimento dei russi dentro i confini del suo paese. L’esercito di Mosca in Donbas si muove in un contesto favorevole e ha corretto alcuni errori, nel tentativo di accerchiare Kyiv la logistica era stata un disastro: le autocisterne con il carburante non arrivavano alle prime linee e i carri russi si sono ritrovati incolonnati per sessanta chilometri. Erano scoperti sui fianchi e facili da colpire con i droni e con i missili anticarro spalleggiabili. Adesso le linee di attacco dei russi corrispondono a quelle ferroviarie (il trasporto su rotaia è una delle cose che sanno fare meglio), e si muovono facendo molta attenzione a proteggerle. Gli ucraini hanno vinto la prima fase della guerra con la furbizia, le armi leggere e tecniche di combattimento più moderne: proprio con gli agguati che spezzavano le linee di rifornimento nemiche. Ma nelle zone occupate dell’est il controllo del territorio da parte dei russi è compatto e l’unico modo per ottenere lo stesso risultato è avere armi capaci di coprire traiettorie molto lunghe.

 

Durante lo stallo in cui nessuna delle parti era in grado di prevalere sull’altra, i due eserciti cercavano di portare quello avversario al punto in cui non si poteva più permettere di continuare ad attaccare per mancanza di uomini. E’ un problema dei russi, perché la velocità con cui subiscono le perdite è superiore a quella con cui riescono a rimpiazzarle e Putin non si può permettere una mobilitazione generale. E’ un problema per l’Ucraina, dove la mobilitazione generale c’è già e – mentre possono arrivare nuove armi – i soldati a disposizione sono un numero finito. Oltre che cruenta questa fase è decisiva, gli ucraini sono convinti che, se perdono il Donbas, i russi proveranno a tornare nelle regioni da dove si sono ritirati. Che non si riterranno soddisfatti finché non avranno “finito il lavoro”, così com’è stata un’illusione pensare che si sarebbero accontentati della Crimea nel 2014. A nord, nelle province di Chernihiv e Sumy, la Guardia di frontiera ha notato un nuovo ammassamento di truppe oltre il confine e teme che i soldati di Putin tornino dopo che si sono ritirati un mese e mezzo fa. Sul campo, l’alternativa è riuscire a fermarli nel Donbas.